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LI! CLASSI MEDIE IH ITALIA DOPO L’UNITÀ

TI

processo

storico e formativo della classe media

-*• in Italia trova nuovo impulso dopo la unificazione

del Regno. E se modesta èancora l'attrezzatura indu­

striale non bisogna dimenticare come l’agricoltura

offra il personale occorrente all’industria, special-

mente in quelle imprese e in quelle aziende che sono

legate da rapporti «li complementarietà con l'agricol­

tura (1). Ancora fino al 1880 l'artigianato prevale

anche sulle aziemle medie e piccole. Nel 1871 si rileva

che

3f.ì

milioni di persone sono occupate neU’industria,

ma nel 1876, dopo più accurati rilievi, si scopre che

m)

1

o

1/10

delle industrie tradizionali sono situate in

appositi locali: il resto è puro artigianato (lì). Ha

ragione l’Ellena (3) quando nota che la modestia

delle imprese e degli investimenti caratterizza la

classe media di quel tempo. Vero è che a svilupparne

e consolidarne le sorti contribuisce il fenomeno già

riconosciuto dal Pigou (4) e valevole, in genere, per

tutti i paesi,che i nuovi sistemi di cultura abbisognano

di personale anche in una produzione crescente, in

sempre minor proporzi«me, on«le la popolazione che

più rapidamente s’accresce nelle campagne e non più

necessaria per la produzione agricola, può più como­

damente dedicarsi alle industrie manifatturiere citta­

dine e di fondo valle, o comunque a professioni di­

verse. Per fermo l’artigianato continua a prevalere

nell’economia italiana: nel 1911 il (’oletti calcola gli

artigiani assommanti a 3,24 milioni, cifra che fa

salire a 7 milioni includendo le persone di famiglia

che presuntivamente dovevano collaborare con Parti­

giano capo (5). L’agricoltura anche dopo l’avvento

della grande industria contribuisce a sviluppare nel

suo

fecondissimo

seno

il medio

ceto.

Anzi sembra

pot<*rsi

asserire e

sostenere,

come dichiara l’Heinisch

per

l’Austria

(6), che

l’agricoltura trova nei risparmi

della

borghesia cittadina le fonti e gli stimoli a rin­

novato

progresso. Sembra infatti che i fondi acqui­

stati

dai rispanni cittadini siano meglio coltivati di

quelli

acquistati dalle classi rurali, fenomeno che era

già

.'tato rilevato dal nostro Cattaneo. Dal punto di

rista

storico il fenomeno è sicuro — meno per la

piccola

proprietà coltivatrice — chè le classi specu-

latriei

dei tempi di A. Young non erano certo di

origine

campagnola ed è rilevante poro ai nostri fini

tome la tendenza dei capitali mobiliari

a

portarsi

Ters’>i fondi aia un fenomeno

storico

che molto

ha

contribuito alla formazione

dei nostri ceti medi

(7),

ridiscesi

poi più tardi nelle città alla ricer i di indi-

ritti

scolastici per la professione dei figli.

Il carattere agricolo della nostra economia ebbe

un’importanza anche politica per gli anni recenti.

Dalla classe agricola infatti sorse la classe cosidetta

(in senso politico) borghese e dirigente italiana: classe

in gran parte uscente da ceti medi, classe spesso

nobiliare che ebbe sì importanza nella vita politica

nazionale fino alla guerra, ma che però più volte

dimostrò la propria impreparazione di fronte ai

nuovi problemi sociali sorgenti dall’industrialismo

nascente (8). È certo che la classe media con l’allar­

garsi del movimento industriale non solo si accrebbe

di numero, ma assunse una nuova mentalità conser­

vatrice spesso in antitesi con le nuove esigenze so­

ciali e con i problemi nuovi che saranno risolti in

una vigorosa anticipazione della guerra. D’altra parte

mancavano molti elementi che noi vedremo formarsi

poi dopo la guerra e ad esempio quelli salenti piano

piano dai gradini inferiori attraverso le scuole tec­

niche e professionali. Vedremo come sarà merito

grandissimo del Fascismo, nella trasformazione p<

tica, di aver favorito questa ascesa, che nelle condi­

zioni politiche precedenti era inibita, dalle classi diri­

genti operaie.

È vero che il partito socialista specialmente negli

ultimi tempi aveva anche pensato di attrarre la pic­

cola borghesia: così almeno ragionavano alcuni espo­

nenti, ma come ricorda R. Michels la verità era

piuttosto che quelli che cori pensavano, non tanto

avevano di mira lo spirito della classe media quanto

la necessità della cooperazione (9). Però la classe

media non aveva nessun interesse

a

ridursi al livello

della classe proletaria e la posizione di alcuni elementi

delle classi medie fu tutt’altro che in armonia con

gli interessi degli esponenti socialisti. Non stupisce

quindi se il Labriola dichiarava che il partito

aveva

tutti gli interessi a liberarsi dai ceti medi (10). Non

si dimentichi però che non pochi ceti proletari e

miseri delle campagne furono elevati a più alta di­

gnità

per

virtù del socialismo, il quale, mediante l’isti­

tuzione di organi cooperativi creditizi,

permisè a fa­

miglie mezzadrili di diventare

fittavoli, e poi piccoli

proprietari, con indubbio

vantaggio per la produzione

agricola (11).D’altraparte

le

agitazionioperaiecontri­

buirono non poco alla revisione dcDe condizioni dò

nostri agricoltori, comprendendosi sempre più —

come

già

avevano sostenuto

i nostri

pubblicisti pie­

montesi della seconda

metà

del’700—cheil

profr—o

agricolo dover» essere in armonia con l’eievaakme