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GUIDO GOZZANO

a ltri uom ini, della v ita ancor non hanno il m inimo

concetto.

Due elementi in antitesi perenne: la bramosia,

l ’avidità di vivere, e, per con tro , la persuasione,

quasi acquisita in una precedente esistenza, della

assoluta in u tilità di concedersele. Donde quel povero

cuore, «devasta to d a ll’ indagine », da un lato; e,

d a ll’a ltro , la ragione che chiede e richiede ansiosa,

che investiga e che si to rtu ra . Quell oscillare, come

un ago magnetico, in cerca di orientamento e quelle

antitesi che cos titu irono il suo e terno m a rtirio : ora

colla smania di muoversi, come nel suo viaggio in

India, ed ora, dopo la corsa affannata, quel negare

la v irtù della conoscenza: quel ted io , insomma, di

cui è pervasa tu tta l ’opera sua; e non già il ted io

de llo sfaccendato, d e ll’ ignavo e d e ll’ ine tto, ma il

ted io , la noia di un in te lle tto che avrebbe vo lu to

conoscere il gran perchè, di tu tte le cose.

Egli rimane così spe tta to re soltanto. E la vita

contempla d a ll’a lto come chi abbia d is tru tto le d i­

stinzioni di spazio e d i tempo ed abbia ucciso quella

volontà di vivere, di agire e di propagarsi che quel

« coso a due gambe », che egli chiama uomo, alletta

per condurlo schiavo colla crudele catena illusoria

d e ll’esistenza.

Non agogno che la virtù del sogno: l’inconsapevolezza...

Ed a ltre ttan te figu re di sogno sono pure le donne

che egli ha vagheggiate. T u tte rispecchiano la duplice

faccia del poeta. O ra è il fascino deM’ imprevisto che

lo a ttrae , o ra il rico rd o che risorge.

Comm isto ad un sapore di sensualità in « Co­

co tte ». nella quale tu tta v ia , egli intravede « pupille

piene di tristezza », un « recondito sogno di mater­

nità ». ed « una bocca tan to , tan to diversa da quella

di sua madre ». O ra , non più fanciullo, il poeta se

la immagina, con simpatia pietosa, sola « tra le de­

fun te gioie e i disinganni », e la invoca in una lirica

in tima , insinuante, ove ritm o e suono e rima urgono,

per concludere in una soave, delicatissima cadenza.

Il mio sogno

i

nutrito d'abbandono,

di rimpianto. Non amo che le rose

che non colsi. Non amo che le cose

che potevano essere e non sono

state...

Ecco qui

il

vero Gozzano; tutto Gozzano. L’es­

senza di questo artista singolare, dominato unica­

mente dal fantasma estetico e che nella bellezza

risolve quelle antinomie che pur patisce tanto pro­

fondamente, ma che appunto per appartenere al

dominio del sogno, si circonfondono d'un alone di

poesia purissima.

Diverso da Leopardi, il Gozzano, perchè il dolore,

motivo dominante del recanatese, conduce a quel-

l'angoscioso pessimismo da cui il Gozzano fu immune.

E come il Gozzano sfiora il dolore, così attenua

le labbra al sorrìso, perchè dolore e gioia non vanno

mai da lui disgiunti e si direbbero, anzi, intercomu­

nicanti: le due faccie della vita , i due aspetti

con tradd itto ri, in apparenza, di una stessa emozione.

Questa percezione che tu tto è caduco, questo

con flitto colla sua volontà che vorrebbe afferrare

fissare il suo fantasma, mentre una voce segreta lo

premonisce che quasi è fatica vana, la troviam o nelle

« Due strade ». Due strade, due età, due donne...

La « sua catena » ed una giovinetta agile ed arditi

che agli amanti compare in una esuberante aureob

vitale. Egli fantastica e già se la immagina accanto

come dolce compagna. Ma come un lampo il futuro

si schiude e gliela rivela pur essa v ittim a del tempo,

questo nostro nemico insaziabile. Anch’essa percor­

rerà la sua parabola, e d iverrà, come l ’amica attuale,

un fiore senza domani.

E nonostante ciò, il poeta sempre desidera, pe r™

vivere senza desiderio è « vituperevole cosa ». Anche

in « Responso » è la stessa atmosfera. E nell'epiloga

gli si pone il dilemma. La enigmatica in te rlo cu tric i,

la Pitonessa che legge nel gran lib ro della Verità

del Destino, porgendogli il pugnale con cui crude!*

mente ne ha reciso ad una ad una le pagine, £

chiede improvvisamente: « Perchè non vi uccidete ?».

Ma il poeta di uccidersi non ne avrà giammai li

forza. E sarà il primo a giudicarsi « vile ».

Perchè vivere bisogna, perchè vivere significa sod*

disfare la bramosia di conoscere, e conoscere vuol

d ire possedere. Ma possedere per estrarre dalla cono­

scenza tu tto il succo e per elevarsi al disopra del*

l ’esperienza stessa.

Anche nell amore, Guido Gozzano si rim p ro ve ri

di non essere capace di amare. Ma è egli vero? 0

non p iu ttosto vo rrà d ire che egli non ha amato

quanto e come avrebbe voluto? Appun to perchè non

poteva disgiungere il senso de ll'in te lle tto?

Ma, comunque, la sensibilità di Gozzano, nei

pochi istanti in cui si scopre, e quando non è motivo

di scherzo, non è mai fine a se stessa. Ed a chi

g

oppone

è sempre il poeta che si compiace

di

ragionare con se stesso — che non si devono tr i

rare « le mille o fferte », egli pacatamente rispi

come Leonardo: « sii solo e sarai tu tto tu o »: « ap*

partenersi e meditare ».

Farlo tacere il senso, come in « Congedo »,

scaccia la «curiosa», od opponendolo, in «R iso rta»

ai lib ri, allo studio, alla natura che egli sta investi

gando attraverso la vita dei crista lli e delle crisa lid i.

Farlo tacere per to rna re alle fantasticherie,

al

favola, a ll' « isola non tro v a ta » , la più bella, la

fascinatrice.

E

l’eterno tema femminino ritorna, ma come ‘

una

canone petrarchesca, circonfuso dalla

circostante, dai toni più evanescenti, ove la

appare tr^figurata ed incorporea.

É il Gozzano pittorico che trasfonde in una

sinfonia l'onda melica del verso, il colore, il

saggio e le persone.

Vedetelo in «Paolo e Virginia», la

migliore, forse, di Gozzano, quella in cui egli,

linea lieve e minuta, si eleva, d'un balzo, a