

S. GIUSEPPE
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ciale Giambattista Dolera, dal quale
il
padre Simondi ebbe
licenza di ripartire, come fece alla volta di Torino il
20
agosto di quell'anno col compagno assegnatogli, che fu il
padre Giuseppe Maria Lanci bolognese, già superiore della
casa che aveva quella Congregazione a MondovI, dov'era
allora vescovo monsignor Domenico Truchi che raccomandò
i due padri a suo fratello il potentissimo ministro delle finanze,
Giambattista.
La prima abitazione dei due padri fu in una casa del barone
Cario Maurizio Chioatero
(I),
tolta da loro a pigione, e che
non doveva essere molto distante dall'arsenale, al quale fu
in appresso incorporata. I primordii della nuova istituzione,
come suole avvenire, furono duri, anzi che no, una penuria
straordinaria delle vettovaglie aveva generato quella malattia
che da pochi anni va di nuovo germogliando,
l'influenza,
cosicchè non essendo sufficienti i pochi ospedali a ricevere
gli infermi, costoro alla meglio venivano ricoverati nelle
chiese, e specie, in quella della confraternita di S. Rocco e
nelle scuderie delle persone agiate ed in quelle di Madama
Reale. Anche
il
padre Si mondi, che col compagno comin–
ciava a prodigare soccorsi a quegli infermi essendo caduto
ammalato fu d'uopo ricorrere al chierico Giambattista Motta,
pur di Revello, e cosi compaesano del Simondi, il quale
tenne le sue veci nell'assistenza degli infermi e fu poscia reli–
gioso di quell'Istituto. Ma essendo quei religiosi senza l'uso
di una chiesa porsero supplica all'abate di Caraglio, uno dei
direttori dell'Ospedale di carità che col mezzo del gran Can–
celliere Buschetti ottenne cosI dalla duchessa alcune stanze,
in una bella chiesa di quell' ospedale della Misericordia, che
allora s'innalzava nell'isolato dell'antico ghetto degli ebrei.
L'anno 1678 fu adunque quello definitivo del primo stabi–
limento in Torino di questa religiosa Congregazione, e da esso
I
(r) Mastro uditore di Camera, acquisitore nel r652 della baronia di
Coarazze.