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UNA LOTTERIA MISSIONARIA A TORINO NEL 1858

detto anno, lo stesso Ministero crede d’essere il

caso

di

doversi apprestare per l'adesione alla do­

manda di

cui si tratta».

Il

15 settembre 1857 l'intendente generale della

Divisione di Torino, conte Carlo Farcito di Vinea,

firmava il decreto che permetteva l'apertura di una

Lotteria « a prò dei missionari sardi sparsi in tutto

il mondo» e ne stabiliva le modalità.

L'Esposiziona Missionaria

Come già ebbi occasione di dire, al progetto della

Lotteria ben presto segui quello di una esposizione

di tutti gli oggetti, inviati da tutti i paesi del Regno

Sardo e dai missionari, per essere poi sorteggiati.

A questo proposito il canonico Ortalda scriveva:

« Il soccorso materiale che prometteva alle mis­

sioni non fu l'unico, e. direi anche, il principale scopo

che si ebbe in vista da coloro che la caldeggiarono.

L'epoca di maggior pubblicità, in che eravamo entrati

da gran tempo, pareva considerarla siccome mezzo

acconcio per porre in rilievo la ragionevolezza del­

l'obolo della fede che si raccoglie tra noi, ed il titolo

di pubblica benemerenza che acquistano i nostri

missionari che lavorano a diffonderla, a propagarla

nelle lontane regioni.

« L ’atto di presenza che questi facevano colla

molteplicità e varietà dei loro doni inviati da tutte le

parti del globo, li doveva chiamare promotori non

solo della religiosa, ma eziandio della civile coltura,

e resi doppiamente benemeriti della società. La vista,

poi, di un cosi ricco emporio di oggetti nostrali ed

esotici pareva adatta a crescere importanza alle mis­

sioni, ad eccitare i fedeli a sostenerle e promuoverle

con l'apostolato; sussidio questo non meno neces­

sario dell’altro per rifornire le file dei missionari

continuamente diradate dalle fatiche e dalla perse­

cuzioni » (3).

Il can. Ortalda, riassumendo in poche linee tutte

le disposizioni che il Governo aveva preso in favore

della

Lotteria, scriveva ancora: « Vi concorsero tutti

i ministri non solo con doni, coll’acquisto di biglietti,

ma

eziandio nell'agevolare l'esecuzione. Ad esempio,

quello degli esteri, per quanto veniva dall’estero o

doveva mandarsi all'estero; quello deli'interno, per

le comunicazioni interne per il tramite degli inten­

denti sino ai sindaci del più piccolo villaggio; quello

delle finanze, per le dogane; dei lavori pubblici, per

le ferrovie; della guerra e marina, per i trasporti di

mare. Si sarebbe tetto assai più se non cominciavano

i movimenti di guerra. Un bdl'argomento —conclude

il can. Ortalda —di quanto si puòattenere quandochi

siede

al timonedegli affari ha la vista di lungaportata».

Ma chi sedeva allora « al timone degli affari » si chia­

mava Camillo di Cavour. e uomini di tal levatura,

mentre curano le grandi cose, non trascurano le pic­

cole, poiché,

qualche volta, anche da piccole cose essi

possono ottenere

grandi risultati.

Si

speravadi aprir» l'esposizione nel febbraio IS58;

ma. per il gran numero di oggetti inviati, • per il

ritardo di quelli che dovevano giungere da paesi

molto lontani, l’apertura fu rimandata all’8 maggio.

In tale giorno, nonostante la pioggia fittissima e osti­

nata, le Principesse di Savoia, Maria Clotilde e Maria

Pia, circondate da numerose dame e damigelle, inau­

gurarono l'Esposizione Missionaria, piene di ammi­

razione per i molti e ricchi doni che vi erano raccolti.

L’esposizione occupava le sale, messe gentilmente

a disposizione del Comitato dalla nobildonna Matilde

Miglioretti dei Conti di Bourset e San Sebastiano,

nel piano terreno e nel primo piano del palazzo di

sua proprietà in piazza Vittorio Emanuele I (piazza

Vittorio Veneto), con ingresso da via Vanchiglia n. I.

Sotto i portici della piazza un grande cartellone con

la scritta:

Esposizione di oggetti delle cinque parti del

mondò,

invitava i cittadini a visitare la riuscitissima

mostra missionaria, che rimaneva aperta tutti i

giorni, escluso il sabato, dalle dieci del mattino alle

quattro pomeridiane. Prezzod’ingresso: 40 centesimi

nei giorni feriali, 20 nei giorni festivi e nei giovedì.

Tutti i giornali di Torino ebbero parole di viva

lode per questa esposizione, a cominciare dal foglio

ufficiale del Regno, la

Gazzetta Piemontese,

e poi ne

trattarono in brillanti articoli il Baruffi, il padre

Bassi, Vittorio Bersezio, il quale, dopo aver trac­

ciato un vivace quadro delle benemerenze religiose

e civili dei missionari scriveva: « Da quattro lustri il

nostro Paese accolse la pia Opera della Propagazione

della Fede, e mandò al sacrosanto cimento i suoi

figli. Nel 1841 i missionari degli Stati Sardi erano

sessantotto, nel 1849 duecentoventuno, nel 1853

trecentoventiquattro, e ai u. d'oggi sorpassano i

seicento». Un tempo, egli osservava, la gloria di

spargere la luce del Vangelo, che è luce di civiltà,

nel mondo, era gloria quasi esclusiva dei missionari

francesi: oggi è anche gloria nostra.

L’Esposizione avrebbe dovuto essere definitiva­

mente chiusa alla fine dei 1858; ma tale fu l'interesse

da essa suscitato che si deliberò di continuarla in

una nuovasede,e cioè negli ampi saloni del Palazzodel

Debito Pubblico, in via Bogino. La solenne funzione

della riapertura, avvenuta il 24dicembre, fu onorata

di nuovo dalla presenza delle Principesse Maria Clo­

tilde e Maria Pia.

Il 30del mese seguente la Principessa Maria Clo­

tilde di Savoia andava sposa di S. A. I. il principe

Napoleone Buonaparte, cugino di Napoleone Ili.

imperatore dei Francesi; e pochi mesi dopo l'esercito

franco-sardo iniziava te seconda guerra per l'indi­

pendenza italiana.

Il

padre A. Bassi, minore osservante, avuta no­

tizia delle prime vittorie franco-sarde, scriveva a

Torino: « Dio feccia che tutte le future notizie siano

belle come le prime! E qui. con più confidenza che

nel'48, io ripeto te preghiera della nostra Colombini,

dall'ingegno maschile:

Gran Dio. •rkafe

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