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che in Inghilterra con mossa ardita aboliva ii prote­

zionismo,

egli compì questa riforma in Piemonte,

mantenendosi in quel

juste milieu,

da lui stesso esal­

tato come

formula della suprema sapienza politica.

Il libero scambio è lo scopo, verso il quale la

Nazione

deve tendere risolutamente e fermamente,

senza

però

giungervi con un balzo. Infatti egli affer­

mava: « in politica bisogna avere il senso del possi­

bile », massima fondamentale di una prudente politica.

Combattè pergp gli oppositori e demolì ogni loro

argomento in una serie di discorsi veramente note­

voli sul

libero scambio.

Questa politica è una necessità per l'Italia, perchè

essa è priva, o quasi, di materie prime, ed ha quindi

tutto l’interesse a propugnarla e far sì che sia attuata

in Europa.

« Il sistema protettore non ha facoltà di creare i

capitali, ma solo di far sì che i capitali disponibili

e destinati alla produzione si rivolgano piuttosto a

quello che a quell 'altro ramo d’industria» (3).

Lo Statista, per elevare lo Stato al massimo grado

di prosperità, deve dare grande impulso alle industrie

ed ai commerci. Con la riduzione e l’abolizione di

tasse e di dazi, con i premi di incoraggiamento e con

favorevoli trattati di commercio, Cavour riuscì a far

conoscere all'estero i prodotti del nostro Piemonte.

Con l'applicazione delle dottrine di libertà econo­

mica, che già nel ’5I, per opera sua, erano state

accolte anche alla Camera, ebbe inizio una fortunata

politica liberista.

Dopo l’unificazione italiana, come conseguenza

logica di un pensiero economico comune a tutti i

più insigni uomini politici del tempo, questa nuova

politica era stata estesa a tutto il territorio. Non si

ottennero, però, i risultati che si attendevano: « In

Italia non solo mancò il lavoro di preparazione, che

sarebbe stato necessario pel passaggio dall’uno al­

l’altro sistema, ma non si tenne sufficientemente

conto della grandissima differenza delle forze econo­

miche, di ordinamenti industriali, di vitalità di com­

merci fra l’una e l’altra regione» (4).

Il Conte di Cavour, sia come uomo politico, sia

come legislatore, si interessò alle questioni sociali ed

al raggiungimento del benessere collettivo.

Egli sostenne che al miglioramento economico si

potesse tendere seguendo il principio della libera

concorrenza, del libero svolgimento delle facoltà

morali ed intellettuali deH'umanità. Ritenne essere

le idee socialiste dirette, sia a cambiare il modo con

il quale la distribuzione delle ricchezze veniva ope­

rata. sia a rendere più efficaci i mezzi di produzione,

con un nuovo ordinamento del lavoro. Ma siccome

il socialismo contrastava le tendenze liberali costan­

temente favorite dal Cavour, questi si rivelò in ogni

istante, anche nel campo finanziario, fiero opposi­

tore alle teorie socialiste.

Parlando deH’imposta progressiva cita le parole

del

Proudhon: « Donnez-moi l'impòt progressif et

je vous abandonne la propriété » (5). Ritenne detto

tributo un'ostacolo quasi insormontabile alla forma­

NOTE SULLA POLITICA FINANZIARIA DEL CONTE DI CAVOUR

zione dei capitali: perchè, se all’aumento della popo­

lazione non avesse corrisposto un eguale, se non

maggiore, accrescimento dei capitali che servono alla

produzione, le condizioni della società sarebbero

peggiorate.

Il Cavour vide la necessità di concedere benefici

speciali alle classi meno abbienti e di generalizzare

quelle imposizioni che tendono maggiormente a col­

pire queste ultime: da ciò nasce l’imposta progressiva.

Quindi non fu oppositore sistematico di questa

teoria, ma non tralasciò di far presente i rimedi a

cui si dovrebbe ricorrere, poiché, venendo a con­

trastare l’iniziativa privata, lo Stato necessariamente

si troverebbe obbligato ad intervenire ed a sosti­

tuirsi a questa per provvedere al sostentamento delle

classi povere.

Si può quindi constatare quanto furono sagge le

sue direttive volte a risolvere gli assillanti problemi

economici, che allora si presentavano, e come l'opera

sua costituisca un esempio degno di essere imitato

spesso anche nei

"li successivi.

I mp o s t e

Nella metà dell'800 si ha una completa trasfor­

mazione nei sistemi tributari degli Stati, dovuta in

parte all evoluzione dei concetti finanziari,ed in parte

al passaggio degli Stati da assoluti a costituzionali.

Si ha in questo periodo uno speciale indirizzo

dovuto in gran parte alla pratica applicazione delle

massime fondamentali già suggerite da Adamo Smith:

si attua cioè il principio di generalità dell'imposta,

si modifica opportunamente il sistema e l’epoca di

riscossione, tentando al tempo stesso di rendere

meno gravoso il carico tributario.

Il Conte di Cavour si attenne in generale alle

norme dettate dalla scienza finanziaria: egli segue i

teorici quando nella pratica applicazione di una

imposta questa dia il massimo rendimento, senza

mai allontanarsi dal principio di generalità dell’im­

posta stessa.

La sua opera fu fatta oggetto di critiche dal Messe-

daglia e dal Pescatore, inquanto non apparecoerente

con le teorie da lui stesso esposte nei suoi studi

economici; ma il Cavour nel campo pratico, conscio

della sua responsabilità, preferì attenersi al criterio

del juste milieu che caratterizza, del resto, tutta

l’opera sua.

« Altra cosa è la scienza, altra cosa è la pratica,

specie in fatto di imposte» affermava, ed aggiungeva

che «a rigor di termini non vi esistono buone im­

poste» (6). Ufficio del legislatore è di por mente

al pratico effetto dell'imposta, cioè osservare su quali

contribuenti esse gravano e su quali vengono rim­

balzate, se l'incidenza non viene adanneggiare l'equi­

librio economico, ed infine preferire quell'imposta,

da cui la somma desiderata si può raccogliere con i

minori inconvenienti. Se poi le imposte incidono i

contribuenti secondo i mezzi di cui dispongono, si