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troneggiava un gran fiasco di vino e non vi mancavano

nè la minestra, nè il pane, nè la pietanza. La nostra

Giacinta prese la cosa con spirito asserendo che quel

Tizio, infine, era anche lui un brav o artista perchè aveva

recitato bene la parte deU’affamato.

La nostra grande attrice era di un'attività instanca­

bile. Pur tra lo studio delle parti e le preoccupazioni

della sua professione trovò il tempo per formarsi una

larga cultura. Apprese anche il francese e lo spagnolo,

che parlava e scriveva correttamente (a Buenos Ayres

recitò la «Teresa Raquin » in spagnolo).

Dal 1886 al 1896 si ritirò temporaneamente dalle

scene; dieci anni di riposo che trascorse in una casetta

di sua proprietà ad Acicastello, piccolo e ridente borgo

presso Catania. Là trovò il suo rifugio; la poesia del

luogo era riposo al suo spirito ed alle sue fatiche. Dopo

la decennale parentesi si recò a Torino dove per un

certo tempo diresse una scuola di recitazione in dialetto

piemontese; passò in seguito al Politeama Gerbino a

riprendere la recitazione in italiano con la Compagnia

del «Teatro d’Arte ».

Gabriele d’Annunzio quando era in trattative con

la Compagnia Talli-Gramatica-Calabresi per la rappre­

sentazione della « Figlia di Jorio », invitò la Pezzana

perchè interpretasse il personaggio di Candia della

Leonessa, la madre di Aligi. Le trattative furono assai

laboriose, e malgrado le insistenze di d’Annunzio, di

Virgilio Talli e di Marco Praga, non approdarono a buon

fine, pare per divergenze di carattere economico. La

parte di Candia venne poi affidata a Teresa Franchini.

Dopo una permanenza nella Compagnia Stabile del

Teatro Argentina di Roma, la Pezzana ritornò nel Sud

America ove compì un nuovo giro trionfale di recite.

Dall’Argentina passò neH'Uruguai. A Montevideo ri­

vide la figlia sposata e conobbe i nipotini; nella stessa

città le venne affidata dal Governo iocale la direzione

del Teatro Colon. Pareva in un primo tempo che Gia­

cinta Pezzana non intendesse più fare ritorno in Italia,

invece, presa dalla nostalgia della Patria, vi ritornò

nel 1914, nel quale anno venne a Torino, e fu l’ultima

sua permanenza nella città natale, ne ripartì dopo un

mese per Roma per interpretare sullo schermo la «Te­

resa Raquin ».

Allo scoppio della prima guerra mondiale essa fece

ritorno nel suo rifugio di Acicastello e di là più non si

mosse. Vi mori il 4 novembre 1919. Era nel settantot-

tesimo anno di età.

La gloria degli artisti illustri sopravvive presso i

posteri per le opere che essi lasciano; non così invece

è per gli attori drammatici. Dell’arte interpretativa di

questi ultimi non rimane che il ricordo nei loro contem­

poranei, alle cui testimonianze la posterità deve ricor­

rere per ravvivarne la gloriosa memoria.

La nostra concittadina Giacinta Pezzana fu — dopo

Adelaide Ristori — la più grande attrice drammatica

che abbia onorato il teatro italiano di prosa.

La sua salma riposa nel piccolo cimitero di Acica­

stello. Le incerte notizie che avevo sullo stato di con­

servazione della sua tomba, mi suggerirono di rivol­

germi direttamente al Sindaco di quel Comune per

avere più esatte informazioni. Il Sindaco di Acicastello

aderendo alla mia richiesta molto gentilmente mi ri­

spose quanto segue:

La signora Giacinta Pezzana è ricordata ai posteri

con una degna tomba di pietra lavica lavorata nel ci­

mitero e con un busto marmoreo in questa Piazza Ca­

stello. Sulla tomba, a caratteri d’oro, vi è scritto:

G I AC I NT A P E Z Z A NA

n a t a a T o r in o x x i x - i - m d c c c x l i

m o r t a in A c i c a s t e l l o iv - x i-m c m x ix

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