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R E C E N S I O N I

QUANDO NON SI ASPETTA PIÙ1

di Enzo Fedeli.

Ediz. Superga, Torino.

Dice l’A. che

• questa storia è vera. Ogni capitolo riporta

fedelmente la narrazione e il pensiero del protagonista. Le

generalità delle persone che appaiono nell’esposizione sono

state mutate e qualsiasi coincidenza con nomi e cognomi

di persone menti o decedute non potrebbe essere che

casuale

». Pare infatti che Enzo Fedeli abbia conosciuto

casualmente due anni or sono un vecchio ottantenne, solo

e in miseria: Antonino Rossi, vice-prefetto a riposo del­

l'antico regno d'Italia; ne ebbe numerose confidenze per­

sonali. nelle quali credette scorgere altrettante lezioni di

umana saggezza; allorquando il protagonista morì egli le

raccolse in questo volume agile nella veste e nel testo,

efficacemente illustrato dal pennello di Felice Vellan.

Nel titolo è già rutto Io spirito dell’operetta, che si

risolve praticamente in una critica spesso satirica ai tempi

odierni, attraverso « una serie di interviste circa le passioni

e i problemi che tormentano l’umanità contemporanea, di

raffronti tra il mondo di ieri e quello di oggi ». Il vecchio

vice-prefetto è un pensionato, un solitario che non ha più

nulla e nessuno, che è giunto veramente al punto in cui

« non si aspetta più »; eppure la sua amarezza non è scevra

di serenità, e crediamo sia proprio questo equilibrio di

pensiero e di parola a fare accettare certe sue scottanti

verità anche a chi le respingerebbe senza dubbio se pre­

sentate sotto forma apertamente polemica, da qualunque

parte esse provenissero.

Siamo d'accordo, si tratta di verità vecchie come il

mondo, a ben pensarci (anche se l’A. dichiara di essere

nostalgico « di decoro, di ordine, di reciproco rispetto, di

schiene avvitate », ma quelle sono appunto cose che si

trovano in tempi normali e scarseggiano invece in quelli

di transizione, e sempre i galantuomini le desiderano);

tuttavia appunto per quel loro tono dignitoso, educato e

volutamente calmo anche nello sfogo, esse acquistano un

sapore umano di universale esperienza in cui

i

il maggior

pregio di queste pagine, tra l'altro scritte con garbo

narrativo.

Basterà citare due episodi, quello della raggiunta pen­

sione per limiti di età («d ’ora in poi, chi ti vuole, chi ti

conosce? Sei un rudere »), e quello della giovane peripa­

tetica salvata dalla prigione, che mentre lui crede di redi­

merla lo deruba e fugge insultandolo, per comprendere

come rimpianti e recriminazioni siano sempre e comunque

presentati attraverso suggestive scenette,

volta a volta

pa­

tetiche o maliziose, tali

da

rompere

la inevitabile

mono­

3

*

tonia del soggetto a tesi. Il finale è la lettera di addio,

scritta in punto di mone a Fedeli, e da questi letta oltre

un mese dopo: «

Questa mattina è venuto il prete. Non

l'ho chiamato io; è stata la portinaia. E così la portinaia,

un essere che a me non dice niente e che per me non

nutre alcun particolare sentimento, mi ha recato forse il

servizio migliore ch’io abbia ricevuto in tutta la vita

».

Nella rivelazione che «

tutto

è

opera di Dio, che tutto

regola con saggezza infinita; per non precipitare nella di­

sperazione. bisogna credere in Lui

», e con la profezia «

i

colpi ingiusti che stai ricevendo non saranno gli ultimi.

Avrai ancora sconfitte e vittorie finché vivrai. E dopo ogni

tutoria ti parrà per un attimo di aver compiuto un pasto

decisivo; e dopo ogni sconfitta, specialmente se immeritata,

ti

sembrerà di non poterti più rialzare. Errore, sempre er­

rore. Vincerai e con la stessa vittoria avrai le premesse di

una sconfitta; cadrai nella polvere e con lo stesso rovescio

creerai le premesse di una vittoria

», si chiude la lunga

vita di queU'essere probo, che avrà ora finalmente l’unico

conforto vero e duraturo alle sofferenze inflittegli dal pros­

simo alla solitudine di scapolo irreducibile volontariamente

subita.

UN DUELLO PER L'ITALIA

di Alberto Amante.

Edi­

zione Superga, Torino.

£ la storia del famoso scontro avvenuto il 14 agosto 1897

a Parigi tra Vittorio Emanuele di Savoia-Aosta, conte di

Torino, ed Henry d'Orlèans autore di un articolo profon­

damente offensivo pei i nostri eroici soldati, dopo la scon­

fìtta di Adua, inviato dall'Etiopia e pubblicato sul quoti­

diano « Le Figaro ». Alberto Amante (già autore del primo

volumetto di questa «Collana di figure Sabaude » dedicato

a Luigi duca degli Abruzzi, nonché di altre pregevoli opere

di carattere storico), rievoca tuttavia la vicenda inquadran­

dola nella giusta luce dell'epoca, non come un isolato epi­

sodio patriottico, ma come una pagina di storia efficace­

mente inserir» nel più lungo capitolo di storia cui di fatto

appartiene. Ne risulta cosi un lavoro particolarmente inte­

ressante, tale da non costituire soltanto l’unica biografia

del moderno «Conte Bianco » — come l’A. definisce colui

che fu brillante « lanciere di Novara », oltreché « dragone

di Nizza » e di Savoia, e « cavalleggiere di Roma », a se­

conda dei reggimenti di cavalleria cui appartenne — ma

anche un apprezzabile contributo alla storia militare e

politica del nostro Paese.

E A.