UNA LOTTERIA MISSIONARIA A TORINO NEL 1858
sardi, ed il can. Ortalda sentì il dovere di ringra
ziarlo della grande benevolenza da lui sempre dimo
strata per le missioni.
L ’elenco dei missionari sardi fu subito inviato al
Ministero degli Esteri, il quale ne curò la trasmissione
a tutti i rappresentanti del Regno di Sardegna nei
paesi stranieri. Gli effetti di questa simpatica e dove
rosa collaborazione fra il Governo di Torino e la
Direzione per il Piemonte dell'Opera per la Propa
gazione della Fede non tardarono a farsi sentire; e
il can. Ortalda, a questo proposito, scriveva: «Co l
l’invio surriferito si cominciò a cangiare l'indirizzo
delle relazioni dei nostri missionari. Sino a quell'epoca
il missionario, uscito dall'Italia, per godere
della prote
zione di un governo, era forzato a rinnegare la patria
e a dichiararsi francese. Dopo la circolare poteva con
tare sulla protezione del proprio console,
in quei luoghi
in che vi era, e farsi raccomandare in quei luoghi in
che mancava ».
I missionari sardi residenti nella Cina erano nu
merosi, circa un centinaio, e cinque di essi erano
insigniti della dignità episcopale, essendo a capo di
cinque vicariati. Vivo era in loro, e nella Direzione
dell’Opera per la Propagazione della Fede di Torino,
il desiderio di un consolato sardo in quel vastissimo
e lontano paese, tanto più che qualche nave genovese
già cominciava a far conoscere la bandiera sarda nel
porto di Hon-cong. Il Conte di Cavour comprese
subito l’utilità di una rappresentanza ufficiale del
Regno di Sardegna nella Cina, e propose alla firma
del Re un decreto col quale veniva istituito a Hong-
cong un consolato di seconda classe (8 agosto 1858).
Dando notizia di questo R. Decreto nel suo gior
naletto missionario « L'Esposizione », il can. Ortalda
scrive: « I voti formati dai nostri missionari in Cina
finalmente furono esauditi! ».
II Conte di Cavour protesse e favorì i missio
nari sardi non solo per ragioni politiche: ma anche
per il profondo convincimento ch’egli, col fratello
marchese Gustavo, aveva del dovere che incombeva
a ogni cattolico di aiutare coloro che, chiamati da
Dio, con grande abnegazione si dedicavano alla pro
pagazione della fede e della civiltà cristiana nei paesi
idolatri e incivili. Infatti, il Direttore per il Piemonte
dell'Opera per la Propagazione della Fede ci dice
che il
marchese Gustavo e il conte Camillo di Cavour,
in un solo anno, offrirono per le missioni ben 23.000
lire
(4).
Ed è ancora il Conte di Cavour che si fa patroci
natore degli interessi dei missionari, che tornati in
patria per ragioni di salute si vedono, per esempio,
negata la pensione assegnata dall'art. 9 della legge
29 maggio 1855 ai membri delle Corporazioni reli
giose soppresse. Egli, infatti, fa accordare la pensione
suddetta dal Ministero di Grazia e Giustizia a un
missionario francescano e a un altro carmelitano; e
consiglia nel 1857 il p. Vincenzo Bruno di Mazzé,
reduce dalla missione del Bengala, a intentare lite
alla Cassa ecclesiastica per la restituzione dei suoi
beni patrimoniali, che aveva lasciato alla Congrega
zione degli Oblati, alla quale apparteneva, e che,
dopo la soppressione di questa, erano stati incame
rati dalla Cassa ecclesiastica. Il p. Vincenzo Bruno
seguì il consiglio del Conte di Cavour, e la lite ebbe
esito favorevole: i suoi beni patrimoniali gli furono
interamente restituiti.
Il Conte di Cavour e l'Abissinia
Tra i paesi extraeuropei con cui il Conte di Cavour
cercò di allacciare relazioni diplomatiche, servendosi
dell’opera dei missionari che vi risiedevano, vi
è
pure, e la cosa è già nota, l'Abissinia. Il piccolo
Piemonte, che sempre più sentiva di rappresentare
gl’interessi di tutta l'Italia, e ardentemente si pre
parava a farli trionfare con le arti della politica e
con la forza delle armi, non poteva non rivolgere gli
occhi verso quel Mar Rosso che, per l'iniziato taglio
dell'istmo di Suez, era destinato, tra pochi lustri, a
divenire parte della nuova e più diretta via alle
Indie, dalla quale l'Italia poteva, e con ragione, spe
rare tanti .benefici per quel risorgimento economico
che doveva tener dietro a quello politico.
Il
problema del taglio dell'istmo di Suez era in
Piemonte vivacemente discusso in molti campi, grazie
alla presenza in seno alla Commissione internazio
nale, che doveva esaminare e discutere i progetti
della grande opera, di un tecnico di primo ordine,
l'ingegnere Pietro Paleocapa, che in questi anni era
Ministro senza portafogli nel governo presieduto dal
Conte di Cavour, e alla propaganda sagace di quel
valentuomo lombardo, che fu il conte Luigi Torelli.
Grazie specialmente all'opera di quest’ultimo, nume
rose azioni della Compagnia del Canale di Suez furono
collocate nel Regno di Sardegna, il quale coi fatti
dimostrava ch'era il solo Stato italiano che non
trascurasse i grandi problemi da cui dipendeva l'av
venire dell'Italia
(5).
Era in questi anni collaboratore del Conte di
Cavour, quale Direttore capo divisione al Ministero
degli Esteri, il cav. Cristoforo Negri, che sarà poi
uno dei fondatori, e primo presidente, della Società
Geografica Italiana (1867) per volontà di Cesare Cor
renti, allora Ministro dell'istruzione. Da parecchi
anni addetto all'amministrazione e alla sorveglianza
dei Consolati del Regno di Sardegna, egli si man
tenne sempre in stretta relazione coi missionari sardi
e con il canonico Ortalda. Questi faceva conoscere
al Cavour le lettere dei missionari che potevano
essere di qualche utilità al Ministero degli Esteri, e
il cav. Negri, coltissimo, e pieno di ardore nella
ricerca dei modi e nei mezzi per cooperare al risor
gimento politico ed economico dell'Italia, si serviva
delle notizie che tali lettere contenevano per esten
dere in paesi lontani la conoscenza e l’influenza del
Regno di Sardegna, mentre cercava di essere utile
ai seicento missionari sardi, che in tutto il mondo
onoravano, con la loro opera di fede e di civiltà, la
piccola madrepatria lontana (6).
1
m