

PAS S EGG I ATE
TO R I NE S I
D I G I O L I T T I
di G U I D O Z A N O T T I
Quel tratto di portici del corso Vittorio Ema
nuele
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che è compreso tra il corso re Umberto e
la piazza Carlo Felice, dal lato sinistro per chi è
avviato verso la detta piazza, era il percorso preferito
da Giovanni Giolitti, durante i suoi soggiorni torinesi,
per la sua passeggiata serale in compagnia di suoi
amici. L’illustre uomo di Stato, quando giungeva a
Torino, scendeva d'abitudine a ll’albergo Bologna che
allora, parlo di qualche decina d’anni fa, portava la
denominazione in lingua francese di: Grand Hotel
Ville et Bologne. L’arrivo di Giovanni Giolitti era di
solito preannunciato dai giornali cittadini. Ed ecco
un mio ricordo personale, Ero allora un imberbe
studentello, ammiratore, a parte ogni considerazione
politica, dell’illustre parlamentare; e conoscendo l’ora
che presso a poco il Giolitti era uso a compiere la sua
passeggiata (fra le nove e le dieci di sera) mi mettevo
a volte sul suo percorso, a discretissima distanza, per
poterlo vedere a mio agio. Ebbi quindi campo di
osservare sovente la sua caratteristica figura, le sue
mosse, i suoi gesti, e mai ebbi a pentirmi di quella
innocente curiosità; ancora oggi ho ben disegnata
negli occhi e nella mente la figura di quell'illustre
uomo di Stato.
L ’epoca di quelle mie peregrinazioni si aggira tra
il
1906
ed il
1909
, quando il Giolitti, presidente del
Consiglio dei ministri del suo più lungo ministero, era
già al suo sessantacinquesimo anno di età (era naro a
Mondovì il
27
ottobre
1842
). Chi, non conoscendolo,
lo incontrasse per la prima volta poteva giudicarlo, a
prima vista, il perfetto tipo del gentiluomo di pro
vincia. Di alta statura, eretto nel portamento, fisio-
k-
f
« * V I
GIOVANNI GIOLITTI
nomia aperta, sguardo severo, ma non accigliato;
occhi vivissimi, penetranti, d’un color grigio metal
lico. Durante la buona stagione, e cioè quando non
indossava il cappotto, lo si poteva vedere nel suo ca
ratteristico abito grigio a lunghe falde a cui egli sem
pre rimase fedele, una specie di
tight
inglese che in
vece di essere attillato era piuttosto ampio e cascante,
il famoso «
palamidone
»; portava il doppio candido
solino inamidato assai largo con cravatta nera a nodo
di farfalla. Con la mano sinistra impugnava l'insepa
rabile bastone da passeggio che teneva al di sotto del
manico, un po’ sollevato da terra. Con moderato mo
vimento del braccio destro accompagnava la sua con
versazione. Portava un cappello di feltro grigio floscio
a larga tesa, con la fenditura, chiamato « lobbia ».
Per chi non ricordasse, la denominazione di « lob
bia» fu data a quel copricapo perchè il primo ad
usarlo in Italia fu l’onorevole Cristiano Lobbia, di
Asiago, deputato al Parlamento negli anni a ll’incirca
tra il
1872
ed il
1876
. Il deputato Lobbia aveva
acquistaro una speciale notorietà
per due
cose, la pri