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massa della cittadinanza, hanno una strana caratte­

ristica: di essere pressoché unanimi a seconda delle

categorie di persone verso cui è diretta l'attenzione.

Categorie che sono indicate nel titolo di questa

nota.

Verso gli imputati nella questione tutti hanno po­

tuto rilevare un diffuso senso di pena. Pena che ha

superato, quasi soffocato, lo sdegno, che pure è legit­

timo. Reato, sì; condanna, sì; ma, in fondo, quale

disgraziata situazione; che cosa brutta essersi ridotti a

commettere un simile fallo!

La patente d’asino, così palesemente e pubblica­

mente accaparrata da certi studenti, nessuno riuscirà

a toglierla Hanno dimostrato di esserlo al punto da

indurre i genitori a far quel po’ po' di figura per

regalar loro un pezzo di carta che, con le forze

del loro intelletto, ormai non c’era più nessuna spe­

ranza di conquistare! Poveretti; sapranno certamente

condurre una motoretta con un frastuono da 626, o

ballare la samba, o fumare tre scatole di sigarette

in una giornata, ma la loro levatura non avrebbe

mai permesso loro di usare un telemetro o di capire

il teorema di Pitagora e tanto meno che cosa diavolo

sia l’aoristo dei verbi greci. L’impressione del pub­

blico? Commiserazione: ce ne sono tanti di quel

calibro!

La terza categoria di persone che il pubblico ha

dovuto vagliare, è costituita da certi genitori. Indub­

biamente i loro atti non sono andati contro la legge,

altrimenti sarebbero stati puniti: legalmente la loro

azione non si è potuta paragonare al tentativo di

corrompere una guardia che eleva una contravven­

zione, o un doganiere che scopre un pacchetto di

contrabbando, o un finanz'ere che ha rilevato una

irregolarità amministrativa nei registri d'azienda; ma

urta profondamente il senso morale di tutti il vedere

come certe persone possano tranquillamente in pub­

blico, senza arrossire di vergogna, senza nascondersi

il viso dinanzi al lampo di magnesio di un fotore­

porter, ammettere esplicitamente di avere interessato

Tizio o Caio per tentare di

comperare

la promozione

del figlio bocciato, di ammettere (quel che è peggio)

di aver poi denunciato il fatto, perchè hanno trovato

il prezzo troppo caro.

Dal punto di vista morale, dal punto di vista

sociale, questa è una cosa enorme. Hanno denunciato,

non perchè l’atto ha ferito la loro coscienza, ma

perchè ha toccato il loro portafogli!

Troppo caro? Troppo caro pagare alcune centinaia

di migliaia di lire l’uccisione di una coscienza, la

consumazione di un reato così grave quale il dare il

crisma di professionista (o la possibilità di ottenerlo)

a chi non se lo merita?

Questa è la mentalità di chi considera la laurea

o il diploma « un pezzo di carta che non serve a

nulla » e che i titoli di studio non contano perchè

« è la vita che si incarica di selezionare i vincitori dai

vinti ». Ma è una mentalità sfasata. Il successo nella

vita (successo nel senso di far denari) arride spesso

e volentieri a chi non è riuscito nemmeno a superare

le scuole inferiori e non occorre affatto un «pezzo

di carta » per essere intelligenti, o abili, o trionfatori:

ma la fortuna in questi casi la si fa in altri campi, la

si fa come salumai o come rappresentanti di lucido

da scarpe, la si fa mei

al posto procurato

dal portafogli di papà, ma non facendo il professio­

nista.

Perchè, per fare il professionista, ossia poter curare

un malato, costruire un ponte, maneggiare un veleno,

consultare le pandette, commentare le Metamorfosi,

bisogna

sapere,

bisogna avere imparato ciò che si

insegna a scuola. Se non si è imparato è un delitto

esercitare una professione, è un delitto assumersi

tanta responsabilità.

Il

pubblico pertanto, tutto il pubblico, indistinta­

mente, in questa faccenda ha avuto parole di biasimo

proprio verso quei genitori e non perdona loro la

colpa che hanno commesso verso la società, col ten­

tativo di immettere nella vita con una falsa etichetta,

un prodotto svalutato.

Brutta figura come cittadini, brutta figura come

educatori, brutta figura senza attenuanti e per tutti

anche se continueranno ad avere il saluto del porti­

naio e il rispetto del barbiere. Tali gen tori non deb­

bono insegnare ai figli che entrano nella vita appena

ora, che i titoli, i diplomi si ottengono coi biglietti

da mille di papà, insegnino che si conquistano sola­

mente studiando.

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