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« donate » dai nostri « e fu salutato dal nostro

« cannone. Quivi si fermò e non mosse più un

« sol passo in avanti verso Valeggio per tu tta la

« giornata. Ebbene, nonostante la presenza delle

« truppe del gen. Pianell a Monzambano. l’incer-

« tezza della v ittoria dal lato di Custoza e la

« stanchezza d’una parte delle sue truppe, il ne-

« mico non avrebbe tralasciato di tentare una

« puntata su Valeggio, se non avesse scorto trup-

« pe, che forse potè credere fresche e in ta tte »,

in fermo atteggiamento di difesa, in « quel punto

«importantissimo, di contro ai suoi sbocchi di

« M. Vento e di S. Lucia. La vista di quella massa

« d 'artiglieria lassù riunita gli impose un rispetto,

« che per noi fu salu tare » (14).

D’altro canto, per poter prendere l’indomani la

rivincita dell’insuccesso, era necessario tener sal­

damente Valeggio. « Di questa necessità il re Vit-

« torio Emanuele II non solo ebbe visione chiaris-

« sima, ma invitò il suo aiutante di campo, mag-

« giore duca Davide Bonelli Crescenzi, a portare

« l’ordine a tu tti gli ufficiali superiori, che avesse

« incontrato in Valeggio, di tenere ad ogni costo

« questa posizione sotto la loro s tre tta respon-

< sabilità ». Il primo ufficiale, cui pervenne tale

ordine, fu il maggiore dei bersaglieri Giuseppe

Fabri della 3 ‘ div., il quale, benché ferito, gridò

ai suoi uomini: «Avete sentito, ragazzi? Questi

« sono gli ordini del Re. Noi ci faremo tu tti ucci-

« dere, prima di abbandonare il posto ». « Ma. a

« smorzare quell’entusiasmo sopraggiunse > il ge­

nerale Sirtori, « il più elevato in grado di tu tti

« i presenti. Questo generale, che pure aveva dato

« prova a S. Lucia di valore e di abilità, non credè

« di poter eseguire l’ordine. Invano gli si oppose

« l’intrepido col. Bonelli, che, rivelando talento

« militare e fermezza di soldato, dimostrò la ne-

« cessità di tenere Valeggio. La dimostrò anche

« il col. Lombardini » capo di stato maggiore del

I corpo d’armata. S’accese allora una vivacissima

discussione, « nella quale il prode Bonelli si di-

« mostrò più fermo che mai, ma non gli fu pos-

« sibile d’ostinarsi, perchè il gen. Sirtori dette

« ordine alle compagnie del genio di prepararsi a

« distruggere il ponte di Borghetto » (

15

).

Fu

dunque giocoforza sgombrare Valeggio e ripas­

sare il Mincio; e il Bonelli, allontanandosene, vi

lasciò, come si suol dire, il cuore, facendo alla

disciplina, di cui era rigido assertore, il sacrificio

delle sue convinzioni e della sua perspicacia, che

si acuiva nel pericolo e nelle difficoltà.

Per la sua splendida condotta nella giornata

del 24 fu decorato il

6

dicembre 1866 della croce

•14»

Delle vicende ecc..

già citato.

*15)

P o lu o ,

op. cit., pp. 372-374.

di ufficiale dell’Ordine militare di Savoia con una

lusinghiera motivazione, ma il premio fu inade­

guato al suo merito.

Lasciato al termine della campagna il comando

dell’artiglieria del I corpo d 'armata e riassunto

quello del

6

regg., il

22

aprile 1868 fu promosso

maggior generale nello stato maggiore d ’a r t :glie-

ria, nominato comandante territoriale dell'arma

successivamente a Milano, Napoli e Torino e, du­

rante l'assenza del luogoten. gen. cav. Clemente

Deleuse, incaricato di reggere gli uffici di revi­

sione per le contabilità dei corpi e del materiale

d'artiglieria.

Promosso luogotenente generale il 17 maggio

1877, assunse il comando della divisione militare

territoriale di Verona (5', poi 9'). Resse due volte

il dicastero della guerra, la prima dal 24 ottobre

al 19 dicembre 1878 nel primo ministero Cai’o!i,

la seconda dal 14 luglio 1879 al 13 luglio 1880,

durante la seconda e parte della terza ammini­

strazione Cairoli, e

ad interim

quello della ma­

rina dal 14 luglio al 25 novembre 1879, quando

gli subentrò il contramm. Ferdinando Acton. Nel

frattempo era sta to nominato senatore del regno

il 20 novembre 1878 ed aiutante di campo ono­

rario del re Umberto I il 29 dicembre dello ttesso

anno.

Come ministro non potè lasciare per la brevità

del tempo durevoli impronte, ma seppe lasciar

intuire che molto più avrebbe

1

UUU| ut le precarie

condizioni parlamentari gliene avessero lasciato

l’agio, e comunque nessuno forse seppe come lui

farsene un laborioso mestiere, spendendovi tu tto

il suo tempo, tu tto il suo cervello, tu tta la vo­

lontà sua, tu tto se stesso.

Politicamente si mantenne sempre estraneo alle

lotte dei p a rtiti e, se fu ministro col Cairoli, ciò

non significa punto che ne condividesse tu tte

le idee politiche, perchè fu più che altro un « mi­

nistro comandato », anzi si piegò ad accettare il

portafoglio per auguste insistenze (16). Nei mesi

di settembre e di ottobre del 1882, allorché le

provincie venete in genere, Verona in particolare,

furono funestate dalle inondazioni conseguenti

allo straripamento dei fiumi, il Bonelli tenne ad

onore doveroso la direzione delle operazioni di

salvataggio, coadiuvando assai efficacemente nella

luttuosa contingenza il suo comandante di corpo

d’armata, luogoten. gen. Giuseppe PianelL Scevro

d ogni preoccupazione personale, disprezzando fa-

16»

T k i.e s

roto

S a r t i :

Il parlamento italiano nel cin­

quantenario dello Statuto.

Profili e cenni biografici di

tutti i senatori e deputati viventi. Roma. tip. Agosti­

niana. 1898. pp 90-91. Cfr. altresì C

C o rs i:

Italia 1870-

1895

Roux FrassaM e C. Torino. 1890. pp. 280-261 e

263-267

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