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del

4

febbraio

1943

, gli incendi furono lini'tati c

circoscritti mentre le bombe dirompenti seminavano

morte e distruzione.

Man mano elu* si avanzava

1

estate del

1943

. pare­

va che qualcosa di terribile minacciasse la capitale pie­

montese; aiili alleati interessava distruggere le grandi

fabbriche torinesi, interessava anche bombardale e

bruciare le case degli italiani |X'r sconvolgere la

vita e portare al più presto fine la guerra.

Siamo in piena estate, luglio con i raggi luminosi

metteva in mostra le grandi ferite della città; le

notti erano serene e stellate, ma quelle stelle e quel

sereno erano la preoccupazione dei torinesi, avreb­

bero preferito che la città fosse stata avvolta in una

nebbia oscura, sia di notte che di giorno.

Ma luglio è luglio, le stagioni non conoscono le

preoccupazioni degli uomini.

1

13

luglio le sirene ululano nella notte stellata,

il loro ululato pare un grido lacerante di morte, non

era la voce del lavoro che veniva dalla grande offi­

cina. no; era solo un grido disperato che metteva

brividi di terrore e faceva salire il cuore in gola an­

che ai più coraggiosi.

1

pompieri erano li, pronti sul campii del dovere,

impugnando l’accetta, l’arma utile alla battaglia che

l’attendeva.

Da lontano si udiva il rullare dei motori da bom­

bardamento. rumore che si avvicina sempre più sulla

città martire.

Dopo pochi minuti si odono tenibili boati, tonfi,

la terra trema, le case vacillano e parecchie crolla­

no, gli aeroplani nemici da bombardamento incu­

ranti della poca, difesa antiaerea, continuano a rul­

lare e vuotano l’enorme carico micidiale su le case

dei torinesi.

Migliaia di spezzoni incendiari piovevano dal

cielo, come sciame di enormi insetti, dovunque toc­

cavano bruciava seminando terrore.

<- Torino arde, brucia, è una sola fiamma, è un

forno, accorrete vigili del fuoco ».

Dalla caserma di corso Regina Margherita, par­

tivano distaccamenti, come pure dagli altri depositi.

Ci avrebbero voluto non

1500

pompieri, ma un

corpo d’armata di vigili del fuoco.

Le autopompe correvano per le vie della città

illuminata a giorno; dai tetti uscivano lingue di

fuocr. dalle finestre le fiamme si affacciavano, dan­

zavano sconnessamente nella loro folle distruggitrice.

I

palazzi armoniosi di piazza S. Carlo bruciano,

anche alcune case di via Roma, di via Santa Teresa,

via Alfieri che in un tratto pare l’inferno. Le f i n i ­

rne divorano palazzi antichi, con tutte le loro bel­

lezze. case modeste, il fuoco non ebbe risoetto per

nessuno, non ebbe pietà, era assetato di distruzione

e di cenere.

Per i pompieri quella è stata la notte del ballo

di S. Vito.

Si lanciarono contro dio Vulcano con tutto ardi­

mento. senza paura, su per le scale sospese nel

vuoto vertiginoso, con le pompe in mano affronta­

vano le fiamme che signoreggiavano nella triste not­

ti* di luglio.

Quella notte i vigili del fuoco parevano degli eroi

mitologici, in pieno combattimento contro un nemico

agguerrito e forte.

In via Po. la via più romantica di Torino, alcuni

palazzi parevano torce roventi che illuminavano il

cielo.

La Manifattura dei Tabacchi bruciava, in piazza

Solferino alcune case lanciavano lingue di fuoco,

compreso il teatro Alfieri, in corso Giulio Cesare,

corso Palermo, via Mazzini, via Chiesa della Salute,

corso Francia, via Nizza, corso Orbassano, ecc. tanti

fabbricati vomitavano fuoco, la città sembrava un

vulcano in piena eruzione.

I

pompieri non tacevano a tempo di spegnere il

fuoco di una casa, che dovevano correre in una fab­

brica e dalla fabbrica ad un’altra casa.

Era un carosello tragico che pareva eterno, dal

centro alla periferia. la città sembrava un fiume di

fiamme.

In quella notte tragica il vigile Morello, mentre

prestava la sua eroica opera, lascia la vita da com­

battente. Dio! Dio! Quanta distruzione, quanto fuo­

co. quanti morti!

10 credo che il

13

luglio

1943

è stato il più ter­

ribile bombardamento a spezzoni incendiari su

Torino.

Per

24

ore i vigili del fuoco non dormirono, pa­

revano uomini fatti d’acciaio, veramente lo erano,

nerchè lottarono notte e giorno contro il loro nemico

dando nrova di un corappio incomnarabile. degni di

essere chiamati eroi del fuoco e furono eroi senza

enfasi e retorica.

Si erano da poco spenti i fuochi del

13

luplio

ed ecco l’8 aposto

1943

. pii avvoltoi della morte tor­

narono a continuare l’opera distruggitrice con le loro

micce incendiarie.

Altri incendi, altre vittime, tante case che erano

state risparmiate il

13

luplio, ora bruciavano in v«a

Accademia Albertina, via Rertola. via Luisa del Car-

«

retto, corso S. Maurizio, anche la bella Riblioteca

Civica viene distrutta ed un’ala dell'istituto del Cot-

tolengo.

I

iximoieri sono di nuovo alle presi* con il fuoco,

il quali* sembra divertirsi di loro.

11

13

aposto altra incursione con piaggia di spez­

zoni incend ali; qualche sozzone cade su Palazzo

Madama, che subito viene soffocato dai vigili del

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