

/.ma raggiunsi* tale virtù interpretativa che Alessandro
Dumas tiglio, il quale assisteva alla rappresentazione,
>ali sui palcoscenico per conoscerla ed esprimerle la stia
ammira/ione. (ìiacinta aveva allora ventidue anni.
I.a figura della Pezzana di quell’epoca ci viene così
descritta da Vittorio Bersezio: »Alta, stecchita, magra
tanto da non lasciar supporre che si sarebbe poi cosi
Itene imiMTsonata, con le lunghe braccia dai movimenti
ad angoli invece che a curve, un grosso arruffio di ca
lcili neri, riccioluti, ribelli, sopra un capo energico, sotto
una fronte convessa, affondati due diavoli d'occhi scuri
che mandavano faville, una bocca ben disegnata, e
labbra carnose, rosse come il carminio, da cui usciva
una voce di risonanza argentina, vibrante, dolce e ro
busta, una melodia che da sè sola vi accarezzava gli
orecchi e il cuore; un complesso che svegliava l’atten
zione e che vi faceva dire quella non essere una persona
come tutte le altre, da quegli occhi raggiare un'anima
non uguale al volgare, in quella voce palpitare un cuore
riboccante di passione ».
Durante la permanenza nella Compagnia Dondini
(liacinta Pezzana si sposò con il conte Luigi Gualtieri,
Duca d Atene, romanziere e commediografo assai noto
.1 quell'ejxK-a e che essa aveva conosciuto quando ancora
>i trovava nella Compagnia Toselli. Il Gualtieri era
autore fra l'altro di un dramma intitolato •<Silvio Pel
lico », dal quale la Pezzana sempre ritenne che Gerolamo
Kovetta avesse tratto lo spunto j>er il suo « Romanti-
nsmo ». Quando « Romanticismo » era in cartello la
Pezzana soleva dire: «Questa sera si recita “ Roman
ticismo ” di Rovetta, tolto dal “ Silvio Pellico ” di Guai
fieri ». Perchè non si dicesse che essa sposava il Gual
tieri per i suoi titoli nobiliari aveva fatto includere nel
contratto di nozze che non accettava i titoli di suo ma
rito. Asseriva inoltre che quel ducato di Atene non le
pareva di buon augurio pensando a quel Duca d’Atene
che era stato cacciato da Firenze. Quelle nozze, dalle
quali nacque una bambina, non furono felici; alcuni
anni dopo i coniugi si separarono di comune accordo.
Non ci è possibile qui enumerare tutti gli allori che
la Pezzana raccolse a cominciare dal giorno che entrò
a far parte della Compagnia Dondini. Nell’anno 1872 —
e cioè in meno di nove anni
essa aveva già raggiunto
la celebrità e la sua fama aveva oltrepassato i confini
della Patria. Nelle numerose compagnie drammatiche
cui la Pezzana successivamente si associò ebbe sempre
al suo fianco i più grandi attori della sua epoca fra i quali
sono da ricordare Luigi Hellotti Bon, Emesto Rossi,
Cesare Rossi, Luigi Monti, Achille Vitti. Giovanni
Kmanuel. Attrice proteiforme aveva un repertorio va
stissimo, dalla commedia al dramma e alla tragedia e
jh t c ì ò
Goldoni, Ferrari, Toselli, Cossa, Giacosa, Giaco-
metti, Dumas, Shakespeare, Alfieri, Schiller, Sardou,
Legouvé, Augier, ecc. I lavori dove essa più eccelse
furono: Messalina, Medea, Mirra, Lucrezia Borgia,
Adriana Lecouvreur, Amore senza stima, Suicidio,
( ause «il effetti. Fratello d’armi. La signora dalle ca
melie. Fernanda, Teresa Raquin, Fedora. Fu la sola
attrice italiana — a tutt’oggi — che abbia impersonato
I " Amleto.. Si recò a recitare in Ftancia, in Russia,
in Romania, in Egitto e neH’America Meridionale. A
Hukarest fu ricevuta dalla Regina Elisabetta (Carmen
Sylva) e a Rio de Janeiro da Don Pedro II Imperatore
del Brasile. A Montevideo diede marito alla figlia, che
fino allora l’aveva sempre seguita nelle sue peregrina
zioni.
Dove la sua arte nfuLse con particolare grandezza
fu nella «Teresa Raquin », dramma tolto dall’omonimo
romanzo di Emilio Zola, che la Pezzana tenne sempre
Giacinta Pi
nel suo repertorio. Essa recitò per la prima volta il
dramma zoliano al «Teatro dei Fiorentini » a Napoli,
con Cesare Rossi, nell’anno 1879. Faceva parte della
Compagnia una giovano attrice che la Pezzana aveva
preso a benvolere e verso la quale si prodigava in con
sigli ed insegnamenti. Volle che in quel dramma fosse
affidata alla sua protetta la parte di attrice giovane.
Quell’attrice, fino allora ignota, era Eleonora Duse. Il
successo della «Teresa Raquin » fu grande, immenso e
lo fu anche per merito della Duse; la Pezzana contava
allora trentotto anni, la Duse ventuno. A parere con
corde di critici d’arte e di attori la Pezzana fu per la
Duse la sua prima e sola maestra. In certi atteggiamenti,
in certe modulazioni della voce la Duse ricordava la
nostra illustre concittadina. Si racconta che la Pieri —
notissima attrice del nostro teatro — nel 1885 udendo
per la prima volta la Duse al Carcano di Milano, appena
la senti recitare esclamò: «Oh! la Giacinta!».
Ahimè, la Pezzana non era come amministratrice
delle sue economie altrettanto accorta come lo era per
l’arte. Anzi! Aveva prodigato e prodigava il suo denaro
in errate speculazioni. Spese un patrimonio per la crea
zione di un teatro di educazione popolare a Roma, che
falli in pieno. Nè esercitava controllo sulle copiose ele
mosine che elargiva. I compagni d’arte mai invano si
rivolgevano a lei nel bisogno; e sovvenzionava una in
finità di miseri e di diseredati dalla fortuna. Il ricordo
delle sofferenze che essa aveva subito nella giovinezza
e delle lotte sostenute in casa sua contro l’inferno della
miseria e dei patimenti, aveva dotato il suo cuore di
molta comprensione e pietà per gli umili. Purtroppo
assai spesso le sue elemosine non andavano a giusto
segno. Molti erano i parassiti che approfittavano della
sua generosità; a Milano, per esempio, essa soccorreva
spesso un Tizio che diceva d’essere disoccupato e d’avere
mogiie e figli nella più nera miseria. VoUe la Pezzana
un giorno vedere personalmente come viveva il suo
beneficato e si recò alla sua abitazione; ivi
Io sorprese
con
la moglie e
i
figlioletti tutti a tavola; e sulla tavola