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S. GIUSEPPE

195

ciale Giambattista Dolera, dal quale

il

padre Simondi ebbe

licenza di ripartire, come fece alla volta di Torino il

20

agosto di quell'anno col compagno assegnatogli, che fu il

padre Giuseppe Maria Lanci bolognese, già superiore della

casa che aveva quella Congregazione a MondovI, dov'era

allora vescovo monsignor Domenico Truchi che raccomandò

i due padri a suo fratello il potentissimo ministro delle finanze,

Giambattista.

La prima abitazione dei due padri fu in una casa del barone

Cario Maurizio Chioatero

(I),

tolta da loro a pigione, e che

non doveva essere molto distante dall'arsenale, al quale fu

in appresso incorporata. I primordii della nuova istituzione,

come suole avvenire, furono duri, anzi che no, una penuria

straordinaria delle vettovaglie aveva generato quella malattia

che da pochi anni va di nuovo germogliando,

l'influenza,

cosicchè non essendo sufficienti i pochi ospedali a ricevere

gli infermi, costoro alla meglio venivano ricoverati nelle

chiese, e specie, in quella della confraternita di S. Rocco e

nelle scuderie delle persone agiate ed in quelle di Madama

Reale. Anche

il

padre Si mondi, che col compagno comin–

ciava a prodigare soccorsi a quegli infermi essendo caduto

ammalato fu d'uopo ricorrere al chierico Giambattista Motta,

pur di Revello, e cosi compaesano del Simondi, il quale

tenne le sue veci nell'assistenza degli infermi e fu poscia reli–

gioso di quell'Istituto. Ma essendo quei religiosi senza l'uso

di una chiesa porsero supplica all'abate di Caraglio, uno dei

direttori dell'Ospedale di carità che col mezzo del gran Can–

celliere Buschetti ottenne cosI dalla duchessa alcune stanze,

in una bella chiesa di quell' ospedale della Misericordia, che

allora s'innalzava nell'isolato dell'antico ghetto degli ebrei.

L'anno 1678 fu adunque quello definitivo del primo stabi–

limento in Torino di questa religiosa Congregazione, e da esso

I

(r) Mastro uditore di Camera, acquisitore nel r652 della baronia di

Coarazze.