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simi gentiluomini lieti e fieri della loro soli­

tudine: se pure il loro tormento ha assunto

forme squisite, si è diretto alla cura di un

particolare d'eleganza, alla coltivazione di

>ogni amorosi d alta scuola, sotto sotto c*è

ancora il tramestìo convulso di un'umanità

non soddisfatta, tuttora sofferente, che esce

da una grande crisi e non sa ancora che cadrà

in un'altra anche maggiore.

Ma quella ricercatezza, quella freddezza che

ad ogni costo bisogna mantenere di fronte ad

ogni possibile tormento, per curare soltanto

ciò che è espressione purissima del godimento

estetico, ormai fissato in miti e in figure irreali

ehe possono godere di penombre misteriose e

<li luminosità abbaglianti, senza che ne sof­

frano, perché non sono più umane; tutto

questo può rappresentare una ricerca anche

più tormentata che non la pura manifesta­

zione diretta.

Tutto questo mondo spogliato d'umanità,

perché sia soltanto contenuto di miti, ha il

>uo rischio, e più d'uno. Siamo al punto in

eui la creazione, per la sua stessa disperata

freddezza, è divenuta esercizio: esercizio peri­

coloso quant'altri mai. perché basterebbe una

nota falsa od anche solo non sufficentemente

sostenuta. per far crollare l'edifìcio che poggia

'U colonne lucentissime e grandiose, ma aeree.

Pochi più di lui sono andati al di là del bene

e del male; e non si creda che questa, in arte,

sia cosa di piccolo momento.

M olto contraili, puro o adulterato.

Il falso e il vero ton Ir foghe alterne

«l’un ramoderilo: e il «avio non dùcente

l'una dall'altra, l'un dall’altro lata.

Vera saggezza, secondo il D'Annunzio, quello

che per un altro già prima di lui lo • ■-tata:

voglio dire Oscar Wilde. Ma questa >irada

aveva condotto l'inglese, passo passo, dal

Dorian Grav al Carcere di Reading: non aveva

egli sostenuto quella continua, snervante im­

posizione di superiorità, di astrazione dai sen­

timenti comuni, di crudeltà, perfino, verso le

cose semplici e dolorose; era dovuto ripiegare

fino a risentire appieno su se stesso quella

sofferenza, per sfuggire la quale aveva cercato

rifugio nella freddezza.

£ questo, comunemente, il destino di coloro

che fanno dell'arte pura la quintessenza di

ogni principio estetico, di coloro che scoperto

un modo d'essere, e sopratutto temendo di

sbagliare se ne allontanino, finiscono di cor­

rere il rischio di irrigidire, isterilire la loro

ispirazione, perché hanno eliminato il dive­

nire e la ricerca attraverso una certezza fissa

e voluta. So, dicendo ciò, di attirare qualche

ira; ma quest'opinione è corroborata da fatti

patenti e chiari che mi difendono volentieri.

Ora, come D'Annunzio non sia caduto, non

sia stato costretto lui pure a ripiegarsi verso

ualcosa di più modesto, espressioni primitive,

olore umano, gioia semplice, che so io, una

qualunque delle cose che escono dal puro go­

dimento estetico per rivelare attraverso la

ganga, la rozzezza, l'asprezza, la vera sostanza

umana e vibrante; tutto questo è da ricer­

carsi nel suo primo atteggiamento, che essendo

ricchissimo di possibilità, venne sempre man

mano crescendo in lui ed affinandosi, richie­

dendo sempre maggior cura per essere com­

piutamente espresso: voglio dire di quel suo