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Torino la sera del 13 aprile 1921 con l'esecuzione del

Pianto ih lla Madonna

al teatro Regio ed il giudizio non

poteva certo essere più favorevole. Ecco quanto scri­

veva Andrea Della Corte: «... La lirica di Jacopone

da Todi offriva al compositore un vasto quadn» mosso,

popoloso, soavissimi» e drammaticissimo... Pregevole

è l’espressione vocale delle due persone (la Madonna

e il ('risto) le quali hanno ciascuna un linguaggio inci­

sivi» sia come spirito che come forma melodica e

ritmica: il che prova che l’autore intuì il dramma e

trovò le espressioni appropriate ». Questo il primo in­

teressamento del giovane Ghedini per la lirica dello

«spirituale» fra Jacopone da Todi, ma sovente, anche

negli anni successivi egli si avvicinerà alla poesia del

monaco cd ogni volta la sua ispirazione raggiunge

momenti artistici di grande valore e sincerità. Ciò av­

viene in quanto fra il musicista ed il poeta intercorre

uno stretto legame di spiritualità che si identifica in

quel certo senso di « primitivo » tanto caro al Ghedini

e che per naturale momento storico ed estetico si de­

linea in molte laudi c ballate del poeta. Ho voluto

soffermarmi sul

Pianto della Madonna alla Croce

a cui

seguirà nel '26 il

Cantico dd Sole,

nel 43 il

Concerto

Spirituale

sempre su testi del Jacopone ed altre compo­

sizioni di carattere meditativo e spirituale, poiché

questo è uno degli aspetti dell’arte ghedimana che ri­

corre più frequente. Valore indiscutibile e notevole

della sua arte: sapersi commuovere senza ricorrere a

mezzi comuni e frusti, rendere determinati momenti

di misticismo, di doloroso affanno, rievocare stati

d’animo, evocare misteri religiosi senza il minimo ac­

cenno a voluti toni gregoriani o ad appariscenti sal­

modie. Scbbcn taluno, considerando 1111 altro periodo

abbia maggiormente lodato in lui il grande compo­

sitore, creatore di atmosfere glaciali, forte e sicuro do­

decafonico — i Concerti per piano ed Orchestra ben

stanno a confermarlo — cd il geniale architetto della

musica pura, il Ghedini è, in tondo 1111 mistico cd un

contemplativo. E questo suo sentire, anche se accor­

tamente dissimulato, traspare da molte composizioni,

anche da quelle più ardite e recenti e non sfuggo alla

sottile indagine psicologica di chi ben lo conosca nel

suo intimo od abbia con lui rapporti artistici o di

amicizia. Qualche anno ta. 111 una Mostra d’arte tori­

nese’, apparve 111 un affresco la figura del Ghedini

stessi», dove si poneva in netto risalto la sua lucida

calvizie e, quasi sul fondo della pittura, si stagliava

la testa, come l’immagine d’un monaco mcdioevalc:

sotto la scritta a caratteri gotici « Ghedim misneus *.

Poteva sembrare un quadro volutamente dipinto, ma,

.1 ben pensare, chi ritrasse il Maestro in qucH’espres-

sione, aveva presentato all’arte musicale una delle sue

più veritiere realtà.

Vinto il Concorso internazionale bandito dal Cir­

colo degli Artisti di Torino nel '22 con un

Doppio

Quintetto

la cui progressiva maturità artistica era stata

notata dalla critica, egli si dedicò ad alcune compo­

sizioni per pochi strumenti o per voce e pianoforte.

Aggraziati e convinti ci appaiono i

Quattro canti su

antichi testi napoletani,

ricchi di cantabilità e dominati

da una freschezza tutta italiana i

Quattro Strambotti del

Giustiniani

e, amorosa e contemplativa, la lauda Di'...

Maria dolce

su testo del Dominici. Nella

Partita

('26)

composizione dominata da grande nobiltà di stile, il

Ghedini ha degnamente presentato le sue qualità di

compositore e di musicista colto e sapiente. Attra­

verso il

Concerto Grosso ('27)

ed il

Concerto a Cinque

('30) si affina l’elaborazione

co.ma^

puntistica e si

afferma il drammatismo strumentale e coloristico

che rimarrà una delle pregevoli caratteristiche del­

l’arte sua. Alla

Lectio Libri Sapientiae

presentata con

unanime consenso di critica al Festival di Venezia del

193S, seguì

Architetture

('40) considerato il vero

exploit

del Ghedini. Questa composizione, considerata un con­

certo per orchestra, è comprensiva di sette movimenti

che trovano la loro ragion d’essere nel contrappunto

inteso legge suprema. Nessun tema determinato è alla

base di questa composizione, ma solo un insieme di

cellule musicali che sembrano talora sorgere per un

singolare processo. Sotto il segno dello strumentale

cinque-secentesco, quasi devoto omaggio ai suoi grandi

« parentes * Frescobaldi, Monteverdi e i Gabrieli, sor­

sero nel *48 le

Canzoni per Orchestra

a cui seguì im­

provviso e tragico l'invito a scrivere il

Concerto

f'n-

nehre

111 memoria del partigiano cunecse Duccio Ga­

limberti. Il

Concerto dell'Albatro

(*45) sensibile acco­

stamento a vari momenti ispirativi precedenti, inizia

la serie di concerti ispirati ad immagini idilliache e

fantastiche. Al

Belprato,

primaverile e rustica sin­

fonia, seguivano la breve

Musica Xottuma, l'Alderina

ed

II Rosero.

Questi lavori sono da far risalire alla

migliore maniera del Ghedini, poiché l’ispirazione

sorge, come per altre notevoli composizioni prece­

denti, non da uno voluto schema formale, ma da

convinta e fervida inventiva. Tali concerti, che il

maestro chiama « stagionali », io penserei piuttosto im­

maginosi e fantastici quasi meditazione e sviluppo di

un intimo

pathos.

Singolare è qui infatti la posizione

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