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tivazione, prima diffusa, della vite di pianura (

5

).

II reticolo delle colture si congiunge al reticolo

dei complessi produttivi nei quali le attività di alle-

vamento del bestiame e di sfruttamento del suolo si

integrano e si equilibrano. Ogni complesso fa capo a

un edificio, dalla tipologia ben definita e ricorrente,

nel quale si collocano le abitazioni dei contadini

e quella saltuaria dei proprietari, la stabulazione e

le attività di conservazione e di lavorazione dei pro-

dotti.

Il territorio è diviso in spicchi dagli assi radiali

maggiori e minori tuttora presenti nel sistema delle

comunicazioni urbane: la strada di Pinerolo (oggi

via Nizza), lo stradone di Stupinigi, la strada di

Orbassano, le strade del Gerbo e di Grugliasco, lo

stradone di Rivoli, le strade di Venaria e Caselle, la

strada di Chivasso, la strada del Regio Parco. All'in-

terno degli spicchi così definiti le strade campestri e

i viali e vialetti di accesso alle cascine si dispongono

secondo un disegno ad andamento prevalentemente

anulare (

6

).

Il paesaggio assume aspetti strutturali caratteri-

stici che sono ancora oggi coglibili in molte aree

della periferia urbana in cui affiora il tracciato rura-

le: i confini tra i campi a cultura diversa, tra le

proprietà e lungo i corsi d'acqua vengono segnati

con filari di alberi, la «piantata», che disegnano in

modo stabile il tracciato delle diverse particelle. Le

essenze in uso sono gli olmi lungo le strade di ac-

cesso, i gelsi e le querce lungo le bealere e, tra i

campi, le querce ed i noci.

Il quadro rilevato dal Grossi rispecchia, a fine

Settecento, la situazione nel momento di trapasso tra

la conduzione a mezzadria e l'affittanza, trasforma-

zione che avviene per un consistente numero di fon-

di anche nella pianura torinese.

L'ingresso della borghesia, come nuova classe

emergente nella scena economica piemontese, porta

in pochi anni a profonde trasformazioni nella pro-

prietà e nella conduzione dei fondi rustici (

7

). I con-

tratti agrari, fino ad allora regolati dal rapporto di

mezzadria tra nobiltà e contadini, vengono trasfor-

mati in contratti d'affitto; mercanti e banchieri, in-

termediari tra le due classi, introducono una forma

di reddito garantito per la proprietà.

Questo nuovo modello gestionale cambia pro-

fondamente non solo la conduzione, e come diretta

conseguenza, le colture e l'allevamento, ma la stes-

sa organizzazione sociale del mondo contadino. Ini-

zia una fase statica nell'agricoltura che si esprime

con la tendenza all'immobilismo e al rallentamento

degli investimenti economici volti alle trasforma-

zioni produttive e favorisce l'espansione della gran-

de proprietà fondiaria.

L'immagine complessiva dell'organizzazione

rurale, sia del paesaggio sia degli insediamenti abita-

tivi, rimane immobile nella forma e nella organizza-

zione settecentesca; per queste ragioni le strutture

rurali ancora presenti nella pianura torinese conser-

vano ancor oggi integra la tipologia funzionale e

formale settecentesca. Le trasformazioni ottocente-

sche rilevate nel territorio sono, infatti, casi assai

rari che si verificano solo per le grandi proprietà

ecclesiastiche nobiliari e borghesi.

L'evoluzione ottocentesca del sistema, pratica-

mente nulla (

8

), è rilevabile sia nel catasto cosid-

detto Napoleonico e nel successivo rilevamento ca-

tastale della Città di Torino, sia in una vasta produ-

zione cartografica. È interessante l'esame delle due

topografie del Rabbini, rispettivamente del 1840 (

9

)

e del 1855 (

10

). Le cartografie riflettono l'una l'ini-

zio del processo di trasformazione urbana legato allo

smantellamento dell'apparato difensivo della città

barocca, l'altra la dimensione assunta dalla città al

momento della costruzione della prima cinta dazia-

ria e i tracciati delle linee ferroviarie che congiungo-

no Torino con Genova, Pinerolo, Susa e Novara.

Per tutta la prima metà del secolo il sistema rura-

le appare statico. L'abbattimento delle mura si col-

loca, infatti, verso la fine di un periodo di massimo

decremento demografico della città. D'altra parte sia

le aree già occupate dalla cinta muraria, sia la discre-

ta fascia inedificata compresa tra la zona fortificata e

il limite della prima edificazione rustica offrono uno

spazio sufficiente a contenere la fase iniziale dello

sviluppo urbano.

Il reale impatto fisico tra città e campagna si

situa negli anni che intercorrono tra la costruzione

della prima cinta daziaria realizzata tra il 1853 e il

1854, e il Piano Regolatore del 1908. All'interno

della cinta daziaria, dopo gli anni Settanta, lo svi-

luppo urbano avviene in funzione di meccanismi

spontanei di crescita, consolidati più che diretti

una serie di provvedimenti urbanistici parziali (

11

).

All'esterno si forma tutta una serie di borgate che si

sviluppano lungo le direttrici storiche; l'edilizia si

dispone in senso lineare parallela alle strade ed ai

canali intaccando molto poco la parte dello strato

agricolo più prossima alla città.

Tuttavia nelle fasce di ampliamento disciplinate

dai Piani Regolatori del 1908 e del 1920 (la prima

ancora interna alla vecchia cinta daziaria, la seconda

compresa tra questa e una nuova cinta daziaria rea-

lizzata tra il 1912 e il 1913) sono ancora presenti

quasi tutti gli edifici rilevati dal Grossi. Le scelte

urbanistiche sono evidentemente indifferenti alle

antiche preesistenze, ma l'andamento radiale degli

isolati e la persistenza dei tracciati originari all'in-

terno del reticolo viario mantengono relativamente

limitato il numero delle cascine la cui demolizione

è

condizione di realizzazione del piano.

L'ondata di distruzioni sistematiche inizia con

gli anni Trenta. L'analisi effettuata dalla Gribau-

di Rossi evidenzia, nel periodo compreso tra il

1930 (

12

) e il 1955, una tendenza allo smantellamen-

to del patrimonio edilizio rustico diffusa su tutto il

territorio ritenuto edificabile.

Una ricognizione, effettuata nei primi mesi del

1976 (

13

) ha individuato la presenza nel territorio

cittadino di 97 preesistenze con diversa destinazione

funzionale e vario grado di qualità architettonica, di

conservazione e di ricuperabilità. Il rilevamento

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