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I MAESTRI DEL NOSTRO STUDIO: ARTURO GRAF

Se vi era tra i suoi allievi qualcuno che si presen­

tasse con le caratteristiche di una dfligenza minuta

e pedante, non animata dal prepotente soffio del

bisogno di apprendere per arricchire la propria per­

sonalità, l’alto Poeta, il Maestro incomparabile, se

ne sdegnavano come di un tradimento perpetrato

ai danni dell’Arte, della Scienza e della vita e, la

mosca bianca, non entrava di certo nel novero degli

allievi prediletti.

Il Maestro concedeva ai giovani una libertà di

espressione e di pensiero qualche volta persino ecces­

siva; amava in essi il gioco delle idee audaci, delle

analisi ardite, delle posizioni ardentemente sostenute,

anche se il paradosso o l'iconoclastia fossero di

sovente alla base del pensiero dei suoi ventenni

interlocutori.

A chi gli faceva notare il pericolo che avrebbe

potuto derivarne da quest’affermazione della per­

sonalità che poteva mutarsi in ostentazione, egli ri­

spondeva citando esempi di allievi saliti in chiara fama

che avevan fatti i primi passi, generosamente da Lui

sorretti, nella sua aula diventata meritamente famosa.

Egli preferì soprattutto di suscitare negli al­

lievi l'amore per i liberi veri, la gioia dell'indagine

sciolta dai preconcetti assillanti della scuola e dal

timore della cattedra troppo togata, limite all'affer-

marsi dell'idea; e, con interesse, con gioia, dedicando

a queste esercitazioni qualche ora della settimana,

sottoscrivendo talora alle affermazioni degli allievi,

spesso controbattendole, creò una scuola agile, ricca

di contrasti, di passione, tutt'altro che gelida o

calata entro i lambicchi di una scienza ermetica;

doviziosa al contrario della più inesausta vena di

bellezzae di amore per il Sapere e la Poesia, le Deità,

cui si serbò fedele, sempre, il docente insigne.

Per dare un'ideadi quel cheeranocotali accademie,

così poco accademiche, e dei criteri che ad esse pre­

siedevano, citeremo quanto scrisse in proposito Vit­

torio Cian in un’altra nota della succitata commemo­

razione:

«Solo poche settimane dopo aver inaugurato

i'insegnamento di lettere italiane con la prolusione

Sullo spirito poetico dei tempi moderni,

il Graf, nell’ora

dedicata alle letture di lavori ed alle conferenze e

discussioni, alle quali erano ammessi anche non stu­

denti e persino laureati di altre Facoltà, aveva con­

cesso che scendessero nell'arena o salissero sulla

cattedra il giovane avvocato Tempia ed il giovane

dottor in lettere Corrado Corredino, a discutere

sul Manzoni poeta, a proposito degli

Inni Sacri.

Il primo aveva preso le difese del Manzoni, il secondo

aveva pronunciato una sentenza di condanna. Il cla­

more in Torino fu grande, tanto più che il Graf si

era associato alla sentenza assolutamente negativa

del Corrado, e che ia polemica, da letteraria diventò

facilmente politico-religiosa, inasprendosi, mescolan-

dovisi passioni estranee alla critica e alla letteratura.

Un quotidiano torinese, il Risorgimento, in un’Appen»

pendice intitolata Corriere Universitario e firmata

Gino De Giulii, narrando l'episodio esordì con queste

parole: •' Una strana notizia. Hanno cancellato Man­

zoni dal novero dei poeti i tal ianie in un'acre nota,

forse del Direttore, si dava al Graf del professore

tedesco. Nella Gozzetto Piemontese del 28 marzo,

il Graf rispose con una lettera sdegnosa, che il gior­

nale pubblicò come d'un " egregio amico ,, pur dan­

dogli torto; il Risorgimento del 29 non solo accennò

a quella risposta, riproducendo il cappello della Gaz­

zetta, ma in "Cronaca,,, in una nota di spirito anti­

tedesco, ricordò che due anni prima Pasquino aveva

effigiato “ un busto del Manzoni con l'alloro e a

poca distanza da quello un professore napoletano,

per vero dire di reputazione egregia nelle lettere

(il Settembrini) che s’affaticava a soffiargli contro per

abbatterlo tante bollicine di sapone Inoltre nel

numero del 30 marzo inserì una lunga lettera del

prof. Corrado che è^ rattutto una calda difesa del

Grafdel quale è detto^he non è per nullatedesco,,,

che “ l’educazionesua è prettamente italiana, italiana

l’anima sua. italiano ogni affetto,, e del quale è esal­

tato l’insegnamento e si dice che " non mai si vide

così popolata l'aula destinata a queste lezioni ...

Abbiamo riportato l'episodio unicamente per ren­

dere noto ai lettori quale e quanta fosse l'importanza

della Cattedra di Lettere Italiane allorché il Maestro

la teneva con altissime

Unicamente così Egli sentiva la missione dell'in­

segnamento. Taluno volle vedere in Lui null’altro

che un arido negatore, tal altro si compiacque di

adombrarlo sotto la fattispecie di un lugubre roman­

tico, dall’anima assetata di visioni macabre.

Chi affermava in

Ecce Homo

che: « La vita solo è

bella quando è ascensione» era un esaltatore della

vita, nel più alto e completo senso delta parola.

Sdegnoso di quella popolarità ch'Egli definì, con

aristocratico distacco: uno

servitù illustre,

non fu già

- e gli allievi superstiti possono farmene testimo­

nianza - un temperamento gelido che allontanava.

In questo senso creava distacchi assai maggiori l'in­

fuocato, caldo temperamento del Carducci, tutto

collera ed invettive.

Arturo Graf era cortese ed austero in una linea

composta ed armonica d'uomo e di docente che sen­

tiva dignitosamente la nobiltà del suo apostolato,

illuminatosempre inogni oradaunagran luce interna

che lo sospinse verso le strade dell'alture.

« Poiché - ben dice Arturo Foà in una veramente

bella orazione dedicata alla memoria del suo Maestro

insigne - dalla sua scuola non uscì forse un'attiva

schiera di critici, ma uscirono anime pensose ed

austere, guidale da Lui con incomparabile purezza

mentale per le vie delle piò nobili speculazioni ».

Questa era la didattica intessuta di poesia

e

di

amore che si propose sempre, nel suo lungo Magi­

stero

torinese, uno dei

dìù

alti Docenti che abbiano

salita la cattedradel nostrogloriosoStudiodi Ledere.