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A R T U R O F A R I N E L L I E G L I S T U D I I

U I L E T T E R A T U R E S T R A N I E R E I N I T A L I A

Lo scorso alimi accademico. Arturo Farinelli abban­

donava l'insegnamento ufficiale tenuto per oltre otto

lustri, nelle Università di Innsbruck e di Torino,

col mistico fervore ispiratissimo d'un sacerdozio.

In omaggio alla legislazione vigente. La quale, co­

stringendo crudele anche le indomite energie dello

spirito per entro le grigie caselle polverose del-

1"Anagrafe, sbarra le porte degli Atenei anche ai

Maestri tuttora vegeti e fecondi, non appena la bruta

cecità del Dio Chronos inscrive per ciascuno di loro

sui libro mastro dello stato civile il settantesimo

anno. Ma Arturo Farinelli — apostolo dell'insegna-

mento superiore; Maestro di noi tutti maestri, esplo­

dente d'incorruttibile giovinezza come in quel lon­

tano 1896, in cui saliva la cattedra di Innsbruck,

sbalordendo discepoli e colleghi con la sterminata

copia delle conoscenze, con la prodigiosa capacità di

far lezione in quattro lingue e nei campi di cinque

o sei discipline, con l'impetuosa vivacità creativa

deU'ingegno. — ma Arturo Farinelli, escluso dalle

aule universitarie, può ben trovare ragione di con­

forto in un duplice ordine di motivi.

Anzitutto, giustappunto in quella spirituale giovi­

nezza incorruttibile che. mortificando non solo noi

di.'Cepoli più anziani ma perfino le reclute ultime

della sua scuola, gli consente e gli consentirà per

lungo tempo d'ammaestrare fuori degli Atenei, con

gli scritti inesauribili e con l'accesa caratteristica

parola.

Soprattutto, poi. nella continuità proprio ancóra

del suo insegnamento universitario, indistruttibile

malgrado il congedo. Perchè il suo insegnamento

universitario, come può ancóra rivolgersi prezioso

a noi tutti discepoli diretti e indiretti, che dalle

molte cattedre volute da Lui insegniamo letterature

straniere in Italia, — così idealmente nell’opera di

ciascuno di noi si tramanda, perdura, influisce sulle

nuove generazioni e su quelle a venire. Nell'opera

di ciascuno di noi che, contro la recente dolorosa

degradazione delle nostre cattedre presso le Facoltà

di Lettere, contro la disperante penuria di mezzi

bibliografici (le discipline letterarie, si sa, possono

anche studiarsi contemplando attoniti la bellezza

dei paesaggi diurni, o l'immenso silenzio notturno

dei cieli stellati!) pur tuttavia quotidianamente pro­

seguiamo, battendoci in solitaria dignità. nelTeser-

cizio della nostra altissima missione, ispirata al­

l'esempio di Lui.

Che ci dice, come sempre paterno : « Figliuoli cari !

Non valgono degradazioni di cattedre. E non vale

neppure, badate!, la penuria deplorevole dei messi.

Centuplicate voi stessi! D'ogni avversità inevitabile,

fate pedana a moltiplicar lo scatto generoso dello

spirito oltre gli ostacoli. L'insegnamento efficace,

esperienza goduta e sofferta di vita, non lo creano

le leggi propizie; e nemmeno i soccorrevoli mezzi,

per quanto indispensabili. Lo creano l'ardente fer­

vore e il sacrificio religioso di chi insegna. Datevi

fino all'ultima stilla di voi stessi, perdutamente, ai

giovani che Dio vi ha affidati. E contro tutto e con­

tro tutti, sarete solo allora veramente Maestri ».

Con queste parole non retoriche, ma tradotte lungo

un quarantennio nella concreta sostanza persuasiva

dell'opera quotidiana, Arturo Farinelli ha indicato

la via da seguire non solo a coloro che ebbero la

fortuna di sedere ai banchi della sua scuola diretta:

ma anche a quelli fra noi, e sono tanti, che da lon­

tani Atenei, sin dagli anni remoti dell'ultima go­

liardìa, a Lui si rivolsero come al Maestro ideale.

E se qualche frutto ha già dato, e se altri, ove la

vita ci duri, il nostro insegnamento sia per dare,

anche quando saremo a nostra volt;

*’ii al con­

gedo penoso, sempre ciascuno di noi dovrà serbarne

commossa riconoscenza all'esempio magnifico di

Lui.

* * *

Ma Arturo Farinelli ci ha dato qualcosa di meglio

e di più che non il proprio magnifico esempio.

È tempo ormai d'affermare alto e ben chiaro che

gli studii di letterature straniere, di

tutte

le lettera­

ture straniere, ripetono idealmente, in Italia, le

proprie origini dall'opera sua di studioso e d'inse­

gnante.

Quando i tumulti anti-italiani di Innsbruck costrin­

sero il Maestro degli irredenti nell'Austria absbur-

gica del *904 a sospendere colà le lezioni; e quasi

sùbito, col *907, l'Università di Torino, auspice

Arturo Graf, conferiva a Lui (definito, appena qua­

rantenne, il «massimo comparatista d'Europa ») la

cattedra di letteratura tedesca, — fu proprio il fa­

scino della irresistibile personalità farinelliana a

chiamar noi giovani verso le nuove vie che ci schiu­

deva, traendone fuor delle strade anche troppo bat­

tute delle altre specializzazioni tradizionali. Una

voce giungeva da Torino, che con ispirato tòno pro­

fetico (così diverso dal consueto tòno professorale,

inviso alla scalpitante inquietudine dei nostri ven-

t'anni), diceva a noi giovanissimi : «Una è la let­

teratura, manifestazione unica, in mille favelle, di

un'attività che si svolge nei secoli senza nonne fisse

e fissi editti, liberissima sempre, sulle terre ove do­

lorano e sperano gli uomini». E a quella voce

nuova, non cattedratica ma umana, presagita dalla

nostra ansia di umanità e di novità, a quella voce,