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Torino; infatti, oltre che nei «quartieri» IACP, tro-

viamo realizzazioni analoghe nell'edilizia abitativa

di tipo popolare (per esempio le realizzazioni delle

Case per Ferrovieri: Q 4, scheda 14; Q 3, scheda

41), economica (Q 10, scheda 20) e anche di tipo

medio-alto (Crocetta, Q 3, scheda 16; S. Donato,

Q 6, scheda 62).

Nei successivi interventi degli anni Venti, i nu-

clei si diversificano nei tipi e modi costruttivi

— il « Quartiere 15° » IACP (destinato ai dipendenti

delle Tramvie Municipali e sorto in Borgo S.

Paolo) viene ancora organizzato, probabilmente

a causa della conformazione del lotto, secondo

la tipologia intensiva a « casermone » caratteri-

stica del primo periodo

— il « Quartiere 17°» (costruito nel 1929 nella zona

Sud di Torino, vicino ai Poveri Vecchi) dalla

sobria decorazione « stile novecento » ,

è

costitui-

to da quattro blocchi edilizi di 5 piani f.t. allinea-

ti in fregio all'isolato, risvoltati verso l'interno

del lotto per creare visuali passanti e la penetra-

zione alberata all'interno delle case, con gli an-

goli esterni degli edifici spezzati e smussati, e

sottolineati dai bovindi

il « Quartiere 16° » (»Vittorio Veneto » , costruito

nel 1929 su Corso Grosseto) edificato su proget-

to dell'architetto Umbe rto Cuzzi, è un intervento

che non ha altri riscontri a Torino, ispirato alle

Hòfe » viennesi; concepito all'impianto come

autosufficiente nel contesto urbano, era dotato di

servizi autonomi cappella, asilo-nido, pisci-

na, lavatoi e stenditoi, bagni, negozi —, ora

abbandonati a seguito dei servizi esterni conse-

guenti alla urbanizzazione della zona.

Questi «quartieri» si differenziano dai preceden-

ti per la esistenza di servizi di riscaldamento centra-

lizzati e la innovazione delle tecniche costruttive

(solai piani con putrelle in luogo delle volte in mura-

tura).

Il patrimonio edificato negli anni Trenta è carat-

terizzato dalla prevalenza del tipo di « case mini-

me», rispondenti alla unificazione della normativa

nazionale riguardante le tipologie abitati ve e caratte-

rizzata da una drastica riduzione degli standards,

specie per i valori di superficie abitabile; casi esem-

plari a Torino sono la Città Giardino e il Villaggio

Rurale ora 18° gruppo nuclei pianificati a

casette singole o in linea a due piani, con tipologia

di derivazione ottocentesca e revival dell'utopia

urbanistica di contrapposizione città-campagna.

Alla fine degli anni Trenta compaiono le «case

popolarissime», costituite da fabbricati compren-

denti alloggi di una camera, cucina e servizio, di

complessivi 25 mq; il primo complesso di questo

tipo è il « Quartiere 22°» di Via Biglieri denomi-

nato « Le Bulgare» dalla cultura popolare proget-

tato da Umbe rto Cuzzi secondo i dettami del razio-

nalismo torinese e destinato in origine ai profughi

giuliani della guerra '15-18.

L'altro « quartiere » di « popolarissime »

è

il 24°,

ubicato in Via Leoncavallo, edificato nel 1940 e

costruito in linea, in fregio alla via, con corpi di

fabbrica trasversali interni al lotto.

L'estrema povertà dei materiali e delle tecniche

adottate ha provocato un rapido degrado di questi

fabbricati, che hanno dovuto essere risanati negli

anni Settanta. In particolare però il «risanamento»

del « Quartiere 22° »

è

stato un intervento che ne

ha cancellato le connotazioni tipiche e gli elementi

di innovazione culturale e architettonica che con-

teneva.

Terzo periodo: 1945-1957

Dopo la seconda guerra mondiale si registra a

Torino un alto tasso di immigrazione (dal 1945 al

1960 la crescita media è di 25.000 unità l'anno); alla

sostenuta domanda di abitazioni fa riscontro la paral-

lela necessità di creare occupazione per vasti settori

di manodopera poco qualificata. I piani di ricostru-

zione (UNRRA-Casa, Gestione INA-Casa) preve-

dono finanziamenti coordinati per interventi di gros-

so impegno, con programmi costruttivi che investo-

no il territorio metropolitano di Torino; l'orienta-

mento

è

di operare con grossi interventi che occupa-

no ampie aree della periferia urbana — dove più

facile e meno costoso è reperire vaste aree non anco-

ra urbanizzate con l'intento di creare quartieri

autosufficienti » , ovvero provvisti dei servizi di

complemento immediato all'abitazione scuole,

asili, centro religioso, centro commerciale e civico.

L'attività dell'IACP si esplica, oltre che come ope-

ratore diretto di edilizia popolare, anche come sta-

zione appaltante per le realizzazioni affidategli da

altri Enti (Comune, Stato, Gestione INA-Casa). I

modelli di organizzazione di tali complessi, in man-

canza di un valido .strumento pianificatorio (il nuovo

PRGC sarà redatto nel 1959), non sono legati alla

tradizione urbanistica locale, ma vengono derivati

da esperienze nordiche mutuate con istanze locali

(recupero dei valori del borgo rurale). Si fece la

scelta di utilizzare tecnologie tradizionali e «pove-

re», scartando le tecniche di prefabbricazione, e

cercando la qualificazione del prodotto nell'impegno

sociale dei progettisti, scelti per la maggior parte tra

professionisti esterni all'Istituto; questo fatto, uni-

tamente ad una normativa di contenuto più esigen-

ziale che tipologico, ha consentito realizzazioni

ancor oggi interessanti sotto l'aspetto propositivo.

Le due principali iniziative di localizzazione

seguono vaghe indicazioni sul possibile sviluppo di

Torino secondo le direttrici Nord e Sud: il quartiere

Falchera a Nord per 6.000 abitanti, e il quartiere

Mirafiori a Sud per 12.000 abitanti (realizzato negli

anni '60).

Si realizza la Falchera tra il 1954 e il 1958

(archh. Astengo, Molli Boffa, Passanti, Renacco,

Rizzotti) e il quartiere di Lucento tra il 1956 e il

1959 (archh. Astengo, Molli Boffa, Renacco): en-

trambi i complessi sono a carattere semintensivo,

con edifici in linea a 3-5 piani f.t. organizzati per

linee spezzate intorno a vasti spazi liberi, tali da

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