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— 285 —

quadro che trovasi nella Metropolitana di

Torino,

nel quale è

una veduta dell’Anfi­

teatro Flavio;

ma posso assicurare che questo

quadro non v ’è stato mai, o almeno che ora

non y ’è. Che sia stato scambiato con la ta­

vola di

Giacobino Longhi

del 1534?

Il

Macrino

era specialmente celebrato al

suo tempo per la bellezza degli angioletti che

dipingeva nelle sue tavole. Paolo Cerrato da

A lba, nel poema D

e Virginitate

, stampato

in Parigi nel 1528, descrivendo nel secondo

libro

(vers.

79) gli A n g e li, ricorda questo

merito speciale del suo concittadino , già

morto, co’ versi seguenti :

.......................

Talea olirti fin,visse, perennem

Macrini memini dexteram, dum vita maneret.

Finirò questa nota dicendo qualcosa intorno

al casato del

Macrino

, chè in quanto alla

patria non è punto a dubitarsi che sia Alba,

siccome è certo che

Macrino

non era il nome,

ma il soprannome di lui.

Abbiamo già letto la scritta della tavola de’

Francescani —

Macrinus de Allodio civis

albensis

— . Dunque Macrino era della fa­

miglia

Alladia,

della quale è ricordato nel

1460

Tommaso,

rettore della precettoria di

S. Marco dell’ordine gerosolimitano; G

ian-

nantonio e Andrea

notai nello stesso secolo;

e nel secolo seguente

Andrea

arciprete,

Tom

maso

consigliere del Comune;

Bernardino,

Giannantonio

e

Antonio

che con altri cit­

tadini e con

Pietro Cerrato

fu mandato am­

basciatore al marchese di Saluzzo. Nel 1570,

il 25 di settembre, fu battezzato

Antonio,