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Elementari » con stretto riferimento alla legge sul-

l'obbligo scolastico (Legge Coppino, 1877) e alla

normativa francese, belga e tedesca fino ad allora

seguita. È questo un fatto singolare e anticipatore

che dà vita ad una intensa produzione di scuole ele-

mentari comunali per gran parte costruite prima che

lo Stato Italiano provvedesse ad una propria regola-

mentazione in materia. La prima normativa statale è

infatti del 1912, riveduta successivamente nel 1925

in conseguenza della Riforma Gentile.

Il ciclo dell'attività autonoma del Comune si

chiude con l'emanazione della disposizione legisla-

tiva che demanda allo Stato l'intera amministrazione

e gestione della scuola dell'obbligo a partire dal 1°

gennaio 1934 determinando la fine di ogni autono-

mia scolastica periferica. Intanto la città era cresciu-

ta dai 204.000 abitanti del 1861 ai 609.851 del 1933

e gli alunni della scuola elementare da circa 10.000

a 35.000.

La scuola, a Torino, è quindi stata sempre ele-

mento di presenza del potere laico nei quartieri della

nuova espansione industriale, l'educazione e l'alfa-

betizzazione si accompagnano al richiamo di nuova

popolazione dall'esterno e al cambiamento di occu-

pazione, dall'agricoltura e all'industria.

L'edificio scuola è però visto come fornitura co-

stosa, che deve essere caratterizzata da solidità co-

struttiva, da economia di gestione, da indiscutibile

decoro. Il degrado attuale di questi edifici non con-

sente di valutare appieno l'importanza della loro

presenza nelle periferie ottocentesche di Torino. La

stessa mole di queste opere del Comune (si pensi

alle scuole Tommaseo, Parini, Rayneri, Pacchiotti,

Manzoni, ma in genere alla maggior parte delle

scuole torinesi in esame) costituisce punto di riferi-

mento visivo e nucleo propulsivo'concreto per la

costruzione della borgata.

Le scuole torinesi sono edifici spesso cupi e se-

veri, di origine mitteleuropea, con impianto plani-

metrico razionale, compatto, essenziale anche in

periodo libe

rt

y e ancora dopo; sempre legati alla

tradizione consolidata della città barocca, dove l'e-

dificio e la decorazione delle facciate sono visti a

scala urbana, senza troppe indulgenze per la desti-

nazione specifica.

Solo nelle scuole rurali e suburbane e negli edifi-

ci delle due Società degli Asili vengono usati schemi

più semplici, più vicini alla normale casa di abita-

zione, adottando anche disegni più estrosi (si pensi

alle scuole di Sassi, di Reaglie; si pensi all'Asilo

Bay di Via Principe Tommaso o all'Asilo Maria

Letizia del Borgo Rubatto).

L'intera produzione edilizia, le norme del 1879 e

le sperimentazioni didattiche dell'Ottocento torinese

sono tutti prodotti della cultura postilluminista euro-

pea. Alcune opere (la Scuola Tommaseo o la Santor-

re di Santarosa, o la Muratori) sono anche edifici di

grande qualità architettonica.

Le scuole elementari di Torino sono progettate,

completate, ampliate, trasformate, sempre sotto la

regia dell'Ufficio dell'Arte (poi Ufficio Tecnico) e

sotto la responsabilità diretta dei vari Ingegneri-Ca-

po del Comune (Prinetti, Pecco, Velasco, Ghiotti,

Scanagatta, Barale, Dolza: una sequenza lunghissi-

ma di funzionari preparatissimi).

Il patrimonio edilizio scolastico del Comune era

costituito, alla fine del 1933, da 1134 aule, distribui-

te in 64 edifici. Altre 38 aule erano dal Comune

gestite in affitto. Nello stesso anno nella Città di

Torino erano in funzione 80 sedi di scuola materna,

per gran parte gestite dalle due Società degli Asili,

per una parte da istituti religiosi e privati e per una

piccola parte (appena 4) dal Comune. Alcuni degli

edifici sono stati in seguito demoliti, alcuni bom-

bardati, alcuni pesantemente trasformati; la gran-

de maggioranza sono però intatti e tuttora funzio-

nanti (

2

).

Dal 1871 al 1881 vengono messe in cantiere ben

19 scuole, con uno sforzo finanziario e organizzati-

vo che non verrà più superato. Gli edifici sono rea-

lizzati sul perimetro dell'area urbanizzata e, a ven-

taglio, nella zona Nord, dove saranno elementi di

coagulo di nuclei di residenze.

Questa fase è caratterizzata dall'eterogeneità

degli edifici: ci sono infatti scuole urbane (n. 12) e

scuole rurali (n. 7), adattate (n. 5) e scuole apposi-

tamente edificate (n. 14).

La tipologia edilizia prevalente è quella della

piccola scuola rurale cui segue il tipo in linea su

fronte strada ed il tipo a corte (aperta e chiusa). La

tipologia dimensionale prevalente è quella della

scuola con più di 25 aule, massimo oggi consentito

dalla legge, su 3 piani (oggi consentiti solo in casi di

evidente necessità).

Dal 1881 al 1891 vengono messe in cantiere 14

scuole secondo un programma di intervento che pro-

segue quello del decennio precedente e cioè: edifici

grandi e importanti sul perimetro dell'area urbaniz-

zata e poi piccoli edifici più domestici nelle borgate

fuori della cinta daziaria. La tipologia edilizia preva-

lente è ancora quella della piccola scuola rurale,

seguita dalla scuola a corte aperta; la tipologia di-

mensionale prevalente è quella della grande scuola a

tre piani.

Dal 1891 al 1901 l'iniziativa comunale cambia

indirizzo: vengono infatti messe in cantiere due sole

grandi scuole nel cuore dell'area centrale, frutto del-

le riflessioni teoriche e delle proposte pratiche del

concorso bandito per quella che sarà poi la Scuola

Pacchiotti.

Dal 1901 al 1911 cambia di nuovo l'indirizzo

dell'intervento comunale; vengono messe in cantiere

12 scuole secondo moduli ormai perfettamente mes-

si a punto e collaudati; edifici in linea, su fronte

strada, alti tre piani, con più di 25 classi. La mag-

gior parte poste nella corona in fase di urbanizzazio-

ne e solo poche altre nelle borgate fuori cinta.

Dal 1911 al 1921 il programma di intervento

rimane lo stesso anche se subisce una battuta d'arre-

sto per via della guerra. Infatti vengono messe in

cantiere solo 7 scuole; di cui solo una fuori cinta, le

altre seguono da vicino l'estendersi delle aree urba-

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