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GIOBERTI E LA SCIENZA DELLA NATURA

le parti del fiore nella foglia; uno di questi fatti

prova l’altro e la teoria di Goethe ben vista non è

che una parte, ma ammirabile, della teoria del De

Candolle. Ciò premesso il filosofo, prende il posto

del botanico, e soggiunge: «Le due teorie esprimono

due cicli vegetabili di cui il primo è espresso da

Goethe, l’altro dal De Candolle: 1° ciclo: la foglia

produce il frutto; 2° ciclo: il frutto torna alla foglia;

il 1° esprime il progresso, il 2° il regresso, ma un

regresso, che ricomincia il progresso e lo per­

petua » (34). E queste chiose sotto altra veste saranno

poi il substrato dei suoi concetti di Palingenesi in

Protologia.

A questo accenno sulla metamorfosi del Goethe

si può rannodare, come corollario, l’affermazione

Giobertiana che «scaglie, foglie, stipole, calice, co­

rolla, stami, pistilli, ecc., sono modificazioni d’un

solo organo primitivo; onde l’embrione monocoti­

ledone è il tipo» (35). Qui veramente mi sia per­

messo di chiedere che cosa intenda il Gioberti per

tipo d’embrione vegetale. Egli, seguendo il concetto

creativo, avrebbe potuto stabilire come tipo non

l’embrione monocotiledone, ma bensì il policotile-

done, perchè nella cronologia geologica le piante

monocotiledoni comparvero solo nel giurassico,

mentre nel periodo immediatamente precedente

erano già comparse le Conifere, le Cicadee polico-

tiledoni. Forse egli considerò solo astrattamente la

struttura senza riguardo al tempo di comparsa nella

massa della vegetazione, ed allora assunse come cri­

terio di tipo la semplicità, essendo l’uno più semplice

del molteplice: parmi tuttavia ciò meno conforme

a quello spirito filosofico che è immanente in tutto

il pensiero Giobertiano: in ogni modo prospetto

questo dubbio e lascio risolverlo all'Anatomia com­

parata ed alla Paleontologia (36).

Spirito romanamente dialettico egli costruiva su

certe considerazioni d’ordine scientifico ragiona­

menti filosofici; le sue chiose, talora appena schema­

tizzate, manifestamente non erano destinate alla pub­

blicazione ma dovevano formare come una scorta

viva di cognizioni a cui attingere al momento op­

portuno.

Spirito dialettico, ho detto, e tale si dichiarò egli

stesso (37), ma questo spirito si mostra evidente

anche senza dichiarazioni per fatto personale dalla

semplice lettura della copiosa sua produzione filo­

sofica e politica; eccone in ogni modo, fra i tanti,

un esempio tratto dalla botanica: ad un certo passo

della fisiologia vegetale del De Candolle egli appone

questa chiosa di alto sapore dialettico: poiché « ogni

albero esogeno è una riunione di due coni con­

giunti alla base ed ogni albero endogeno una riunione

di due cilindri »; egli soggiunge: « Nota la perfezione

del cono proporzionata a quella degli essogeni. Nota

pure il moto opposto dello stelo e della radice. Ogni

albero è un assieme di due alberi, uno tendente al

cielo, l’altro alla terra: così si ha una dialettica vege­

tabile naturale che risponde all‘ideale: essa è la

vita»(38). E questo principio degli opposti, fonda­

mentale nel metodo dialettico, appare nitido in

Pro-

tologia

quando recisamente afferma: « Ogni scienza è

una dialettica, contiene opposti e li concilia. Tal’è

infatti la natura e tal deve essere il suo specchio:

la Scienza. Ciò si vede sovrattutto nella Chimica,

che è l’armonia dialettica degli elementi » (39).

Ed altrove dice: « Uno degli strumenti esteriori

della fecondazione delle piante sono gli insetti, che

trasportano il polline dalle antere agli stigmi; la

locomozione, il volo, ed il viaggio dell'animale sono

adunque un sussidio fecondativo del vegetabile».

Attinta tale nozione di fisiologia dal trattato del

Burdach, ne fa un'applicazione filosofica: «Simile

ufficio nel mondo umano e morale fanno i viaggiatori,

i commercianti, ed i Missionari. L'ufficio degli ultimi

unisce e riassume l’ufficio dei due primi colla sin­

tesi più alta della Religione: il viaggiatore discopre

(via); il commerciante unisce e mette in comunica­

zione, il Missionario fa l’uno e l’altro. Il viaggiatore

comincia a discoprire gli estremi, facendo

via

da un

termine all’altro; ma è passeggiero ed istantaneo.

Il commerciante li métte in comunicazione stabile,

ma materiale. Il Missionario li mette in comunica­

zione morale e spirituale, che dal tempo passa al­

l’eterno, gli aggrega alla Chiesa militante e trionfante,

che è il grande contenuto dialettico. I viaggiatori

trovano gli opposti, i commercianti cominciano ad

unirli, i Missionari compiono il dialettismo: il com­

merciante trasporta danari e merci, il Missionario

riti ed idee; nei due casi il mezzo è la parola, che

è quasi il polline trasportato dall’ antera nello

stigma» (40).

Qua e là nei manoscritti Giobertiani troviamo

fuggevoli accenni di biologia vegetale, come quando

cita Dante che in «Purgatorio», XXVIII, accenna

«alle piante seminate dall'azione del vento, che

trasporta lungi dal luogo natio i granelli del polline

e rappresenta il Paradiso Terrestre come popolato

d'ogni sorta di piante e ricco d’una flora perfetta:

così crede Linneo» (41); oppure quando nota che

« i vegetali hanno una specie d'istinto: le loro radici

si portano naturalmente là dove il suolo è più loro

confacevole, trapassando ancora una muraglia, un

fossato per arrivarvi. Così anche le piante amano

la luce e si voltano talune accompagnando il sole

nel suo corso, e si chiudono i loro fiori la notte.

Questa specie d’istinto vegetale, che in alcune è

più espresso e diventa irritabilità, lega il regno delle

piante con quello degli animali», e cita l’esempio

dell’ « irritabili^ in Mimosa nilotica, già conosciuta

dagli arabi »; ed ancora quando ricorda che

« l ’aria par necessaria alle radici imperciocché le

radici stracariche di terra periscono: quantunque

occulta I’ [aria] penetra sino ad esse. Non si potrebbe

fare una bella moralità? »; oppure quando lo colpisce

il fatto che « nella natura splende un'economia ammi­

rabile. Niente in essa si perde, quello che è inutile

per un essere vale per l'altro. Cosi il terreno più

sterile per alcune è il più proprio che d sia per

il

germoglio

di

alcune altre

ponte». Che Gio­

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