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L'uso storico dei fiumi e l'attuale assetto delle aree fluviali

Augusto SISTRI

Già è stato detto in questa stessa opera che Tori-

no, pur oggi attraversata da quattro tra fiumi e tor-

renti, non ha tuttavia il carattere di città fluviale,

essenzialmente per evidenti ragioni geografiche: è

già anche stato notato inoltre come, nel corso del

suo sviluppo storico, la città giunga a includere i

suoi corsi d'acqua in epoca piuttosto tarda, con un

processo avviato all'inizio del secolo scorso: ciò non

vuol certo dire, tuttavia, che sia il Po che i tre torren-

ti ad esso tributari fossero sino a quella data comple-

tamente estranei alla vita urbana, e poi che l'assetto

attuale di essi sia dovuto essenzialmente alle opere

intese a scavalcarli (i ponti), o a renderne decoroso il

corso dal punto di vista della rappresentatività della

scena urbana.

Infatti, oltre a quelle opere, che restano comun-

que le più rilevanti sia per la a volte eccezionale

qualità tecnica e architettonica, quanto per le loro

conseguenze sulla forma attuale della città e sulle

direttrici del suo stesso sviluppo, altre ne restano (in

tutto o in parte), dovute alla successione di esigenze

di varia natura, economiche o militari o agricole,

oppure esclusivamente idrauliche, per la regolamen-

tazione dei fiumi stessi: motivi comunque di caratte-

re più o meno strettamente funzionale, svoltisi per

due secoli, cui a cavallo del '900 si aggiunsero altre

esigenze, legate invece al costume, al modo stesso

di praticare il rapporto coi fiumi, determinato da

altre forme di vita urbana, da una diversa concezio-

ne del territorio e del paesaggio.

È evidente ancora che tutte le opere indirizzate a

sfruttare la configurazione morfologica del sistema

fluviale torinese, proprio per la loro natura utilitaria,

siano quelle che, seppure anche di notevole impe-

gno, più presto decaddero, per via del mutamento o

della cessazione delle esigenze che le avevano de-

terminate e della trasformazione delle tecniche che

quelle esigenze applicavano; pertanto di molte di

esse, manufatti o sistemazioni, oggi non restano che

i relitti o i tracciati, quando non la sola memoria,

magari affidata alla persistenza dei toponimi: accade

che, quindi, questi frammenti di varia natura ed

epoca, comunque generalmente sette-ottocenteschi,

si siano, al di là e completamente al di fuori delle

intenzioni dei realizzatori, mutati in fatto di storia e

quindi di cultura, da «strumento» in «segno».

La più importante ed antica utilizzazione dei

fiumi rispetto alla città, determinata dalla loro reci-

proca giacitura fu indubbiamente quella militare:

basta uno sguardo ad una qualsiasi pianta di Torino

precedente al 1800 per vedere come il sistema delle

opere di difesa passiva della città fosse strettamente

connesso su due lati ai corsi d'acqua; limitandoci

alla seconda metà del Settecento, quando le opere

di fortificazione ebbero la maggior compiutezza,

possiamo notare come la Cittadella, il forte della

lama delle difese urbane, si situasse quasi sulla bi-

settrice dell'angolo formato dalla confluenza del Po

e dalla Dora, a tutela dei lati rivolti ad est e a sud,

proprio là infatti dove i fiumi non costringevano un

eventuale nemico ad assalire la città con la sgradevo-

lissima circostanza di un passaggio a breve o brevis-

sima distanza dalle mura, oppure a dover combattere

con corsi d'acqua a destra ed alle spalle e per di più

dovendo superare un terreno sfavorevolmente dispo-

sto come nel lato rivolto a sud.

Pertanto ciò che oggi resta della Cittadella è ivi

localizzato proprio perché all'altro capo della città

storica ci sono i fiumi: anche la posizione del princi-

pale punto di attraversamento del Po è dovuta, con

tutto ciò che essa ha poi comportato per la forma

urbana — la creazione dell'asse di Via Po ed il

successivo proseguimento di questo oltre il fiume

alla protezione offerta dalle vicine fortificazioni del

Monte dei Cappuccini. Inoltre,

è

probabilmente per

ragioni difensive che per molti anni il principale

accesso alla città, non certo avara di opere di rappre-

sentanza nello stesso torno di tempo, potesse prati-

carsi solo attraverso ruderi e tavole malferme; per

avere un ponte permanente ed adeguato al traffico ed

al tono della via su di esso sboccante, bisognò atten-

dere che l'arte della guerra rendesse inutili gli assedi

e le mura, e che queste venissero abbattute, a toglie-

re alle municipalità qualsiasi connotazione e velleità

militare.

Un ulteriore aspetto della difesa era affidato ai

fiumi: infatti le acque della Dora erano derivate poco

a monte della città per allagare i fossati che circon-

davano le mura, almeno sino a quando queste ultime

erano concepite come ostacolo per l'uomo e non

— come posteriormente — per i proiettili. Certa-

mente, a tutto il Settecento il fiume più importante

per Torino era la Dora ciò per ovvi motivi orografi-

ci, poiché essendo posta la città in declivio verso il

Po, le acque di questo non potevano essere facilmen-

te prese per i diversi usi urbani, ne erano invece il

naturale deflusso; mentre dalla Dora si partivano

numerosi canali che provvedevano alle esigenze ci-

vili e militari (le varie Doire, di cui come è noto una

dava il nome all'attuale via Garibaldi), oltre che a

quelle produttive, giacché muovevano sia sulla riva

destra del torrente che su quella sinistra le pale di

diversi opifici, folloni e macine oltre che quelle delle

armerie reali. Questo carattere utilitario della Dora,

unito alla configurazione stessa dell'alveo del torren-

te, stretto ed incassato nella puddinga, assunse nel

tempo aspetti diversi, di cui appunto oggi resta qual-

che traccia, sia di manufatti che di sistemazioni del-

lo stesso letto.

In generale possiamo notare come l'attuale con-

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