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F R A

I

L I B R I

V. Varanini:

L'Abissinia attuale

sotto tutti

i suoi aspetti.

Con IO ta­

vole fuori testo e 4cartine geografiche. L. 6,25. G. B. Paravia &C.,

Torino.

Con questo titolo Varo Varanini, giornalista noto ed apprezzato,

ufficiale superiore di Stato Maggiore in posizione ausiliaria, pub­

blica pei tipi della Casa Editrice Paravia un libro di palpitante attua­

nti. svelando nei particolari meno noti e più interessanti tutti gli

aspetti della vita odierna, come si svolge nell'impero del Neghus.

Nelle congerie di libri, studi, articoli che si occupano oggi del

problema dell'Africa orientale, il volume di Varanini si distingue

per lo sviluppo e la serietà della trattazione, mentre le notizie che

vi sono svolte attraggono l'attenzione e l'interesse del lettore per

l'informazione minuta e precisa e per lo stile chiaro e piacevole.

Dopo un rapido cenno storico sull'impero abissino, sulla nascita

e sviluppo della nostra colonia Eritrea, ed una rassegna delle esplo­

razioni italiane e straniere, da quella dei portoghesi Pedro de Co-

vilhao e Alfonso de Paiva fino a quella del Duca degli Abruzzi, dando

conto anche dei nostri pionieri coloniali (Chiarini, Matteucci, Giu-

lietti, Gessi, Antinori. Sacconi, Porro, Bianchi, Massaia, Cecchi,

Bottego, Antonelli, Franzoi, Ferrandi) molti dei quali lasciarono

la vita su quelle terre infide, l'autore esamina i caratteri fisici della

regione, l'organizzazione statale e le condizioni odierne delle forme

di civiltà.

Una parte speciale i riservata alle forze armate che oggi pos­

siede il Neghus Neghesti, Hailè Selassiè, con notizie sull'ordina-

mento. i quadri, l'equipaggiamento, la mobilitazione, l'addestra-

metito, l’arte bellica.

Questo libro, che illumina perfettamente il lettore intorno ad

uno dei problemi nazionali più delicati, nel quale sono in giuoco

l’onore e gli interessi d'Italia, sarà certo letto daogni Italiano, conscio

della gravità del momento che si sta attraversando. È necessario

che tutti parlino non a caso, ma con piena cognizione di causa.

Leo Torrero,

Pasquino tra i borghesi.

Edizioni Montes, Torino. L. IO.

Alla fine di una gustosissima pagina scrìtta in «Cirenaica Illu­

strata » intitolata Vent'onni dopo, Leo Torrero si domanda: « Ma la

cronaca della gioconda goliardia, che fu un regno con tanto di ge­

niale scapestratezza per legge, di matta scapigliatura per stile, è

ancora da scrìversi; e, francamente, un tuffo in quella generazione

che traeva le sue regine dal popolo degli ate/iers, le incoronava geor-

gicamente nelle gargotte di Reaglie o della Barriera di Piacenza,

dava loro come trono i tavolini del Tampon, come reggia le stan­

zette di via Belfiore, come dovere di Stato l’amore esclusivo per la

Facotti di Leggi e come sacro confine i tavolini • le stanze di Nella

o di jobcia che presiedevano alle esigenze anatomiche o ai calcoli

geometrici deiristituto Universitario o del Politecnico, non guaste­

rebbe dopo la molta tristezza che posseggono ed elargiscono i narra­

tori d'oggi. Quale vecchio moschettiere riscrìverà i Vent'ami dopo»?

Per me è bello che trovato: Leo Torrero.

