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A chi. in que»ta stagione, fa un discorso stille frutta.

»i deve perdonare. Sono «zia arrivate le prime avan­

guardie dello slttrli. fragole e ciliegie, di quello olle

dovrà, «e gli dèi vorranno.durare ininterrottamente

fino al tardo autunno, con «empre nuove dolcezze.

\ssiemc a queste, i fiori e le farfalle, e la gioia dei

l»imlii. ciiine u«a dire. Ma sarebbe male voler cu*i

parlare delle frutta «enza ne»siina distinzione, eoli-

fondendo (pielle caratteristiche che appaiono invece

spiccatissime tra un frutto e l'altro. Tutta una vita

di differenze, di particolarità curiose, per uno che

voglia andare a vedere e distinguere, tentando di

conoscere inlus vi in rute questa straiia popolazione

variopinta e succosa, che sa cosi bene conciliare

l utile col dilettevole.

I medici non fanno che raccomandare le frutta par­

lando di vitam ine: i bimbi non fanno che « fare il

tifo» per le frutta, uua-i un'inconscia -agrezza che

«upperisce loro le derrate che fanno bene: i «gran­

di » poco a poco ' ‘avvezzano anche loro allu so delle

frutta, ponendo iu e—e fiducia per ovviare a tutti i

guai della vita sedentaria e le noie del ricambio da

cui sono afflitti, come appare chiaramente dalle pub­

blicità dei mille ed un depurativo che i giornali >ban*

dicrano.

Ma non frutta soltanto si deve dire, ma anche impa­

rare a conoscere le doti etiche ed estetiche, curative

e preventive, che e»«e contengono. Lasciamo ai me­

dici il lavoro più gro«»o: parliamo delle frutta belle.

Tutte, dicevamo, hanno la loro fisionomia, uu loro

carattere particolare: ed alcune son più decorative;

altre meno, tutte hanno una loro inderogabile fun­

zione per I aspetto e la consuetudine.

Pensiamo alla solennità delle pere, una serietà cupa

di frutto incolore e buono, senza pretese, sodo, ma

poco decorativo e un po' triste. A nessuno verrebbe

in mente di fare « la giornata della p e ra » : eppure

anch’essa ha molte virtù. Ma forse appunto per

questo.

Le mele sono silenziose, ricordano I inverno accanto

al fuoco, siano (incile rugginose o quelle rosse, le

gialle da sei lire al chilogrammo come (pielle da due

lire: sono tra i frutti che il contadino, d inverno,

porta in città nella canestra ricoperta da un cencio

di juta.

I fichi, «pecie di pingui canonici del frutteto, stillano

sugo d'oro facendo pensare ad inaudite golosità. Le

pe«che rammentano le guance fresche delle ragazze.

Non parliamo di tutte le cose che vengono suggerite

dalle frutta tropicali, che a noi pure stanno diven­

tando fam iliari, per merito soprattutto delle banane

che gialleggiano (|ua e là sui bancherottoli. Datteri

che parlano di deserto, ananassi ( ma rari) che ricor­

dano foreste tropicali, banane ai lim iti delle savane;