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biografìa delle opere del Wielaiul, edizione per edi­

zione, numero dei volumi, editore, data, luogo di

pubblicazione, ecc. ecc.

E nemmeno non cercherete nel Farinelli una siste­

matica trattazione, ove parte succeda a parte secondo

un ordine logico, e ogni parte si conchiuda eoi suo

bravo giudizio complessivo, quasi un c. d. d. Mi

osservava finemente l'amico Gabelli che il Farinelli

compone con un procedimento «sinfonico»: ed è

definizione esatta.

Indubbiamente vi è un'unità nella sua critica, vi è

un ordine: ma è l'unità, è l'ordine di una libera

composizione, in cui i motivi vari si succedono e

intrecciano secondo la personalissima visione e ispi­

razione dello scrittore.

Questo osserva senz'altro chi lo legge; questo deve

tener presente chi ricorre ai suoi libri. Direi quasi

che. a render più proficua la loro lettura, è in ge­

nere opportuna una precedente prima informazione

sull'autore o sull'opera di cui trattano, per fornirsi

di quel bagaglio di notizie che lo scrittore, tutto

preso dal suo oggetto e dalla sua commozione, non

si arresta a dare al lettore in aride parentesi dichia­

rative; non solo, ma unicamente conoscendo già il

suo argomento è possibile cogliere tutta la squisi­

tezza delle sue osservazioni, talché acquistano pro­

fondità di significato espressioni, che a tutta prima il

lettore affrettato o inesperto sarebbe tentato a giudi­

care immaginosità esuberante di linguaggio. Ricordo

l'impressione che fece su di me una nuova lettura

delle pagine dedicate al Novalis nel « Romanticismo

in Germania ». quando al Novalis avevo dedicato

lunghi studi: il brano, già innanzi giudicato bellis­

simo e commosso, mi apparve di un tratto anche

estremamente concentrato: ogni frase, ogni imma­

gine era uno sprazzo di luce, apriva o schiariva un

orizzonte; verità profonde, intuizioni geniali, su cui

altri si sarebbe a lungo indugiato, rivolgendole e lu­

meggiandole d'ogni parte, eran gettate li con la pro­

digalità di un signore. Certo questo rende le sue

opere non accessibili a tutti, o, almeno, non a tutti

ugualmente utili; ma le rende tanto più preziose a

chi sa leggerle e penetrarle, a chi sa cercare in esse

un cibo non comune.

In conformità di questo genere di critica è il modo

come il Farinelli stende i suoi lavori. Egli possiede

bensì uno schedario minutissimo e densissimo, ma

da questi fasci di schede, nelle quali è sovente, con

le tracce delle indagini fatte, il primo balenare delle

sue visioni, egli si svincola nella composizione dei

suoi saggi: e chi entrasse nella sua officina, mentre

è all'opera. troverebbe piuttosto, allargati sul suo

tavolo, grandi fogli, su cui si accennano isolata-

mente. si direbbe alla rinfusa, i motivi fondamentali

che verrà svolgendo, scritti altre volte su tante stri­

scioline di carta. Rappresentano quelle note, quelle

striscioline, che variamente giustappone, il suo ab­

bozzo. i segni esteriori della sintesi, ch'egli viene

compiendo nella fantasia, e che poi scrive in rapido

getto definitivo, senza pentimenti e correzioni, nei

suoi caratteri fini e sottili, — non intento ora ad

altro che alla voce della commozione.

In analogia col genere della sua critica

è

necessa­

riamente anche il suo linguaggio:

è

un linguaggio

essenzialmente lirico, tutto calore e inunaginosità.

11Farinelli ha anzitutto un proprio vocabolario, che

in parte

è

fatto di termini (specialmente verbi) non

comuni, tratti spesso dal linguaggio della nostra poe­

sia romantica : « tragittare, incedere, vanire, pere­

grinare, riedere, vaneggiare, obliare, allignare, ful-

gere. lidi, favella, concione, follìa, ceppi, pu­

gna. ispanico, teutonico (per tedesco), scellerato,

ognora... ». Ama le parole tronche o poeticamente

sincopate : « andar, par, amor, sol, gran, pur, inen,

natio... ». Abbonda nell'uso del superlativo, non di

rado in senso ironico («malvagissimo, assurdis­

simo»); accoppia in modo tutto suo aggettivi a nomi:

« castelli aerei, terra estranea, cavernoso ricovero,

rifugio lacustre...»; ama espressioni immaginose,

spesso dinamiche: «strider di tempeste, rigurgitar

di vita, la poesia che esplode nel cuore, ruggir

guerra, spremer lagrime, fletter le ginocchia, l'ac­

censione, i labirinti deU'aiiitna. la nostra aiuola,

eruttar di \ulcani. lava incandescente, spinger

massi... ». non evitando a volta, nella foga, l'acca­

vallarsi di due immagini, che più che fondersi si suc­

cedono a rafforzarsi; indulge infine a espressioni

iperboliche, anche qui talvolta non senza ironia:

« un diluvio di note; un'oscurità infernale; un abisso

d'inferno mi si apriva innanzi; mi sarei staccate e

squarciate le membra... ».

E

il suo periodo avvolge

secondo un ritmo talora ampio e patetico, più spesso

concitato e mosso, vibrato a volte breve e vivace,

sovente iniziandolo col verbo o con la parola più

saliente, incalzando frase con frase, verbo con

verbo, facendo largo uso dell'interiezione, dell'in-

terrogazione retorica, spesso ricorrendo alla seconda

persona.

* * *

Ma v’è un gruppo di scritti farinelliani in cui, per

certi aspetti, anche più direttamente che nella sua

critica appare la personalità dell'uomo e dello scrit­

tore : e sono quei ricordi autobiografici a cui ho ac­

cennato, ricordi ai quali dovrei aggiungere alcuni

cenni commemorativi di amici scomparsi e più la se­

rie amplissima delle sue lettere, che non sono mai

nuda e arida prosa, ma sempre si animano di un lin­

guaggio commosso e lirico, si riducessero anche a

poche righe, e spesso, con gli amici più cari, hanno

il tono della confessione.

Gli è che sempre è vigile in lui il sentimento, la

grande ricchezza ch'egli ha conservato immutata.

Sono, quegli scritti autobiografici, soprattutto « Fuga

in Ispagna a vent anni ». « Il rogo del manoscritto

del mio viaggio ispanico », « Prime avventure del

mio germanesimo ». Chiunque conosca il Farinelli,

ve lo ritrova nella maggiore immediatezza e verità.