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CARMINE O BEATO AMEDEO

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Vittorio Amedeo II non aveva voluto concedere gratuito

il

sito per innalzare quella chiesa, allegando la gravezza

de' debiti che l'opprimevano, così

il

suo successore non

volle prendere parte a quella funzione, e la chiesa, che fu

compiuta nel solo anno 1736, s'innalzò mediante l'obolo

della carità cittadina, ed i sussidii avuti dalla provincia del–

l'ordine carmelitano, straordinariamente indebitatosi. Carlo

Emanuele però non dissentì che la

chi~sa

s'avesse a fregiar

del titolo di reale, e fosse dedicata al Beato Amedeo di

Savoia, promettendo di farvi costrurre, come fece, l'altare

maggiore, ed anche la facciata, ma quanto a quest' ultima

fu solo un pio desiderio, che si compiè, or son pochi anni,

ed anco per opera del mero concorso de' cittadini.

La chiesa

è

ad una sola ,nave con tre cappelle late–

rali divise da un arco a giorno, modulato con frontispizio,

cui sopraggiudicano statue in legno, opera del celebre

nostro scultore in legno Stefano Maria Clemente, donate

dal più distinto avvocato del foro torinese di quei dì, Pier

Francesco ,Nizzati, çreato barone di Boyon. Ciascuna cap–

pella ha una piccola cupola ornata da leggiera galleria e

sormontata da una lanterna che vi apporta luce.

L'altare maggiore, secondo lo stile romano, venne edi–

ficato nel 1763 per opera di Carlo Emanuele III, che ne

commise la direzione al distinto suo architetto, conte Bene–

detto Alfieri, semi-zio del trflgico (come questi soleva

chiamarlo nella sua vita); e per i lavori in bronzo furonvi

adoprati, Francesco Ladatte di Parigi regio scultore; per

quelli in marmo, Giambattista Parodi, che vi frammise i

marmi

bardiglio

di Valdieri,

persight'no, sarave{{a

e

verde

di Susa,

giallo

di Verrua,

alabastro

di Busca,

Avendo quel nostro Re occhio artistico, quando nel–

l'ottobre del 1768 fu a visitare quell'opera, non trovò di

suo gusto la forma data al tempietto che elevavasi sopra