Nessun altro meglio e piò del novelliere di Paequino tra I borghesi,

del giocondo umoristico romanziere di quella matta e geniale bir­

bonata che è Le buone Muse

di

coso nostra pub essere in grado di

rifare, con b stile dovuto e con quel disincanto assoluto per le

romanticherìe - che han rovinato il romanticismo, cosi come il

verismo ha tranquillamente subordinato il varo a tutto svantaggio

della vita e deil'Arte - la cronaca spregiudicata e leggera, bizzarra

e poetica sotto tutti gli aspetti di un mondo che, attraverso i riti

più ortodossi alle Vestali delle più rinomate sartorie o modisterie

femminili d'Italia, i primi tentativi dello sport in grande con mezzi

inadeguati a tutto, le bevute al Tampon. alla birreria Lump, alle

osterie del Ponte del Gatto e delle Barriere di Piacenza e di Casale,

le danze estive alla Violetta, i veglioni «Studenti e sartine» allo

Scribe, tra le prime ribellioni alla forza pubblica per bombardare

di patate il Consolato d'Austria o applaudire Angelo De Gubernatis

e Arturo Farinelli reduci da Innsbruck, o ribellarsi al pantofolaismo

borghese di certo basso mondo liberal-democratico-esercentesco

d'allora, si preparava a valorosamente combattere e morire, in

trincea o nelle imboscate sovversive, compiendo serenamente il

proprio dovere, con una buona dose di filosofia e di umor sereno,

dovuto ali'aver molto ben praticato la matta goliardia del nostro

goliardissimo Studio, dando alla vita il valore che ha; niente di più

e niente di meno.

Quello che riuscirebbe un tal lib—

-'"duce ampiamente da

Pasquino tra i borghesi

dove l'amico u . r ___>dea dovizia i tesori

di uno spirito ora bonario ora acuto, frizzante a tratti e a tratti

ridanciano, spesso caustico, mai cattivo e soprattutto irrorato di

uno schietto, sano ottimismo, che sta nel fondo dell'eccellente bic­

chiere di vin di casa sua. offerto al palato del buon gustaio da quell'ot­

timo cantiniere che si fabbrica in casa i prelibati prodotti e non

chiede niente a prestito; quel cantiniere che si chiama

Leo Torrero.

il

quale non si aspetta da me nemmen l'ombra di una crìtica da spigo-

listro o da barbassoro. Starebbe fresco o, meglio, nel caso, starei

fresco io. L'amico direbbe subito, alla gran diavola: «Bianconi?

Crìtico? Con tocco e toga? Me l'han cambiato a balia». Dunque

niente pesi e misure, soprattutto per novelle che, a volerle prender

su con le pinze e le forchette e guardarle per tutti i versi, di sopra

in giù e di sotto in su, finirebbero per dare in uno schiatto largo

come la più badiale risata volandosene:

«ove l'aure frescheggian più liete

e i boccali dissetan... la sete».

Crìtica dunque no, ma segnalazione fatta con quella simpatia

fraterna che sento per ogni scrìtto di questo autore nostro, cosi

gaio e sano, socievole e pieno d'anima, che scrìve con invidiabile

freschezza di stile, dandoti veramente la sensazione della gioia che

deve provare allorquando si abbandona alla fantasia e lascia che la

penna boba il dover suo, agile e compiaciuta, matta nel cercare

l'epiteto o l’aggettivo, bizzarra nel descrìvere il tipo, ma cauta e

sagace di fronte al suostile e snella nel circoscrìvere il perìodo anche

se questo è di parecchie linee.

Di tipi, in questo Pasquino tra i borghesi, ne incontri a bizzeffe.

G si ritrova giovani e sani in queste novelle di Leo Torrero. e

soprattutto scapigliati mabuoni. Senzi mezzi termini e mezzemisure,

tenia veleno, perchè anche dopo essersi rifilati quattro mostaccioni

sul muso o esser discesi sull’erta con una sciabola a scambiarsi

quattro sciabolate all'albe, ritornavano amia piò di prime, i vecchi

(

MA |Ma|4a

j|! J ;—— \

^ mm

MMB■I ------i-ll *1-----------——

ma motto per mooo ai otrej oeiii generazione oeu impresa ai

Trìpoli, della Grande Guerra e dello Squedrìimo.

Qua e là. nelle pagine di Torrero pesn una piccole malinconie;

una venetura... Meè cosa da niente. P r esempio, se ricorda Testone

dove, senza conoscerci ancora, avevamo entrambi un po’ di villa e

vigna. Testone con le sue curva di codi ammantellati e, allora, non

tanto

tfan i

di ville ma ricchi d'afceri e di frutti, di vigne e di prati...

Testone le mia nostalgie che 4 poi il ricordo daH’adoleecenza, della

mamme bellinime e cori lontana, d'un cane adonto, di Lodovica

• di tante altre coee che fornevano le triste poesie deNe mie adote-