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WAGNER E L'ARTE WAGNERIANA A TORINO

(20-25 aprile), per Roma (28 aprile-5 maggio) e giunse

infine a To rino , dove eseguì le q u a ttro opere nei

giorni 8-9-11-12 maggio.

La colossale trilo g ia con pro logo era qu ind i per

noi ancora assolutamente u n ’ incognita. Si sapeva che

essa era opera di eccezione; del tu t t o nuova nella

concezione, nella fo rm a , nella realizzazione; che si

staccava e differenziava nettamente da t u tto quanto

era apparso fino a llo ra sulle scene del tea tro lirico ;

ma sul conto di essa circolavano anche voci mostruose,

assurde, o per lo meno esagerate e m o lto spesso

non del tu tto disinteressate...

Gli stessi fe rven ti wagne risti si mostravano preoc­

cupati dal con ta tto repen tino , con un pubblico asso­

lutamente im p repa ra to , di un lavoro così gigantesco,

complesso e per di più eseguito in lingua tedesca:

lingua la cui conoscenza era assai poco diffusa in

Piemonte e che veniva ancora no tevo lmen te ad aggra­

vare le d iffico ltà della comprensione del vasto dramma,

per sua natura già così poco accessibile a chi non avesse

qualche cognizione in rigua rdo .

La gravità della situazione non sfuggiva nemmeno

alla p rop rie ta ria de lle opere wagneriane per l ’ Italia,

l ’ed itrice G iovannina Lucca, singolarissima figura di

donna, attivissima e intelligentissima, che fu tra le

prime e più entusiaste p rom o tric i della musica wagne­

riana in Italia. Essa stessa scriveva ancora pochi anni

innanzi (1880): « D a l pubblicare le ope re (d e ll’Ane//o

del Nibelungó)

mi sono fino ra astenuta, per persua­

dere Wagne r a res tringe re la T rilog ia , se fosse pos­

sibile. e renderla u n ’opera anche grandissima, ma

(eseguibile) in una sola sera. Ancora non mi pare

che egli sia d isposto ... ». Povera signora Lucca!

Poteva lei pensare che W agne r, il quale tan to aveva

lo tta to e so fferto pe r la realizzazione del suo grande

sogno d ’a rte , compisse uno scempio sim ile de l­

l'opera sua?

Ad ogni modo, in occasione di ta li rappresenta­

zioni, la « s o ra Lucca» fece pubblicare un sunto

delle varie pa rti del dramma, perchè il pubblico

fosse in grado di seguirne alla meglio lo svolgimento.

L’avv. Depanis, pe r con to suo, scrisse q u a ttro a rti­

coli sulla

Gazzetta le tte ra ria ,

che. pe r la competenza

nella materia tra tta ta , po rta rono un c o n trib u to anche

maggiore alla conoscenza d e ll’estetica e de ll'ideo log ia

wagneriana.

Il pubblico chiacchierino

Bisogna convenire: l'educazione del pubblico tea­

trale e

il

rispetto per l'opera rappresentata sono

infinitamente progrediti nei tempi moderni! Mezzo

secolo fa invece vigeva ancora

il

malvezzo del chiac­

chierare — e anche fòrte! — durante lo spettacolo

e di fare e ricevere visite nei palchi, come in un

proprio salotto: era quella una delle più deplorevoli

costumanze teatrali ereditate dal '700.

« Pregherei di un maggior silenzio, specialmente

nei palchi, per queste poche sere. I

Nibelungi

non

sono spettacolo che si possa ud ire ricevendo visite

e col viavai abituale dei palchi del Regio, che ieri

sera io speravo sospeso. Il ciclo passerà come una

metèora, a ltri d irà come un tem po ra le , ma è vivo

in m o lti il deside rio d i po te rlo , per quanto è pe r­

messo in una sola audizione, giudicare nella sua

in te g rità » . Così scriveva il conte Giuseppe Franchi

Verney', so tto lo pseudonimo di Ippo lito Valetta,

sulla

Gazzetta Piemontese

(divenuta poi l ’attuale

Stampa

) il 9 maggio 1883, cioè il g io rno successivo

alla rappresentazione d e ll’Oro

del Reno,

il p ro logo

(o, come più p rop riam en te traduce la denominazione

tedesca « Vorabend » il Manacorda: vig ilia ) del ciclo.

A parte la inco rregg ib ile leggerezza e superficia­

lità di qualche^ascoltatore, l'ope ra venne seguita con

profonda attenzione dalla massa del pubblico, il quale,

in quest'occasione specialmente, diede prova non

soltanto di quel senso di fine c iv iltà ed educazione

che t u t t i riconoscono vo len tie ri come una gen tile

prerogativa de lla popolazione to rinese , ma anche di

comprensione a rtis tica , quale non poteva essere

maggiore di fro n te alla novità e a ll’arditezza d i una

tale concezione lirico -d ramma tica . Si consideri ancora

che

L'oro del Reno,

coi suoi innegabili pregi, è e ffet­

tivamen te l ’opera d e ll'in te ro ciclo che meno d ir e t­

tamente affascina il pu .

. - . e non si potrà fare a

meno di lodare l'a ttegg iamen to del pubblico t o r i­

nese; ta n to più — cosa, in una circostanza d i tal

genere e di così delicate responsabilità a rtistiche ,

meno spiegabile e g iustificabile — che l'esecuzione

fu allo ra appena appena mediocre. Anzi diversi pun ti

di essa fu ro n o a d d irittu ra rip ro vevo li. Prescindendo,

per esempio, da vari inconvenienti di scenari fu o ri

posto e di meccanismi non funzionanti, il c ritic o della

Gazzetta Piemontese

Ipp o lito Valetta (si no ti: uno dei

più fe rv id i apostoli del wagnerismo nella nostra c ittà )

scrisse: « Non ci voleva meno che le stonazioni degli

o tto n i, pe r ir r ita r e le delicate orecchie degli antiav-

ven iris ti ».

E

il Depanis, tes tim on io degno della mas­

sima fede, precisava più ta rd i: « L 'e p iso d io delle

ondine e l ’en tra ta degli Dei nel Walhalla su d i un

mostruoso arcobaleno, rasentarono il g ro ttesco . Per

soprammercato, a un pun to , guastatasi la caldaia, fe­

cero cilecca i vapori e si do ve tte per alcuni m inu ti

sospendere la rapp resen tazione ...» .

E in tali condizioni, in un'atmosfera ardente di

passione, si portava a contatto del pubblico una cosi

colossale e complessa opera di rivoluzione? Va rilevato

perciò a titolo d'onore il comportamento del pub­

blico torinese, che seguì con attenzione lo svolgersi

dell'opera non solo senza dar battaglia, ma sottoli­

neando con applausi le parti migliorii

Tra gli interpreti dell'Oro

del Reno

vanno ricor­

dati la Reicher Kindermann (che cantò sotto il nome

di Hermine Vigot) e Giulio L ie ta ) (Mime); tu tti gli

altri non si levarono sopra il livello della mediocrità:

qualcuno, anzi, non lo raggiunse nemmeno; incondi­

zionate lodi invece riscosse, durante k> svolgimento

dell’intero ciclo, il direttore d ’orchestra Anton

Seidl.