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UNA LOTTERIA MISSIONARIA A TORINO

Cosi, grazie alla buona volontà di alcuni valen­

tuomini di chiesa e di governo, si poterono superare

le difficoltà che derivavano dalla recente soppressione

delle Congregazioni religiose, e una proficua collabo-

razione ebbe luogo, come vedemmo, fra il Ministero

degli Esteri presieduto dal Cavour e il direttore delle

opere missionarie in Piemonte. La chiusura e la ven­

dita dei conventi aveva in modo speciale esacerbato

l’animo del grande missionario astigiano, monsignor

Guglielmo Massaia, cappuccino; ma anche lui, quando

è pregato dal Governo del suo Re di occuparsi di

questioni che interessano la madrepatria, non si

rifiuta, e mette a disposizione del Governo l'opera

sua e quella dei suoi collaboratori. Con ciò non è

da credere ch'egli non abbia, nelle sue lettere e nelle

sue Memorie, fiere parole di rampogna per quegli

uomini della rivoluzione liberale, che in nome della

libertà chiudevano quei conventi che tanti missionari

avevano dato alla Chiesa e alla causa della vera civiltà.

Al principio del 1857 era uscito in Roma, per i

tipi della S. Congregazione

de propaganda fide,

il

bel volume del padre Giuseppe Sapeto:

Viaggio

e

missione cattolica fra i Mensa, i Bogos e gli Habab

con un cenno geografico e storico dell'Abissinia,

la cui

dedica a S. E.

Rev.ma

il cardinale Alessandro Bar-

nabò, porta la data del 1° gennaio. Non so se questo

volume sia subito venuto nelle mani del Conte di

Cavour e del cav. Cristoforo Negri, certo è che

questi con Dispaccio ufficiale in data 15 gennaio 1857

si rivolge a mons. Guglielmo Massaia, facendogli

conoscere il desiderio del Governo sardo di strin­

gere trattati di amicizia, commercio e navigazione

coi principi d’Abissinia, o almeno col più potente di

essi, e pregandolo di fargli avere precise e detta­

gliate notizie sui principi stessi, sulle loro eventuali

relazioni con l’Europa, sui sudditi sardi che dimorano

nell'Abissinia, ecc., ecc. « lo, dice il Negri, sebbene

conosca che S. E. il Conte di Cavour, presidente del

Consiglio e Ministro delle finanze e degli affari esteri,

accoglierebbe volentieri una regolare proposta che gli

facessi di un trattato coM’Abissinia, non so racco­

gliere gli elementi di fatto da presentare a un uomo

perspicacissimo quale egli è, e necessari per mostrare

la probabilità di venire agli accordi... ».

La risposta di mons. Massaia al lungo dispaccio

del cav. Cristoforo Negri porta la data: Lagamaro-

Gemma, 1° febbraio 1858, e dev'esseregiunta in Torino

verso la fine di ottobre o ai primi di novembre dello

stesso anno, poiché, avutane copia dal cav. Negri,

il canonico Ortalda pubblica la lettera del Massaia

nel numero 49 (28 novembre) del suo bollettino

missionario « L'Esposizione ».

Tratterò, a suo tempo, e in più conveniente sede,

della corrispondenza, durata sino alla morte, fra il

Grande Ministro e missionari sardi residenti nel-

l'Africa orientale; qui mi basta rilevare che la lettera

15gennaio 1857 non è, come generalmente si crede,

il primo documento di questa corrispondenza, poiché

in una lettera di mons. Massaia, in data Gemmo-

talda, e da questi pubblicata nel suo bollettino mis­

sionario del 3 ottobre dello stesso anno, risulta evi­

dente che il Ministero degli Esteri di Torino si era già

rivolto al can. Ortalda'per entrare in corrispondenza

col Massaia sin dalla fine del 1856, e, cioè, da quando

l’attivissimo Direttore per il Piemonte dell’Opera

della Propagazione della Fede iniziava la sua propa­

gandaper la Lotteriamissionariadi cui abbiamoparlato.

