

TARQUIMO SINI
E LA TORINO 1910
d i GEC
Fu nell’estate del
19 10
che Tarquinio Siili arrivò
a Porta NuiWa sulla scia di altri disegnatori sardi
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quali, a gomitate o a botte di vero talento, si erano
aperti una strada nel giornalismo torinese. Giovan
nino Manca che troneggiava su
Pasquino, Torino Ride
e compilava quasi interamente il
Due ili Coppe
e che,
in un secondo tempo, si rimorchiò dietro tutta la di
nastia; Mario Anfossi, vecchio precoce, il quale aveva
scelto come pseudonimo « jaju » (nonno) poetava argu
tamente su
Torino Ride,
organizzava berte e sarabande
e morì poi Impiegato alla Cassa di Risparmio; Fnrico
Castello, Richin. arguto pupazzettista, attualmente in
Honda posizione a Roma; il trio Giulio. Piero, Enzo
e Chichino. Su Milano gravitavano Giuseppe Busi,
l’illustratore di Grazia Dclcdda. il poeta degli asinelli
sardi. Imito tragicamente trucidato per errore, a Biella,
nelle infocate giornate della primavera
194
s; Mario
C id itti
Mossa, compagno inseparabile di Sun, di un magni
fico sombrero e di un paio di mailustri stivaloni.
Sombreri» e stivaloni che erano quasi il preannunzio
del
suo
esodo in sudamerìca. Il sano umorismo pie
montese che dava
il « là
• a tutto
l’umorismo
italiano,
tu protondamente vitanumzzato dal vergine apporto
Autocarica'
sardo, introspettivo, elaborato, schietto frutto, forse,
del carattere taciturno e dell’intensa vita interiore degli
intellettuali isolani.
Esisteva già una tradizione. La via, torse, tu aperta
da Carlo Chessa
(
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.:)
che, piovuto da Cagliari
a Torino nel 1
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per fare il litografo, tu presto per
vaso dal demone dell’arte; frequentò l’Albertina e tu
allievo di Gamba. Divenne uno dei più apprezzati
acquafortisti e pittori a cavallo tra i due secoli e gode
di una solida fatua m Italia e in Francia. Era fatale il
trapasso: a furia di trasportare disegni di Teja o di
Virginio sulla pietra volle tar qualcosa di suo. Co
minciò a collaborare ai fogli umoristi del tempo, dal
Pasquino
al
Diavolo Rosa,
mettendo in rilievo non Cla
mimi doti umoristiche. Sarà bene premettere che, per
tare il mestiere del litograto, allora, era indispensabile
essere, iti un certo qualmodo, artisti e possedere pro
fonde nozioni di disegno. Carlo Chessa tu il primo
sardo a conquistar fama come caricaturista a Torino.
Per inciso, il figlio, il pittore Gigi Chessa, seguì le
orme paterne nell’arpa a due corde; pittura e caricatura.
Era ancora vivo Carlo Chessa quando Manca fece
da tagliamare alla seconda ondata. Ondata che fu, a
me pare, creata da Vamba, l’indimenticabile Luigi
Bertelli, scrittore raffinatissimo e persuasivo pupaz
zettista. Lanciò infatti a Roma l’O
di Giotto,
scritto e
disegnato tutto da lui, ed a Firenze,
II Bruscolo,
fatica
unica della sua pernia e matita. Quando Vamba crei»
il suo indimenticabile
Giornalino della Domenica
puris
simo araldo di candida italianità, che i ragazzi oggi coi
capelli grigi non possono aver dimenticato, mise in
rilievo in quella sua deliziosa biancorosea cartina di
tornasole il dinamismo pittorico e coloristico di Giu
seppe Biasi. Gli asinelli di Biasi presero le mosse di lì
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