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terminabili le acclamazioni al pungere del Sovrano.

A destra del trono, in loggia, erano il Principe Um­

berto di Piemonte e Amedeo Duca d'Aosta; nella

loggia di .»inistra il corpo diplomatico: l'ambascia­

tore straordinario del Re di Prussia col suo sèguito,

i Ministri di Prussia. Inghilterra. Francia, Turchia.

Svezia, Belgio, ecc. Epiche pagine, che ritrovano

oggi, immutate, le antiche risonanze. « Libera e

unita quasi tutta » annunziava il discorso della Co­

rona uper mirabile aiuto della Divina Provvidenza,

per la concorde volontà dei popoli e per lo splen­

dido valore degli eserciti. l'Italia confida nella virtù

e nella sapienza vostra ». Meno di un mese dopo,

nella seduta del 14 marzo, su relazione dell'onore­

vole Giorgini, si approvò all'unanimità la legge che

accomunava i destini della Patria e della dinastia:

« Vittorio Emanuele II assume per sè e i suoi suc­

cessori il titolo di Re d'Italia ». Era quello che il

Cavour definiva « un grido d'entusiasmo convertito

in legge».

* * *

Qualche notizia >ulla composizione della prima Ca­

mera italiana. Attingiamo dal libro del Petruccelli:

I moribondi di Palazzo Carenano.

V'erano 135 av­

vocati. 25 medici. 23 generali. 10 sacerdoti, 4 let­

terati, 3 duchi. 2 principi...

Per la sua personalità specialissima, un deputato

formava categoria a sè: Giuseppe Verdi, e tutti

sanno come il sommo maestro, creatore di melodie

immortali, manifestasse scarse attitudini per l'uffi­

cio di rappresentante politico, da lui accettato mal

suo grado, ed in quell'unica legislatura (collegio

di Borgo San Donnino), per le amichevoli esorta­

zioni del Cavour.

Alcuni tipi di parlamentari: schizzi che il Petruc­

celli sembrava cogliere in punta di penna e diven­

tavano, spesso, brani succosi, balenanti di acute

osservazioni. Ma convien rammentare anzitutto chi

fosse lui, Ferdinando Petruccelli della Gattina,

eletto il 27 gennaio *61 per il collegio di Brienza

(provincia di Potenza). Dice l'epigrafe scolpita sulla

sua casa natale in Molinterno : a Esule per causa di

libertà — Deputato a) Parlamento Napoletano e

all'italiano — Scrittore d’ innumerevoli opere —

Pubblicista dalla penna temprata a lama di spada

— ebbe fama in Europa — de' più arguti e indi-

pendenti — espositori e giudici quotidiani — della

politica del giorno». Morì settantacinquenne a Pa­

rigi nel 1890. Tale il più noto e il più discusso

fra i cronisti e illustratori dell'assemblea legisla­

tiva unitaria die sedè

a

Torino. Giustino Fortu­

nato, scrivendone nel 1911, lo giudicava «onesto

e sincero, ma ineguale in tutto e disarmonico ù

molte cose ».

Spigoliamo qualche sua nota fra le più serene:

« Cassinis è il più grazioso dei Ministri : il solo che

non s'impazientì mai delle interpellanze nè delle

interruzioni. Radazzi: maniere aristocratiche t

gentili, benevolo, affabile ». Di Bettino Ricasoli:

« ha la forza del bronzo, la sua tenacità e la sua

resistenza». Di Angelo Brofferio: « è l'oratore piò

brillante della Camera. Sarebbe perfetto se volesse

disdegnare la piccola vanità di piacere alle tribune

con tirate drammatiche. Eccettuato questo, è incan­

tevole. Sventuratamente, rimane polemista e poeta

anche in politica». Di Francesco Crispi: «N o n e

uomo da passare inosservato in alcun luogo, nè da

restare nelle ultime file. Stringente negli argomenti,

resta sempre nella questione. Certo sarà Ministro

un giorno... ». E segnalava Benedetto Cairoti che

« a causa delle ferite di guerra non ancora cicatriz­

zate » si trascinava sulle stampelle e votava alzando

la sua gruccia.

Il corrispondente fissava le qualità oratorie di vari

deputati: «Cavour è il più logico, Ferrari il più

paradossale. Ondes-Reggio il più dottrinario, Mas­

cari il più cortese. Mamiani il più amplificatore,

Chiaves il meno av vocato fra gli avvocati, Pisanelli

e Conforti i più teatrali, Minghetti il più elegante

nella forma italiana ».

Non accennò a Garibaldi, nè al clamoroso conflitto

verbale che questi — eletto allora dal 1° collegio

di Napoli — ebbe con Cavour nella seduta del

18 aprile 1861, alla quale il Generale intervenne

in camicia rossa e poncio americano.

Presiedeva il Rattazzi. Si discuteva dell'armamento

della Nazione. dell’ Esercito meridionale e del trat­

tamento riserbato ai volontari. Giuseppe Garibaldi,

in proposito, aveva sottoposto un suo progetto al

Ministero. Sull'argomento svolse un'interpellanza

il Ricasoli, a cui rispose Fanti, Ministro della

Guerra. Prese poi la parola Garibaldi, che attaccò

il Governo, provocando reazioni da parte del Pre­

sidente del Consiglio. Nobilissima, in quella circo­

stanza, l'invocazione pronunziata da Nino Bixio

perchè l'armonia tornasse tra i due grandi Uomini.

La questione di Nizza era superata, lì non c'en­

trava; ma l'ombra di quella rinunzia pesava sul

cuore del Generale. Lo constatò il Cavour, quando

avvertì di comprenderne l'amarezza, assicurandolo

però che la cessione di Nizza e della Savoia alla

Francia — pur necessaria — non era costata a

lui minor dolore. La drammatica tornata si chiuse

dopo che Garibaldi, udite le spiegazioni del capo