

s. MARrA DI PIAZZA
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trovò non conservarvisi nemmeno
il
Sacramento. Migliore stato
essa aveva nel 1584 nella visita del Peruzzi, il quale rico–
nobbe esservi un bel quadro all'altare maggiore, ed uffiziarla
quattordici Carmelitani, esservi un altare a S. Gio. Battista
che intendeva dot,ue
il
causidico Domenico della Chiesa;
che quel della risurrezione aveva un'icona
valde pulchra
e
ristaurata da Bartolomeo Lasa, che voleva dotarlo. Con
tutto questo la disciplina rilasciata non contribul al certo a
far prosperare lo stato di quella chiesa, sinchè fu intrapresa
una salutare riforma nel 1633.
Nel 1636
il
Capitolo dei Carmelitani concedeva all'Uni–
versità dei
minusieri,
cioè legnaiuoli di Torino, una cappella in
quella loro chiesa colla relativa sepoltura, come che vi faces·
sera eseguire l'inferriata mancante, e la provvedessero delle
necessarie suppellettili
(I).
Cosi egualmente il23 giugno 1683
nei chiostri di quel Convento la Società dei fabbri o ma–
gnani,
vulgo
in Piemonte
serraglieri
(dal francese
serrurier,
fratel carnale dei
minuJieri
di cui sovra), conveniva coi padri
Carmelitani per poter solennizzare accuratamente nella loro
chiesa la festa di S. Pietro suo patrono (2). Senonchè dopo
circa due secoli di mansione dei Carmelitani, S. Maria fu
nel 1729 ceduta da loro, (che furono destinati al convento
del Carmine), squallida e minacciante ruina. L'ottenne per
concorso il valente teologo Gian Andrea Picco da Coazze
in quel di Giaveno, che ne prese possesso nel 1731. Egli
seppe eccitare lo zelo dei suoi parrocchiani talmente, che
nel 1751 riusc1 a riedificarla secondo il disegno dell'archi–
tetto Bernardo Vittone.
Trattandosi, secondo abbiam detto, di una delle chiese
antiche di Torino, essa contiene, come dipinti del Milocco,
del Cerretti, del Franceschini, cosi pure molti epitaffi.
(I)
Archivio notarile.
(2)
Ibid"m.