

CHIARA RIDE
MATERIA E SPIRITO
Chiara al tuo rìdere vedo i pagliare!.
('■errano invano di darsi un contegno.
Ebbra di giostra a un cavallo di legno
rotta ti abbracci.
Dentro il tuo ridere vedo le arancr
che mangi. Ridi coi gusti più buoni
del mondo in bocca. Tu rìdi a spintoni,
schianti le guance.
Il tuo bel rìdere aperto è un piacere
vivere. Ridi ignorando la scenica
arte del rìso e fai sempre domenica
con sonagliere.
Dentro il tuo tremulo rìso balletti.
Scoppiano tinte gazose. A gran gala
tintinna un festival: razzi bengala
e mortaretti.
RENZO LAURANO
NUOVO PENSIERO DOMANDA IMPROVVISA^.
È vero che moriremo?
La tua conosciuta carne,
stanca, respira a mio lato.
Non mi chiedi nulla, non parli:
udir la tua voce!
Ed io sarei lungi
da quest’ora troppo lenta,
tutta goduta.
Ma tu non parli, respiri;
poc’anzi eri tutta una luce.
O giovinetta appena germogliata.
nube in tenero cielo
sospinta dalla brezza mattutina,
anche in te s’adunava
questa carne stanca di donna?
E doveva svelarla la mia mano?
Finalmente preda del tempo,
m’avvedo della morte, rassegnato.
Tu respiri e non parli.
ma t’ha preso lo stesso mio pensiero.
L’amore nella carne conosciuta
da pietose radici «i rinnova,
trepido e caldo, scorata dolcezza.
Terrestre ineluttabile richiamo!
Rigogliosa e lontana come un marmo
pure respiri e sei stanca e mi vuoi
al tuo lato come poc’anzi,
quando eravamo una sola persona.
G tiene il tempo e la nostra natura.
È vero che moriremo?
Nuovo pensiero, domanda improvvisa..
GIUSEPPE VALENTINI
ROSET TA
Rosetta è sola nella gran chiesa,
e il vento nuovo le ginoca attorno.
Rosetta è ferma, distesa
sotto le coltri nere: è una morta.
Cigola urtata la porta,
svolazzano pendole ai finestreni
le tende roste: scoprono un cielo
azzurro e argento, tparso di rondoni.
Lei. U lotto, con le pare braccia
raccolte al petto, la frangetta nera
calata tn la fronte bianca,
l’arida bocca e la scavata guancia,
e quei tuoi occhi di bimba selvaggia
che dicevano di no alla speranza.
E intanto il cado viaggia
d'nn'ora in altra, e intanto vien la sera
del poso A £ primavera.
DIEGO VALERI
Su dai fermenti del fimo germoglia improvviso uno stelo
r sullo stelo, stupito, s’apre aU’azzurro un fiore.
Così, nel sanguigno groviglio di vene r di muscoli, il cuore
«offre, gioisce, spera, spinge i suoi canti al rielo.
Dal sotterraneo baratro sgorga abbagliante il fuoco
che sarà rupe e ginestra o vita di esseri e piante.
Kra il nero bitume e il carbone sfavilla incorrotto il diamante
e con la cetra mortale s’immortala Demòdoco.
L’iridescente farfalla gemma dal molle verme,
dal torpido umor della pila la folgorante scintilla.
Si leva dal sordo bronzo un grido d’amore che squilla
e il fosforo luminoso dal putrefatto germe.
L’arte, la fede, la scienza, l’intelligenza, il pensiero
sfavillano da una sostanza di inerti fibre e di umori,
un cieco qervo distingue i più lontani splendori,
nasce il reale dall'irreale e il non vero dal vero.
In moto perenne, legati alla stessa insolubile sorte,
vive del sasso l’erba e dentro l’erba l’insetto,
materia e spirito avvinti in un solo nodo perfetto,
continuità imperscrutabile di vita, d’amore e di morte!
GIUSEPPE VILLAROEL
NARNI-AMELIA SCALO
I ricordi li cancelli questa sera
che un nome nuovo ti solleva la fatica
e una data scrìtta sopra la lavagna.
Sostano in mezzo alla campagna
i convogli dei treni merci,
poi girano lentamente sul ponte della Nera.
TV lontana la voce lungo i nastri
trasportatori, straniera la terra
distesa sotto la tettoia.
Ti sembra che ogni guerra
si concluda in una resa e che ti valga
per la tua povera gioia
la docile sorpresa dei tuoi astri
familiari in un rielo d’esilio.
£ un’ora buona per te e questi allarmi
di campanelle nel fumo non ti dolgono.
Aspetti che risalga,
il secchio dalia stridula cisterna.
Oscillano nell’oscura fuliggine i vetri rotti
della lanterna. Tu senti che è primavera
da queste ventate di meli tcotsi
dai treni lungo la pianura.
LEONARDO SINISGALL
1
DE A MICITIA
A Tullio Leium.
Per un fiato cocente di cordoglio
dalla tua alta notte
all’inerte mia riva di squallore
dolce movesti, e attorto.
A picco dei tuoi occhi
tremava ano sgomento d’alba
che ai lim iti del deio
scalza implora di nascere.
A un richiamo più fondo
della mia vana memoria
sarei forse fuggito dalla Terra:
ma la tua mano beve
come un fiore mi colse alla radice.
E andasti,
con me che ti morivo contro il
MARIO STEFANILE