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l'Austria non sortì vittoriosa. Carlo Alberto non soffriva ingiuria

al paese suo e cominciavasi a rispettare l'Italia e ad amare il principe

che tanto coraggiosamente teneva fronte alla prepotenza di Vienna,

cui tutti gli altri principi italiani curvavansi riverenti ed ossequiosi.

Venne il 1846 e con esso le riforme date dal nuovo Pontefice,

seguìte dalle riforme piemontesi e poscia dalla promulgazione di

quello Statuto che prepotenza di potestati, inganni ed insidie di

partiti, non valsero a torre al Piemonte.

Da quel punto la mèta del Re fu tracciata con linea precisa e

sicura: tener ferma la fede data ai popoli; farsi redentore d'Italia

preparandosi alle estreme battaglie per la patria.

I fatti gloriosi e dolorosi della guerra del 1848-49, in cui un

pugno d'eroi sfidò e fece tremare un colosso, sono troppo noti

perchè qui io li ricordi a distesa. Fu pel Piemonte l'inizio della

sublime epopea che lo fece redentore d'Italia a prezzo di indicibili

sacrifizi, nobilmente, volonterosamente sopportati con immensa co–

stanza, con ardentissimo amor di patria.

Lo dicano le migliaia d'emigrati d'ogni angolo d'Italia che il

Piemonte amorosamente accolse e per quasi venti anni li strinse

al seno, non curando n è le formidabili minaccie di nemici esterni ,

nè le più formidabili insidie dei nemici interni. Volle salda la sua

libertà, intemerato il suo vessillo tricolore, e trionfò: quella -si dif–

fuse per tutta Italia e vi regna: questo sventola e sfolgoreggia in

Campidoglio affermando libera, padrona di sè, gloriosa dopo tante

traversie nobilmente sopportate e vinte, la nostra per tanti secoli

conculcata patria.

Oh! l'Italia deve conservare grande gratitudine a Re Carlo Al–

berto, come altissima ne conserva al prode guerriero che gli fu

successore! Nobili Principi degni di nobilissima nazione!

Note sono le tristi vicende per cui l'esercito piemontese fu con–

dotto allo sciagurato armistizio di Milano; colà ancora

il

povero

Re bevve al calice amaro; colà, nel palazzo Greppi, cominciò la

dolorosa agonia che dovea finire ad Oporto. La Casa di Savoia

aggiunse ai suoi trofei la corona di spine che tormentò la fronte

di uno de' suoi più prodi ed eroici figli.

Non narrerò le glorie passeggiere della Sforzesca, nè i lutti di

Mortara e di Novara nel 1849; lutti che ora benediciamo poichè

essi ci furono sprone a tentare la rivincita, a non piegare

il

collo

sotto prepotenza di vincitori, a riescire a nostra volt a vittoriosi.