La Casa Benefica
per i
giovani
derelitti
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u per la visione continua dei minorenni tratti in
arresto e inevitabilmente colpiti dalla giustizia,
che il Pretore urbano
aw. Luigi Martini,
ideò come
mezzo preventivo per arginare la vergognosa marea
della delinquenza minorile, una Casa che aprisse le
porte a coloro che casa non avevano ed accogliesse
in una nuova famiglia i giovani che della famiglia
portavano il ricordo più triste.
Leggiamo ciò che quest’anima di apostolo scrive,
ricordando il primo palpito benedetto per il quale
doveva sorgere la Casa Benefica per i giovani dere litti.
" Un giorno, alla Pretura, trovandomi all'udienza,
mi vennero presentati in arresto due giovanetti sui
dodici o tredici anni, imputati di oziosità, di vagabon
daggio e di qualche piccolo furto.
•' Erano belli, vispi, robusti, cogli occhi in te lli
genti e furbi e pur nell’insieme designavano un'indole
buona. Da più anni si erano trovati sul lastrico delle
vie, orfani, digiuni di qualsiasi istruzione. Non si
ricordavano di aver avuto genitori e la
loro
memoria
si limitava alle battiture che uno di essi riceveva da
un uomo ubriaco, forse suo padre, che lo mandava
a chiedere l'elemosina, fìngendosi monco di un brac
cio, e che un giorno fu
portato all'ospedale dove
morì,
l'a ltro aveva il
ricordo confuso di una megera,
pro
babilmente sua madre,
che lo lasciava languir di fame,
e lo eccitava
ad
andar
sui mercati a rubacchiare.
Un
giorno
la megera scomparve, ed entrambi rimasero
senza
tetto, senza pane, senza aiuto.
" Dovetti compiere il mio dovere di magistrato
e li condannai ad essere rinchiusi in una casa di cu
stodia fin che avessero compiuta l'età maggiore.
** Finita l'udienza, volli conoscere, approfondire
quelle anime smarrite, non più colla veste del magi
strato, ma col cuore d'uomo, di padre, e tanto feci
e pregai, che ottenni da essi una vera confessione
generale.
" Quante brutture, quante iniquità, e pur nello
stesso tempo quale ingenuità!... quale candore!...
Da quei giorno, la pietà di quell'uomo non ebbe
più pazienza, non volle più indugio, ma volle l'azione.
Si dovevano raccogliere questi pericolanti, soccorrerli,
aiutarli, dar loro da mangiare, is tru irli, avviarli al
lavoro; si doveva far sentire a quelle piccole anime,
che più dolce e più buono sarebbe stato muovere i
passi nell'onestà e nell'attività anziché reclinare nel
fango della via o nell'ozio pericoloso; si doveva final
mente a Torino assottigliare quelle frotte vagabonde
i cui ascritti si delincano come veri candidati alla
delinquenza. Tutto questo si doveva fare senza in
dugio e senza titubanza, col solo ideale luminoso che
affievoliva le incertezze e attutiva le difficoltà.
E l'apostolo si accinse all'opera poderosa: dap
prima solo, scrisse sui giornali, parlò in pubblico ed
in privato del suo disegno; a tu tti fece giungere la
sua voce che supplicava e chiedeva in nome della
povera infanzia spesso innocente e più spesso vit
tima dell'egoismo altrui.