GIOBERTI
E
LA SCIENZA DELLA NATURA
Gli antichi non poterono assurgere nel campo
delle scienze fisiche e naturali ad una concezione
quale noi moderni agevolmente ci facciamo; vi osta
colavano molti fattori; l’ambiente generale poco
adatto d'ordinario alla serenità di studi obbiettivi,
spogli del gretto carattere utilitario; la mancanza dei
mezzi di comunicazione per controllare le afferma
zioni avute di seconda e di terza mano; la deficienza
dei mezzi d’indagine; l’imperfezione degli stessi me
todi comparativi, e via dicendo. Di qui una scienza
della natura piena di disordini e di fantasie, quale
ci presenta la stessa
Naturalis historia
di Plinio, mi
niera immensa di notizie, il cui uso richiede però
una grande prudenza, un sagace discernimento. Solo
col rinascimento una bella triade si affaccia ardita
mente e consapevolmente a provare l'immanenza
del Genio Italico: Malpighi, Cesalpino, Micheli.
In essi riscontriamo già in embrione quello che
sarà poi, in successo di tempo, il vero pensiero scien
tifico naturalistico. Ma, malgrado il loro spirito inno
vatore — e forse per questo — essi rimasero dei
fari isolati e la scienza non riuscì a togliersi dalla
fase schiettamente storica.
Ma sul principio del 700 si avanza Linneo.
Gioberti lesse nelle opere del Linneo, e ciò si
capisce: una mente così intimamente filosofica, come
quella del nostro Torinese, non poteva trascurare
l’opera gigantesca dello Svedese, che diede un nuovo
giro all attività del suo tempo ed offerse il singolare
spettacolo d'un uomo, che non solo assistette al
consenso nelle sue idee quasi immediatamente, mal
grado l’arditezza e novità di concetti e di metodo,
ma eccitò un entusiasmo ed un sorprendente fer
mento di studi; la sua morte fu un’apoteosi e la sua
influenza si proiettò molto innanzi e l’eco tuttora
ne ripete le risonanze. Naturalmente la lettura di
Linneo porse a Gioberti vari spunti, ch’egli utilizzò
variamente nei suoi pensieri filosofici e politici.
Eccone un esempio: volendo prospettare una classi
ficazione dei Governi, il Gioberti ricorre alla Bota
nica e fa i nomi di Tournefort e di Linneo: « La distin
zione dei governi in Monarchia, Aristocrazia, ecc., è
futile, perchè presa da un carattere esterno, che non
affetta l’essenza. É come la classificazione del Tour
nefort in Botanica. Ogni buona classificazione deve
essere
presa dai caratteri interni ed essenziali delle
cose. Tale quello del Linneo dedotta dagli organi
generativi delle piante.
‘Così
in politica una buona
classificazione dei governi dovrebbe essere ricavata
dal
modo della loro generazione o formazione
e dalla
loro
attinenza colla felicità dei governati, dividendoli
in governi elettivi
o
sufficienti, governi ereditari
o
inetti, governi m isti»(17).
Nel periodo che precedette la restaurazione radi
cale di Linneo (1735) la Botanica si era sviluppata
quasi esclusivamente nel campo descrittivo sebbene
due grandi italiani, Malpighi e Micheli, avessero gii
iniziato quegli studi anatomici, che solo la micro
scopia cominciava a render possibili. Orbene (a Bo
tanica (ad esempio}
finché
si limitava aita parte pura
mente descrittiva non poteva assurgere alia dignità
di scienza; per quanto la descrizione sia una parte
nobilissima fondamentale anzi della Botanica, essa
rimane tuttavia al semplice stato di «Storia», se
non fa un passo avanti; comincia a diventare scienza
quando discute le forme descritte, studiandole nei
loro molteplici rapporti col cosmo che le circonda
e nelle loro intime strutture, per offrire gli elementi
di inquadrarle in una classificazione che si avvicini
alla retta interpretazione delle affinità reali e delle
posizioni gerarchiche: allora soltanto quel nome che,
come sintesi analitica e per ragion pratica, essa avrà
assegnato a quella determinata pianta, apparirà non
più quale una fredda semplice etichetta, ma acqui
sterà valore di certezza, assoluta o contingenziale,
ma pur sempre di verità, cioè valore scientifico. Ciò
del resto venne sentito dallo stesso Linneo, ed i
suoi successori ne avvertirono la portata e prepara
rono per il secolo X IX il terreno adatto a ricevere
utilmente la semente di nuove direttive (18).
Dopo il periodo di dittatura Linneana, fecondis
simo per la massa di materiali discriminati, la Siste
matica si avviava dunque a decisivi perfezionamenti
coi sussidi deH'anatomia e della fisiologia comparate,
e svincolandosi dalle classificazioni artificiali sotto
poneva a nuovo esame i fatti botanici — vale a dire
le forme così magnificamente raccolte nel periodo
storico — e li cimentava ad un coordinamento con
tutte le altre parti della Biologia, che ora vanno inte
grandosi colle sapienti ricerche deM’Ecologia, della
Biometrica, ecc.,avvalorate dal perfezionamento mira
bile d'una delicata e raffinata sperimentazione e dal
poderoso affiancamento delle indagini biochimiche
ornai indispensabili per lo studio dei fenomeni vitali.
Insomma lo studio della natura penetrava trion
falmente nel terzo stadio Giobertiano, quello di vera
scienza.
Nessunameraviglia dunque se le indagini attraenti,
per quanto delicate ed irte di difficoltà, sul patri
monio «cromosomico», ad esempio nei vegetali,
abbiano aiutato la sistematica nel discriminare l'es
senza specifica di certe forme, che osservate isolata-
mente nelle loro fasi aploìdi o diploidi venivano con
siderate come specie autonome, mentre non erano
che la stessa identica entità specifica, ribadendo così
quel concetto unitario specifico che filosoficamente
Gioberti aveva adombrato. Se necessariamente la si
stematica moderna dovrà ancora valersi dei carat
teri morfologici esterni nel dettare le sue frasi dia
gnostiche, riceverà dall'esame microscopico, quante
volte occorra, dei*validi sussidi discriminativi; così,
per darne un esempio, nelle Conifere il numero
dei canali resiniferi sotto l’epidermide delle foglie
offrirà un carattere per distinguere le varie specie
di quelle piante, variando tale numero a seconda
delle entità stesse.
La sistematica classica pertanto non sarà detro
nizzata —tutt'altro —, anzi riceverà nuovo lustro e
nuovo mezzo discriminativo o, quanto meno, con
fermativo delle sue indagini.