Mons. Massaia, infatti, nella lettera 2 marzo 1858,

dice di aver ricevuta dall'Ortalda, verso la metà

« dell'andante gennaio », la lettera circa la progettata

Lotteria, per la quale promette di mandare oggetti,

e poi aggiunge:

In verbo di cotesto governo, debbo rispondere a S. V.

Rev.ma

relativamente a quanto mi scrive il medesimo, come cosa appoggiata

e ra<£omandata a lei. Certamente che io in mezzo alle sollecitudini

apostoliche non debbo dimenticare gl'interessi della mia patria,

quale tengo tuttora scolpita nel cuore, e Dio sa se non lo prego

continuamente in favore della medesima, e specialmente in frvore

del regnante sovrano Vittorio Emanuele, al quale ho sempre por­

tato una simpatia speciale, come allevatosi in Moncalieri sotto la

disciplina de' miei amici, e col quale ebbi più volte la fortuna di

conferire e di celebrare la santa Messa, ed amministrargli più volte

la santissima Eucaristia; ma debbo confessare che mi trovo somma­

mente addolorato di vederne il governo guidato da uno spirito di

scisma colla Santa Sede e di quella certa riforma sociale, che non sa

incominciare altrove che dall'altare, dalla Chiesa e dai corpi rego­

lari, quasi che tutta la febbre sociale fosse prodotta dalla religione.

Dico anzi di più che, trovandomi nell'anno 1850 in viaggio nel­

l'Europa, pregato dagli amici, congiunti e fratelli religiosi di recarmi

in patria, dove ancora mi aspettava il none

iio genitore, e

dove anche simpatizzava il mio cuore per consolare quest'ultimo

vicino a morire, non ho avuto coraggio di venirvi, per la circostanza

di febbre politica contro la Chiesa ed i nostri fratelli, e mi sono

contentato perciò di benedirla, passando e girandole intomo.

Tutto ciò nonostante non lascierei di occuparmi per procurare

alla medesima tutti quei vantaggi dei quali sono capace, ma debbo

confessare candidamente che questi paesi non sono ancora abba­

stanza maturati dall'apostolico ministero per essere capaci di trat­

tati politici co' governi civilizzati d'Europa; speriamo che lo diver­

ranno dopo qualche anno di fatica apostolica, l'unica capace di edu­

care i paesi nomadi e portarli al punto di sapere apprezzare simili

trattati; allora avranno anche una via più sicura aperta dalla parte

del sud, anche più comoda alle navigazioni di Europa, lo non sono

amico delle operazioni nominali, che non possono avere nessun

effetto nè in politica, nè in commercio; per questa ragione mi astengo

dal far certi piani che potrebbero avere anche un bell'aspetto in

faccia all'Europa, e cosi procurarmi una momentanea gloria, quando

la cercassi. Ella, perciò, persuada cotesto governo ad avere un

pochino di pazienza, aspettando la circostanza che non mancherà

di venire. Se cotesto governo nutre sinceramente simili intenzioni,

potrebbe aoooniare ed aiutare auesta missione, la auale tenda

appunto indrfciutnentf allo scopo da v a intaso. e la quale sola

potrà colla sua pazienza evangelica vincere le gravi difficoltà che

vi si oppongono.

Sono poi toprammodo sensibile per l*eWezione che Lei porta e9

miei confratelli cappuccini tribolati, pei queli9pochi giorni h, ho

oianto. vedendo sulla Gazzetta di Franò* due conventi all'incanto,

ouel di Susa a Quello di Villafiranca. Iddio arraati il tamoorale che

loro soprafta, dal resto finirà il vivere dalle missioni.

Colgo l’occasione per umiliarle i miei sentimenti di rtcoNoeteMB

per sublime impiego

che

EHa

in fetore deh MUoni ynMa*

mentaa quei di

— !»<?■« a fratellanzaael'apoMolMo, mentre,

prcjinoow a jraoirc i

Saiuu« d enw i a uiiu g amici oeiia

patna, godo professarmi code nanma stima.

Di V. S. Ilijna e

Rev.ma

Davet Servo nei Signora

F ri GUGLIELMO MASSAIA,

Vtaomo Oppacdno.