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Gioberti e la scienza della natura

Mihi quidem nulli satis eruditi

videntur quibus nostra ignota sunt.

Cicero: De Fimbus bonorum

et malorum, 12.

S

i sprigiona sempre un singolare fascino dal­

l'esame di carte manoscritte dei grandi pensa­

tori, perchè esse rivelano taluni aspetti del loro

animo, certi metodi da loro seguiti nei propri studi,

le loro illustri fatiche e lo spirito d'indagine anche

attraverso a materie, che non erano precisamente

quelle che li sollevarono ben al di sopra dell’aurea

mediocrità.

Così nella massa copiosa dei manoscritti Giober-

tiani si trovano anche dei pensieri e degli appunti

non particolarmente filosofici, fra i quali ad un mo­

desto cultore di scienze della natura fu dato di ri­

scontrarne non pochi attinenti a queste discipline,

anzi, più specialmente, alla Botanica.

Vi sono pensieri originali, oltre alle chiose ch’egli

apponeva agli appunti presi nel corso di quelle for­

midabili sue letture, che formarono la sua passione

fin da giovinetto: «tanto era il mio amore a leggere

ed a scrivere, che non mi ricordo d’avere provato

noia nello impararli», come narra egli stesso(I).

Sono pensieri, sono spogli, sono commenti che,

sotto altra veste traspariranno poi nei suoi scritti,

quali risonanze delle sue letture di libri naturali­

stici. Così, quando parla del «Progresso» che non

è «pari in tutti i luoghi del mondo... qua più lento,

qua fermo, là più accelerato », si vale d’un ricordo

delle sue letture di libri naturalistici, osservando che

la «civiltà passa da un luogo all’altro, descrivendo

una di quelle linee serpeggianti, che somigliano alle

linee isotermiche, botaniche, magnetiche, che i fisici

ed i naturalisti segnano sulla faccia del globo»(2).

Certo non si deve pretendere di scorgere, nel-

i’esame di tali manoscritti, l'anima d'un naturalista

ex

professo,

ma si deve piuttosto riscontrare quella

d’un uomo, che intendeva trarre profitto di tutte

le fonti del sapere allo scopo di perfezionare le pro­

prie cognizioni, e che attingeva allo studio d'opere

di storia naturale quello spirito d'osservazione, quel

criterio analitico e quell'aspirazione a riduzioni sin­

tetiche, che si rivelarono poi nei suoi scritti filosofici.

E la sintesi fu realmente la sua immanente preoccu­

pazione: « Il metodo sintetico procede per via di

formole. La formola non è altro che una sintesi

espressa con termini succinti e generali. La formola

deve constare, al possibile, di parole tecniche, perchè

solo le parole tecniche esprimono una sintesi deter­

minata, compiuta, precisa. L'analisi procede per via

di descrizioni, cioè di discorso. L'idea dell

'Essere

— unità, identità — è il costitutivo della sintesi,

le esistenze — pluralità, diversità — sono il costitu­

tivo dell’analisi » (3). Proprio come accade nella

prassi d’ogni studio naturalistico.

Questi pensieri sparsi nei suoi manoscritti, mentre

non possono ravvisarsi come documenti per la storia

delle scienze della natura, devono invece considerarsi

come elementi molto significativi per l’illustrazione

biografica del sommo Italiano.

« ... Mi sentii sempre più o meno portato verso

tutti i generi di letteratura e di scienze, tolte le

scienze fisiche e matematiche, a cui non mi sentii

mai inclinato»(4); Eppure anche la fìsica aveva

attratto la sua vigile attenzione dal momento che con

tanta minutezza aveva espresso il seguente pensiero:

«Galileo inventò il termometro, il compasso geo­

metrico, il microscopio, divinò e perfezionò il tele­

scopio, scoperse i satelliti Gioviani, le fasi di Venere,

le macchie e la rotazione del sole, le montagne e la

librazione della luna; dopo di avere scoperto l'iso­

cronismo delle oscillazioni dei pendoli, lo applicò

alla misura del tempo e della musica, applicò i satel­

liti di Giove alla misura delle longitudini, pose le

basi della idrostatica, creò la dinamica. Si occupò

d’ottica, di magnetismo e dei moti degli animali » (5).

Mentre poi, quanto alla Matematica, afferma — ed

è bene far ciò notare —che « la Matematica è l’anello

tra la Filosofia (o, per dir meglio, la Metafisica, scienza

dell'Ente. Filosofia prima) e la scienza della Natura»

e ribadisce il suo concetto soggiungendo che « i

concetti dello spazio e del tempo sono il mezzo tra

l'Ente e le esistenze: perciò la Matematica è una

scienza media tra la Filosofia e le Scienze naturali» (6)

— ed

in un certo punto, parlando del « Principio »

e del «

Fine » li paragona ad una « prolungazione di

asintoti »

(7)

—dimostrando di avere, quanto meno,

delibato alle ineffabili bellezze dei concetti, mate­

matici.

E

d'altronde nel suo

Primato

dichiara essere

l'Italia principe nelle matematiche e nella fisica

ed

in prova rievoca le figure di Archimede.

Lagrange,

Volta, Bidone. Plana. Libri, Amici.

Melloni, Mal­

teucci, ecc.. soggiungendo (e qui si

rivela subito ii

filosofo) che « ia matematica

sublime è un privilegio

della scienza

fondata

nel dogma

della Creazione;

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