

S. GIUSEPPE
Le notizie date nel cenno della chiesa maggiore torinese,
che m'illudo siano di qualche interesse, potranno compen–
sare la brevità voluta dall'indole del lavoro. Esse poi ci
·ùi·iiducono an,ora. a questa osservazione, che cioè mentre, dal
necrologio su esposto abbiamo veduto molti nei secoli XVII
e XVIII colpiti da morte repentina, la maggior parte dei ca–
nonici metropolitani invece raggiunsero età longeva. Essi,
come fu detto, appartennero specialmente a famiglie rag–
guardevoli della città; e se non tutti lasciarono tracce di
uomini profondi nella coltura letteraria e nel magistero
delle scienze morali e profane, non neghittirono nell' ozio;
appartennero in gran parte all'università degli Studi, e quasi
tutti avevano nei loro anni giovanili riportato un. grado acca–
demico. Ma quel che torna a loro onoranza fu di essere
sempre stati accorti istitutori del Seminario diocesano, o co–
spicui benefattori dell'Ospedale maggiore, fondato dai loro
antecessori, c da loro sostenuto con insigni elargizioni.
XXII.
S. GIUSEPPE.
Mentre la ben nota pestilenza del 1599 affliggeva le nostre
contrade, Carlo Emanuele I per mezzo del suo residente in
Roma chiese al papa Clemente VIII otto sacerdoti ed otto
fratelli della nuova Congregazione de' ministri degli infermi,
vivendo ancora il suo fondatore Camillo de' Lellis. La domanda
era stata favorevolmente accolta, ma mentre
il
pio sacerdote
coi suoi compagni già era disposto alla partenza, decrescendo
il male pestilenziale, l'ordine veniva rivocato. Si trattÒ altra
volta, cioè nella seconda metà del secolo XVII, ai tempi del
duca Carlo Emanuele II, di stabilire quella Religione nei
nostri Stati. Era allora superiore
il
Genovese padre GiOo