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vare i piatti in qualche alberghetto, per guadagnarsi

da mangiare.

Cianni l’eremita, come lo chiamarono poi. non

chiedeva mai l’elemosina, ma accettava di buon

grado i regali die qualcuno gli faceva.

Curava la pulizia della sua persona e i suoi in­

dumenti, benché non nuovi, erano sempre puliti e

mai sbrindellati, perchè egli stesso lavava e ram­

mendava la sua povera roba.

Quando si trovava fra la gente, il suo pallido viso

assumeva l’aspetto ironico e buffone, parlava con

tutti ora in francese, ora in piemontese, tante da

rendere la gente di buon umore.

Aveva solo la mania di uccidere e imbalsamare

bestiole, come uccelli, conigli, topi e seqx*nti. e for­

se, per questa sua mania, è che qualcuno malignò

dicendo die l’eremita si cibasse di lumache e bisce,

come dice un epitaffio, ma non è vero. Cianni non

era pazzo, nè scemo, anche quando un reparto della

sua grotta, l’aveva trasformato in un cimitero di ani­

mali imbalsamati.

Era ben voluto da tutti e spesse volte gli offri­

vano da bere per farsi raccontare le sue avventure,

che narrava piacevolmente con vivezza e colorito.

4

Ed era solo quel buon bicchiere di vino generoso

che gli toglieva la melanconia e dimenticava per

un poco l’esistenza travagliata della sua vita grama

ed infelice.

Cianni Ribotta visse in quella solitudine selvag­

gia per ventisei anni, con stoicismo e rassegnazione,

senza mai inveire contro il suo destino.

Mori solo, come visse e, certamente, prima di

entrare nel sonno eterno, l’ultima sua parola dovette

essere il nome della donna sempre amata: Mar­

gherita.

Tre epitaffi ricordano ancora il nostro Cianni.

Uno è dei ferrovieri, i quali, per 26 anni, ogni

mattina, alle cinque, l’eremita Ribotta, diede loro

la sveglia, con il corno da caccia:

AI grande amico dei ferrovieri

ai quali per 26 anni

da queste rocce

suonò la sveglia del mattino

con il corno da caccia.

Uno spirito burlone, scrisse un altro epitaffio a

fianco della grotta dove abitò e dice:

Cianni

Ribotta, nato da Giovanni

fu di statura piccolo e gobbetto,

esil di membra e d'animo allegretto.

Vinto dalla passion iimbalsamare,

fe‘ sua grotta un museo di serpi e uccelli,

comgji, ricci, topi e pipistrelli.

Senza soldi e dovendo pur mangiare

statuì suo cibo usar lumache e bisce

ed altre ed altre bestie feline e lisce.

Non racqua amava, ma gradiva il vin:

per cioncarne faceva il mendicante,

o il venditor di cerini ambulante.

Ovunque e a chiunque si adatta

per una cicca, a raccontar la storia

di stia prigionia ingiusta e di sua gloria.

Mori nel

«

Sette

»

e qui. lasciando il posto

che occupò tanti anni da trombettiere,

sveglia per il sesto genio ferrovierie.

#

Ancora oggi sono vivi i segni dello scomparso

eremita, di lui tutto parla come se fosse ancora vivo.

Nulla è cambiato, la solita fontana d’acqua fre­

sca, il bosco è rimasto intatto, cosi pure la grotta

desolata.

Visitando la grotta, mi sono domandato come

abbia potuto vivere per 26 anni, Cianni Ribotta,

specialmente infermo?

Eppure visse serenamente, tutti gli volevano

bene e tutti i paesi viciniori conoscevano l’eremita

che vendeva fiammiferi e raccontava delle storie

strane che lasciava peq>lessa la persona che lo

ascoltava.

11 terzo epitaffio è del pittore Azeglio, il quale

volle dipingere ad oUo. sulla parete rocciosa, l’im­

magine di Cianni. dal viso pallido e baffi spioventi,

mentre gli occhi portano l'impronta del suo eterno

dolore:

Chiare, fresche e dolci acque,

sorgenti a pie’ della rocciosa grotta,

dove lo strano eremita Ribotta,

fe' sua starna da vivo e morto giacque.

AZEGUO

Ancora oggi 11 dipinto di Azeglio è ben conser­

vato e si possono ammirare chiaramente le sem­

bianze.

Oggi la grotta è abitata da un altro eremita,

die non ha nulla in comune con Cianni; il caso vuole

die anche questo si chiama: Ciotto Ribotta.

Quasi ogni giorno la roccia di Gianni è meta di

coppie, che anche loro hanno giurato eterno amore

e vanno lassù per un atto di riverenza verso coki

che amò e soffri.

Le ragazze con gii occhi umidi di pianto, rie­

vocano

la

tragica e commovente stona e de

pongono

mazzolini di fiori

alpestri,

ai

piedi della selvaggia

roccia di

Barge, dove

lo spirito di

Cianiti ancora

I !