

Artigiani locali lavoravano por loro conto ferro in
cooperativa, dopo aver estratto il minerale die non
poteva uscire dai confini di lirosso se non lavorato e
trasformato in attrezzi o impiegato in open* edilizie.
Varie e pregevoli opere di artigianato artistico restano
in Brosso e dintorni a testimoniare l'estro e l’operosità
di quei bravi valligiani.
Verso il
1.X70
gli Sclopis di Salerano acquistarono le
miniere occupando parecchie centinaia di operai e fonda
rono a Torino una fiorente industria chimica per la pro
duzione dell'acido solforico e dei suoi derivati. Le mi
niere sono attualmente di proprietà «Iella Società Mon
tecatini e dalle piriti che vi vengono estratte si otten
gono acido solforico, ferro e concimi chimici.
Nei pressi di Brosso è anche in attività una cava di
granito dalla quale si traggono specialmente dei bloc
chetti che trovano largo impiego nelle pavimentazioni
stradali.
I
valbrossesi sono tempre di esperti e gagliardi mi
natori i quali, oltreché nei cantieri del paese natio ab
battono rocce, perforano gallerie ed estraggono mine
rali in tutte le regioni italiane nelle quali vi sono gia
cimenti e si spinsero nelle più svariate località di tutti
i continenti, ovunque ricercati ed apprezzati per la loro
capacità professionale e per la loro operosità. Con la
generica qualifica di minatori si comprendono anche i
non pochi oriundi di Brosso che si distinsero e si di
stinguono nella tecnica e nell'arte mineraria diventando
capi e dirigenti di importanti industrie estrattive. Basti
ricordare il Dott. Ing. Delfino Vola-Gera, direttore cen
trale della " Montecatini »e fondatore e primo presidente
dell’Associazione Nazionale Anziani.
Nell’ormai rarissimo opuscolo « Brosso e la Val Chili-
sella » (Stab. Tipografico G. Jacquemond e tigli, Ales
sandria, 1907), il prof. Antonio Bobbio, dopo aver de
scritto la dura vita del minatore, cosi conchiude:
«... avanti a questo umile, oscuro eroe del più faticoso,
pericoloso e fecondo lavoro s’inchini e mediti tanto chi
divide con lui le fatiche e gli stenti della vita, quanto
chi ne trae lucri e godimenti; tanto colui per il «piale,
come con la sua jierspicace acutezza filosofica, osserva il
Manzoni, la vita è un peso, quanto colui per il quale è
una festa, mentre dovrebbe essere una missione, un
compito, un dovere di cui ciascuno dovrà rendere stret
tissimo conto ».
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tempi sono cambiati, le miniere sono state moder
namente attrezzate ed il lavoro degli operai addetti
(che godono di molteplici provvidenze) è molto meno
pericoloso di una volta. Sta di fatto però che il nome
di Brosso Canavese è sinonimo di lavori sotterranei ed
evoca sempre il nome dei minatori di cui questa terra
generosa è stata ed è feconda matrice.
Brosso offre anche un notevole interesse folclori
stico che si estrinseca fra l’altro nei tipici costumi delle
sue donne e nelle caratteristiche manifestazioni che si
svolgono ogni anno a ferragosto, il giorno della Nati
vità di Maria V. ed il 29 settembre, in occasione della
festa patronale di S. Michele.
Sul far del giorno un corteo preceduto da un ben
affiatato complesso musicale (poiché i valbrossesi sono
quasi tutti appassionati di musica), accompagna i gio
vani «abbà » alla casa delle «priore » che se li sono
scelti e che sono state a loro volta nominate dall’ammi-
nistrazione della chiesa. Le fiorenti ragazze li attendono
tutte agghindate a festa (nel corso della giornata cam-
bieranno parecchie volte il vestito) ed offrono una cio
tola colma di buon vino che tutti i convenuti dovranno
successivamente tracannare.
Talvolta, ma non sempre, gli «abbà» e le «priore»
sono o saranno fidanzati e, dopo le rituali e fraterne li
bagioni si recano, ancora in corteo, nella solitaria e do
minante chiesetta per la cerimonia religiosa che è rego
lata da un lungo p romplicato cerimoniale. Seguono un
pranzo luculliano, concerti, canti e balli che si protrag
gono sino a tarda notte ed ai quali partecipa l’intera
popolazione.