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G A B R I E L E D’ ANNUNZIO

I )enetrare in questo suo mondo di poesia a

* così breve distanza dalla morte, che è

«lata quella dell'uomo d'arme, rappresenta un

tentativo la cui giustificazione si trova nella

«Tonaca già da lui latta storia. Tutto quanto

(‘gli ha prodotto è già inquadrato in una vi-

'ione completa: noi possiamo seguire, senza

grandi difficoltà, la sua vita artistica che ap-

partiene al finire di un secolo e al principiare

di un altro, con una forma che è un travestire

gli influssi e un mascherare le tendenze attra­

verso la forza di una personalità che spesso

appare indistruttibile. Quel suo mai manife-

'tare la minima esitazione di fronte ad ogni

fantasia ed ogni espressione, ha per lungo

tempo sbalordito. Quel suo atteggiarsi a sco­

pritore di cose prossime e remote, ha per

gran tratto superato l'intelligenza della sua

produzione da parte di molti critici. Eppure

le cose che vediamo da lui rappresentate non

>ono addirittura straordinarie nella loro es­

senza: straordinario, se mai. sarà il modo suo

di vederle; ed uscendo dalla semplice trasfor­

mazione cerebrale, si trasfigurano in una vita­

lità che moltissime volte si è fatta arte.

Io comprendo come, ad esempio, all'estero

e nell'Italia settentrionale, il suo mondo itali-

cissimo sia apparso strano e poco concreto,

creazione di sola fantasia, rielaborazione di

'(•nso di cose antiche, gusto classico imbar­

barito nel flusso della rinascenza, collaudata

attraverso esperienze bizantine. E che per

questo abbia sbalordito, colpito, abbia avuto

oppositori «* detrattori, gente che non voleva

•• non poteva comprenderlo, che rimaneva

esterna al suo fantasticare ed al suo realizzare

immagini, che invece erano perfettamente rico­

noscibili nelPambiente della loro formazione

e della loro nascita. Occorre, a dire il vero,

una grande sensibilità affinché si possa accom­

pagnare col pensiero e far rivivere la genesi

«Iella sua arte. Ma lo stesso fatto che si sono

avuti di lui fanatici seguaci e nemici irriduci­

bili. dimostra un interesse vero, una reazione

intensa provocata e non risolta: la possibilità

•li rivivere ancora, per mezzo delle figure da lui

create e non più accompagnate, come finora

'i era fatto, dalla figura sua, interessante e

pittoresca, ma anche capace di sviare, a tratti.

I attenzione dell'oggetto per causa del soggetto.

Quando un autore, anche morto, anche lon­

tano. lo sentiamo per così dire nell’aria; la

'Ua vita continua al di fuori della materia,

perché parte della sua anima è rimasta nelle

cose, aderisce ad un ambiente di cui è pure,

in parte, la conseguenza; allora senza timore

di dubbi si può dare inizio al giudizio critico,

anche se un poco, per ora e per qualcuno,

arrischiato.

Lasciando da parte altri lati della sua mol­

teplice figura, a me piace ora cercar di seguire,

come prima dicevo, la sua formazione, rife­

rendomi pure, per quanto è possibile, ad opere

e luoghi d'Italia e di fuori, di cui si può scor­

gere un riflesso nella sua vita d'arte.

Molto si è parlato, anche se non ancora esi­

stano opere fondamentali suU'argomento, del­

l'affinità che qualche volta appare, o è ap­

parsa. tra D’Annunzio e i principali poeti

dell'ultimo ottocento francese. I nomi di Riin-

baud. Verlaine. Mallarmé, sono già stati fatti

a questo proposito. Interessante e in certo

modo curioso il pensare a quest'innesto esotico

sul ceppo sostanzialmente italico del D'An­

nunzio. Riducibile, se mai, ad una certa af­

finità di gusto ed un certo coraggio e

ivo,

che indubbiamente vi si nota, ma che, in

definitiva, ha soltanto da esser inquadrato in

quell'aria di tendenze che si respirava in quel

tempo per tutta Europa.

L'atteggiamento di D'Annunzio, ad esempio,

di fronte alle figure classiche restaurate, se

pure può rivelare una certa analogia di ori­

gine e non è addirittura opposto a quello di

Rimbaud o di Mallarmé, pure c'è una certa

differenza. Basterebbe ripensare al motivo del

Fauno, che vive nei tre poeti citati: il mitico

irsuto personaggio passa, nelle tre diverse

espressioni, attraverso alterazioni della sua

figura. Nel prezioso Mallarmé è una figura

decorativa, un po’ statica, che ha bisogno

del corteo delle Ninfe per animarsi: in Rim­

baud. «

dans la feuillée

,

écrin vert taché d'or

»,

appare da solo, figura non più decorativa, ma

significato della forza della natura divenuta

corporea e tangibile: il Fauno di D’Annunzio

è il poeta stesso, che si sente tanto penetrato e

permeato di forza primitiva, da non concepire

altra forma espressiva che non sia quella di

vivere direttamente la funzione del perso­

naggio. Con questo, prima di ritornare ancora

una volta sul problema dei motivi di altri

poeti, ci si riattacca al suo primo modo di

concepire le cose, di vedere l’arte attraverso

quest'aderenza alle cose prime, come poteva

averla sentita nella sua vita

satiresca di

Abruzzo, per

poi perfezionarla ed

abbellirla

nella vita elegante

di

Roma,

in cui lo

spirito

primitivo è

corretto

e ripreso, quasi, dai

com­

posti motivi ornamentali dell’ambiente,

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