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NOTE SULLA POLITICA FINANZIARIA DEL CONTE DI CAVOUR

sistema erano le imposte indirette, le quali infatti

rappresentavano i 7,8 delle entrate.

L’imposta fondiaria era sperequata; perchè era

basata più sulla natura e sull'estensione del terreno

che sul reddito effettivo, e perchè mancava un catasto

generale che equamente distribuisse il carico tribu­

tario. Inoltre in Sardegna vigeva l'imposta di riparto,

mentre, negli Stati di terra-ferma, quella di quotità.

Oltre al tributo regio esistevano dogane, gabelle

e diritti di ogni sorta; il commercio era soffocato

da gravosi dazi di esportazione e di importazione,

la marina era oppressa da tasse di ancoraggio, da di­

ritti di spedizione, passaporti, rinnovamento dei

ruoli, e vi erano inoltre pedaggi e diritti provinciali

e comunali di entrata e di uscita.

Il carico tributario non era gravoso e nel periodo

immediatamente precedente al '48, si poteva cal­

colare che non fosse superiore L. 22 per testa (I).

I

legislatori del 1846 incorsero in un grave errore

per non essersi uniformati alle audaci riforme intro­

dotte nel sistema tributario dal Peel in Inghilterra

con l’istituzione, benché provvisoria, deH’/ncome-tox;

poiché il sistema tributario piemontese non era certo

strumento atto a piegarsi alle eccezionali esigenze

della guerra.

L ’ingiusta ripartizione dei tributi era stata avver­

tita dal Cavour, il quale cercò, più tardi, di distri­

buire uniformemente gli oneri fiscali.

Problemi finanzieri del periodo in cui il Cavour

assunse la responsabilità del Governo

Il 19 aprile 1851 il Cavour, già Ministro della

Marina, Agricoltura e Commercio, assunse la respon­

sabilità del Portafoglio delle Finanze in sostituzione

del Nigra, che era assillato dal dubbio di non poter

corrispondere l’indennità di guerra di 75 milioni

all'Austria e di non essere in grado di sopperire

alle spese arretrate del Tesoro.

Già all’inizio del ’48 il Cavour preconizzava un

periodo non troppo felice per le finanze dello Stato.

Il 1° aprile del '51 proclamava « le Finanze dello Stato

devono essere custodite in casse di vetro », ed appena

fu al Dicastero delle Finanze, ordinò il bilancio in

modo che il pubblico fosse in grado di conoscere

la realtà finanziaria, anche se questa era difficile.

Egli fronteggiò la difficile situazione con ogni

mezzo pur di raggiungere lo scopo, e diede al suo

Paese mezzi economici proporzionalmente adatti alla

sua futura politica, poiché lo svolgersi di questa

dipende necessariamente da quelli. Assumendo il

Portafoglio delle Finanze e chiedendo la pronta com­

pilazione del bilancio, il Conte di Cavour volle chia­

rire la situazione, conoscere il disavanzo, l'entità

delle spese liquidate e non pagate, rappresentate dai

residui passivi. Il disavanzo venne poi aumentato per

la mancata resHsazione dei prestiti precedentemente

nobbe l’urgente necessità di ricorrere a mezzi straor­

dinari per far fronte ad una situazione caotica prodotta

dalla incompetenza delle precedenti amministrazioni.

La situazione era grave, ma lungi dall’essere

disperata; perchè egli era convinto di potere, con

opportune riforme, sistemare ogni cosa e raggiun­

gere l’equilibrio. Cavour criticò aspramente i criteri

adottati nella compilazione dei bilanci; nel ’5I sostituì

al sistema di contabilità pubblica col tipo di bilancio

a residui, il tipo di bilancio a chiusura, costituì

l’unità finanziaria dello Stato, ed affermò come il

controllo nei bilanci sia la pietra angolare di un buon

sistema finanziario.

Riforme. —

Le riforme finanziarie vagheggiate dal

Cavour sono intimamente connesse alle riforme eco­

nomiche: «Quindi per lui occorrevano le riforme

economiche, i progressi sociali che devono creare

le condizioni della libertà e dell'indipendenza; occor­

revano la proclamazione e l’attuazione della libertà

per attuare l’indipendenza, occorreva questa per

assicurare quella» (2).

Prima quale Deputato, poi quale Ministro, il

Cavour lottò contro il Ministero e la Camera per

sostenere le riforme tanto invocate, e si adoperò per

riordinare tutto l’edifìcio ormai decrepito dei tri­

buti: abolì alcune imposte, ne creò delle nuove ed

estese quelle che già vigevano alle province non

ancora gravate da tali tributi, sempre con lo scopo di

procurare allo Stato una maggiore entrata e di addi­

venire ad una più razionale ripartizione tributaria.

Con rapida intuizione della situazione finanziaria,

con perfetta visione dei problemi economici egli

volse ogni sforzo per raggiungere una perequazione

tributaria; aumentò o diminuì a gradi le imposte

che gravavano sui vari gruppi sociali, con una tassa­

zione contenuta nei limiti massimi della capacità dei

contribuenti, così da non turbare l’equilibrio e k>

sviluppo economico.

Protezionismo

Il socialismo e l'imposta progressiva

Il Conte di Cavour si era dedicato, fin dalla giovi*

nezza, allo studio della economia politica e

delle

questioni sociali, ed in armonia con i principi

dei

suoi grandi maestri, giunto alla realtà tanto vaghef

giata e quasi divinata, sviluppò ed affermò le

sue

tendenze liberali.

La libertà economica ha di fronte, secondo

il

Cavour, due "nemici, travestimenti di uno solo, cht

si chiameno protezionismo e socialismo: differenti

aspetti dell'ingerenza dello Stato nella vita econo­

mica della Nazione. Il grande statista era un

liberale

convinto, avverso quindi ad ogni forma di protezio­

nismo, senza, però, incorrere negli eccessi

delle

scuola liberalista.

Richiamandosi all'esempio dell'Huskisson e dei

Canning nel 1824-25, e sopratutto del Peel nel I8H