

La Torino del 1884 risentiva ancora fortemente
dei sacrifìci che aveva compiuti per l'unificazione
dell’ Italia. Essa da quasi diciannove anni non era
più città capitale di Stato, quale era sempre stata da
secoli. La sua rinuncia ad essere sede della Corte,
del Parlamento, dei Ministeri, delle Ambasciate stra'
niere e di molti altri Enti, aveva seriamente compro'
messo la sua importanza ed il suo avvenire. La sua
rinuncia alla dignità di capitale per ridursi a città
di provincia era cosciente e nobile sacrifìcio; e sarebbe
stato compiuto senza recriminazioni a favore di Roma,
direttamente, senza tappa intermedia. È noto quanto
grandi furono invece la delusione, il dolore e l’avvili'
mento dei Torinesi per l’ affronto ricevuto nel 18^4
dalla «
consorteria antipiemontese
» che aveva preparata
sottomano la famosa «
Convenzione di settembre
» per il
trasporto della Capitale a Firenze, effettuata poi nel
1865. Quel rancore venne poi solo ad attenuarsi nel
1870 quando Roma divenne Capitale d’ Italia.
Nel frattempo — e cioè dal 1865 al 1884 — i
Torinesi si erano impegnati in un fervido e febbrile
lavoro; essi, che sentivano l’orgoglio di essere stati i
pionieri della indipendenza nazionale, ora intende'
vano divenire i pionieri dell’ industria manifatturiera
nazionale. Negli uffici, nei laboratori, nelle officine,
che andavano man mano moltiplicandosi ed ingran'
dendosi, ferveva un lavoro intenso, per dare alla
città un nuovo fiorente avvenire. Torino contava
allora circa 250.000 abitanti; essa aveva mantenuto
il suo carattere di città signorile, la disciplina e l’or'
dine non erano venuti meno. Nelle sue belle vie e
piazze — sempre di una nettezza esemplare — la
popolazione circolava con ordine e compostezza,
parlava sottovoce e senza gesticolare, camminando
teneva la propria destra rasente al muro.
V ’erano comodi ed agevoli omnibus e tranvie a
cavalli; e vetture da piazza eleganti e ben molleggiate,
che formavano l’ ambizione dei vetturini, sempre cor'
tesi, rispettosi e lindi nella livrea di panno azzurro
cupo filettata di rosso cremisi nei bordi, e con il
cappello a cilindro.
Quando Torino ritenne di aver raggiunto quel
grado di efficienza industriale che si era proposto di
conseguire, indisse per l’ anno 1884 una grande Espo'
sizione Nazionale, la prima che si allestisse in Italia
dopo la sua unificazione. La gioia era nei cuori dei
Torinesi, che si proponevano di mostrare alla Nazione
quanto essi avevano saputo fare. A sede della grande
Mostra era stato scelto il parco del Valentino, sede
ideale, che fu poi la medesima per le successive
famose Esposizioni del 1898, del 1902 e del 19 11 .
I festeggiamenti si iniziarono il 25 aprile con
l’arrivo a Torino della Corte, dei Presidenti del
Senato e della Camera e di tutte le più alte Autorità
dello Stato. Nel mattino di quel giorno giunsero i
Reali da Roma; dalla stazione di Porta Nuova il
corteo reale si mosse per piazza Carlo Felice, via
Rom.', piazza San Carlo e piazza Castello dirigeiv
dosi al Palazzo Reale. Il Gotta rievoca' felicemente
quel giorno memorabile:
><...dallo sbocco della via Roma su piazza Castello
tino alle cancellate monumentali del Palazzo Reale
si stendevano due file di soldati. Uno squadrone di
cavalleria proveniente da via della Zecca, andava a
disporsi sotto le finestre della Prefettura, nell’ angolo
del Teatro Regio. La folla si assiepava soprattutto
dietro le file dei soldati, formando due ali in mezzo
a cui correva libero e dritto il tratto di vie che avrebbe
percorso il corteo reale. Qualche ufficiale e qualche
commissario di pubblica sicurezza dava ogni tanto
disposizioni percorrendo quel tratto libero di via.
Echeggiò uno squillo di tromba. Altra folla correva
ad ingrossare le due ali già fitte dietro i cordoni dei
soldati. Si udirono le voci scattanti degli ufficiali
che ordinavano
Yattenti.
Altri squilli vennero dal
fondo della piazza, e anche là si vide un moto di
baionette. Non tardarono ad apparire le staffette a
cavallo: palafrenieri in giubbe rosse. Poi ecco le
prime carrozze. G li applausi, gli urli della folla
avanzavano travolgenti: viva il Re! Viva la Regina!
Tra quel nereggiare della gente che agitava cappelli
e fazzoletti, a stento trattenuta dai cordoni dei soldati,
urlante come impazzita, passarono le carrozze regali:
nella prima ecco il Re, col Sindaco Ernesto di
Sambuy, il Presidente del Comitato esecutivo del'
l’ Esposizione Tommaso Villa e il Prefetto; nella
seconda la Regina col Principino in divisa del C o l'
legio Militare, la contessa di Villamarina cd il mar'
chese Guiccioli »......... « Anche dai balconi gremiti
di tutti i palazzi riguardanti sulla piazza si applau'
diva freneticamente ».
II giorno seguente, 26 aprile, si ebbe la cerimonia
inaugurale dell’ Esposizione:
« Con la pioggia sospesa a mezz’aria, le truppe
presero posto lungo lo stradale che il corteo reale
doveva percorrerete per recarsi all’ Esposizione. Il
5" Artiglieria stava schierato in piazza Castello, il
15 ° Cavalleria in piazza San Carlo. In doppia fila
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