

- ' 10
3 -
ignobile su debolezze umane: compiangasi e si assolva quella che
in un momento di supremo sconforto, da tutti abbandonata, si
smarri, ma che si redense e si rese immacolata coi più sublimi
sacrifizi; il martirio, il lungo e tormentoso martirio di Re Carlo
Alberto, fece l'Italia.
Chi voglia sapere cosi di largo quali fossero in quell'epoca,' e /
dapprima e dappoi, gli sconforti del nobile principe, interroghi le
memorie che egli dettava verso il 1839 e che furono pubblicate
da Cibrario dopo la rotta e l'abdicazione di Novara.
Malgrado prove di resipiscenza, come chiamavansi a Corte le
debolezze del principe, questi non tornò in grazia del Re, sospet–
toso e poco umano, che nel 1830. La fine di Carlo Felice non
era lontana e l'Austria armeggiava
perchè
Carlo Alberto non sa–
lisse sul trono, ma inutilmente armeggiò. Carlo Felice, ultimo ed
infecondo rampollo del primo ramo della gloriosa nostra dinastia,
spira va addì 27 aprile 1831 lasciando a Carlo Alberto la Corona.
**
*
Salito sul trono, Carlo Alberto trovassi di fronte due implac abili
nemici: l'Austria e la rivoluzione personificata nelle società segrete.
Colla prima fu prudente dapprima, audace dappoi; colle seconde fu,
volta a volta, severo - altri disse crudele (e lo volevano i tempi e la
necessità di dissimulare) - ed arrendevole. A persecuzioni fu costretto
mentre più divampavano le congiure e le eccitazioni a rivolte che
se non soffocate avrebbero chiamato in paese nostro lo straniero
abborrito, dal quale per pubblico patto eraci stato imposto l'obbe–
dienza ai voleri d'Austria e di Russia, ai dettami della santa ed
ultraprepotente Alleanza. Atroci furono le persecuzioni, e la storia,
registrando i nomi dei santi martiri del 1833, non a Carlo Alberto
fa accusa di esser stato crudele, ma ai suoi ministri che più potenti
di lui in quel difficile periodo, travisarono gli intendimenti suoi,
tradirono la volontà sua e lo trascinarono sull'orlo del precipizio, '
inconsci ente di sè, temporeggiante e titubante. Lo stesso Solaro
Della Margherita, uomo non sospetto di liberalismo, nel suo
Me–
morandum
(pag. 31) ebbe a lagnarsi che vi fossero ministri che
non moveano passo che a seconda degli ordini ricevuti da Vienna,
non curando quelli del Re.
.