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CANTO D'UNA VENDEMMIATRICE

ARCADIA NERA

Addio giorno trascorso sperando.

Ira lifti canti;

l’aracia ondeggia, c i suoi pianti

prrpara l'usignolo.

Conir d’una gonna bruna il bosco

vrstr i suoi «Uteri,

la Irprr attrndr che inalberi

sulle marrhir. la luna.

E io ascolto il tuo andar pri lontani

viottoli, o amato,

sul carro dri mosti, il cui (iato

caldo rallrgra il cuorr.

E già mi cingon la trsta l'orr

notturne r il bianco

lumr, rd il inio srno è stanco

di non dar lattr; r intanto

chr torno pri rampi coll’inquirto

cuorr. dai nrri

confini ai dolci prnsirri

di sempre, presso al fuoco;

io mi srnto morir prr un poco

di solr anrora.

prrchè di tr m'innamora

il giorno, vendemmiando.

CARLO BETOCCHI

DATE A ROMA

Dalla Sicilia arrese,

dall’Alpi prsanti discese,

mute

donnr

tuttr a Roma son convenute

a partorire.

Su. su: da Crntocrllr

a Montomario è gonfia la prllr,

tirano gli occhi a non finire.

Mugolando a San Pancrazio,

Ir dita poggiando sui muri.

sui duri obrlischi

pirdi apriti, agli albrrì

reggono strazio. • Fatr >.

incitano r l'altre immani

premo

do

rd urlano.

poi sostano rd urlano

r riurlando si sgarrano

altissimr sin quasi allr stelle

dondr precipitano i maschi soldati.

• Oh. issa, issa;

fissa laggiù, poi spremiti >.

Ora stanche, libere, ferme,

sviscerate. gli orchi

netti,

annottano sa milioni di letti.

Date a Roma, o donnr.

Ir vene, gli occhi, i cuori

c le braccia formate

per la vanga o il facile.

Soldato voleva dire

colui chr s't dato al solr.

Negli ampi orizzonti enigmatici

continuavano a salire

i muletti acrobatici.

Frusciavano tortore azzurre

su nidi di mitragliatrici

r Ir lepri fuggivano

morbide r innamoratr

nelle vallate felici.

Montagne primaverili,

chr intimo solr avvolgeva

il vostro secco groviglio

di fucili e di spine!

Una scimmietta legata

seguiva la truppa sudata.

Tra i burroni e le biade

cenciose statue di fango

guatavano solennemente.

Davidici, strani armenti

dormivano da millenni.

Trillavano, fulgenti galline,

le pastorelle tigrine.

Chi ti dimenticherà,

o Tembien primaverile,

pericolosa catrna

di prrripizi e d'acacie?

DIEGO CALCAGNO

COMPLEANNO

Prr gli anni infiniti chr saranno

•tiU'arro dei deli;

mentre ora il tuo sorriso illumina

come pungente stella al nuovo giorno

il mare della gente,

che allo tlupor dei secoli si sveglia;

quando il mare deU'erbe sari morto

e più non canteranno uccelli

e solo vi sarà silenzio d’aria,

sappisi.

che in due, s'una roccia, noi nascemmo,

negli abissi del tempo.

Pallida una luna tremava in delo

come un fiore,

del coi tremore

noi eravamo stelo.

Il fiume deU’inverno,

limpido.

correva l’universo,

e 11 sa an ciglio

candida una brina stava di gelo.

Questo piccol fastrllrtto

di poche cose,

venga, timida primavera,

nella luce perpetuale che germoglia.

Sorriderà senza cipiglio

colui che tutto impera.

E ad veder che fa «1 paco

qud che accese in aos il nostro fuoco

ribrillerà a

teme

che ri awiaet.

MARCELLO GALLIAN

ROBERTO PAPI