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Il

fuoco sotto i colpi dell'acqua mugghiava, si ri­

bellava. ma i vigili non gli davano tregua.

I pompieri erano più tenaci del fuoco, sono i ca­

valieri delle fiamme che lanciati alla carica non si

fermano, se non hanno prima dominato il dio Vul­

cano.

Quella notte Torino, sembrava Roma di Nerone;

altri distaccamenti eli pompieri dovette accorrere in

corso Racconigi; una segheria bruciava minaccian­

do un asilo confinante, altri distaccamenti corre­

vano nella notte triste illuminata dai bagliori delle

case in fiamme: via Rogetti, corso Callileo Ferraris,

via Talucchi, corso

Oporto.

ecc. era un affannoso

correre per spegnere e soccorrere la popolazione in

pericolo.

Con la notte del

18

novembre

1942

, si era aperta

la serie della grande e tragica danza della distru­

zione.

Come tutte le belle città d'Italia. Torino, la sim­

metrica e moderna Torino, dovette subire delle gran­

ili ferite di guerra; imponenti edifici bruciarono, ed

ancora oggi si possono vedere delle case, che con le

loro finestre senza imposte, guardano come orbite

vuote il cielo.

La notte del

20

novembre

1942

. Torino subisci*

l'undicesimo bombardamento, oltre le bombe dirom­

penti e grappoli di spezzoni caddero sulle case e

sugli stabilimenti della città.

Corso Peschiera si era trasformato in una enor­

me torcia, dappertutto bruciava; corso Vittorio Ema­

nuele. via Duchessa Jolanda, via Villafanca, via C i­

gna. via Lev ni. il teatro Smeraldo. ecc. Torino sem­

brava un enorme braciere.

Fu una notte d’inferno per i vigili del fuoco, le

chiamate telefoniche al comando e alle sezioni stac­

cate non finivano mai. pareva che Torino stesse su­

bendo il famoso incendio di Londra.

\ vedere i jwmpieri lanciati nelle fiamme, faceva

stringere il cuore, li si vedeva a cavalcioni sui da­

vanzali delle finestre in fiamme o camminare sui

cornicioni, scavalcare balconi, tutto senza parlare,

senza indietreggiare di un passo, colpi d’accetta

schiantavano le travi per circoscrivere il fuoco, bal­

zavano dentro la mischia mentre le fiamme ruggi­

vano. si divincolavano fra gli getti d’acqua incro­

ciati in tutte le direzioni sul nemico.

Avanzavano i vigili a jìalmo a palmo, diritti al

cuore dell’incendio per sopraffarlo.

II

28

novembre altra incursioni* con minori in­

cendi. ma sempre necessaria e urgente l'opera dei

pompieri, che alle volte si mutano in infermieri di

pronto soccorso, con la stessa abnegazione; così pure

fecero nell'incursione del

30

novembre.

L ’8 dicembre

1942

. fu uno dei più terribili bom­

bardamenti spietati, senza obiettivo, direi terroristi­

co. Le bombe caddero sulla città come grandine, la

metropoli indifesa insaccava esplosivi di tutte le spe­

cie, le case crollavano, altre come torce ardevano

nella notte fredda e chiara.

Quella notte, che dico? Tutte le notti i pompie­

ri non ebbero un minuto di sosta, le loro autopompe

correvano fra le macerie, rischiarate dalle fiamme

che trionfali danzavano come folletti dentro le case

e si affacciavano dalle finestre, sui tetti, dai balconi,

dalle porte come fantasmi diabolici.

Il

telefono della caserma dei pompieri, quella

notte, non cessava di trillare, voci angosciose chia­

mavano aiuto perchè la casa bruciava e la fabbrica

era in fiamme.

Le telefonate erano assillanti da tutti gli angoli

della città; « su correte, una casa di via Sacchi bru­

cia. l’istituto dei Salesiani pure, c’è fuoco in corso

Vinzaglio, corso Dante, via Pallamaglio, corso Opor­

to, al teatro Alfieri, al cinema Massimo, in via Du­

chessa Jolanda » e via, via, sembra che un moderno

Nerone vendicativo si fosse divertito ad incendiare

tutta la città.

1

vigili non avevano tempo di spegnere un fuoco

che un altro divampava, era ui

enza sosta,

dente per dente; non erano più i pompieri, ma un plo­

tone ili uomini coraggiosi che combattevano accanita-

mente contro un nemico spietato, che travolge, an­

nienta e polverizza.

Eccoli, gli eroi pompieri, dai volti bruni, impas­

sibili, che avanzano dinanzi alla valanga rossa, cir­

confusa di fumo nero, denso e soffocante; la pioggia

delle faville brucia la carne, è un’atmosfera; arroven­

tata. irrespirabile, che impedisce il loro cammino ed il

loro respiro.

I

pompieri avanzano, non senza indietreggiare

di un passo, devono salvare, salvare le case dei citta­

dini. Sono meravigliosi questi uomini nella lotta;

titanici e insuperabili dinanzi allo spettacolo impres­

sionante del fuoco che divora tutto e fa crollare i

tetti, mentre le travi gementi, come fossero cose vive,

si piegano nel vuoto.

La lotta bene organizzata funzionava, nuclei di

pompieri avanzavano coraggiosamente su per le scale,

come scoiattoli, verso l’inferno, impugnando lance

che vomitavano acqua.

Ma alle volte le condutture per guasti subiti dai

bombardamenti non funzionavano, allora dovevano

mettere in azione le autobotti o riserve di fortuna.

Per tutta quella notte, la lotta contro gli incendi

continuò con eguale durezza da sembrare eterna.

Gli uomini erano irriconoscibili, sembravano usci­

ti freschi, freschi dal Congo belga, tanto erano affu­

micati, vi erano anche dei pompieri feriti.

Dopo l'8 dicembre vi fu un periodo quasi di

sosta; nel bombardamento del

9

dicembre

1942

e

*9