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LA CONSOLATA

£ LA

DINASTIA SABAUDA

mesi dolorosi, nei momenti più diffìcili e più dispe­

rati; è tutta un'epopea di gloria, checorona il supremo

valore della Dinastia e del suo popolo, procura a

Vittorio Amedeo II il titolo di Re e lo muove quoti­

dianamente, per tutta la vita, a mostrarsi, in mille

modi, riconoscente alla sua Celeste Patrona.

Casa Savoia si trova in seguito impegnata anche

negli altri due grandi conflitti europei del sec. XVIII.

Carlo Emanuele III - gran Principe anch’esso - nella

guerra per la successione di Polonia sta colla Francia

contro l’Austria, e in quella per la successione au­

striaca sta per Maria Teresa contro Francia e Spagna,

e in entrambe rende gloriosissimi i nomi delle grandi

battaglie da lui combattute. Da questi strepitosi

trionfi si comprendono tutti gli slanci del suo cuore

verso la Consolata, e tutte le larghe munificenze da

lui esercitate per lo splendore del Santuario e per

l’incremento del culto di Maria Consolatrice.

Gli succede Vittorio Amedeo III, che regna per

quattro lustri in profondissima pace, indi è tratto a

rompere guerra alla Francia rivoluzionaria, tentando

invano di promuovere, contro di essa, una lega ita­

liana. Serbano le milizie piemontesi, eroicamente

comandate da lui e dai suoi figli, l’antica rinomanza;

ma l’«uomo dai Fati» viene a capitanare l’esercito

francese e, sugli Appennini liguri, comincia la serie

delle sue vittorie, che tanta parte d’Europa gli dove­

vano poi sottomettere. Il trattato di Cherasco, se­

guito dalla pace di Parigi (1796) salva a Vittorio Ame­

deo III la miglior parte degli Stati continentali d’Italia,

ma questi vengono brutalmente rapiti al suo succes­

sore Carlo Emanuele IV (1798), il quale riparatosi nel

suo reame di Sardegna, protesta contro la violenza

iniquamente fattagli dal Direttorio francese. Il Pie­

monte, così invaso dai Giacobini, arrischiava di per­

dere coll’indipendenza, anche la fede e l'onestà poli­

tica.Ma

il Piemonte era stato,sottoVittorio Amedeolll

e Carlo Emanuele IV, guidato da una Corte composta

di Principi religiosissimi edi Principesse virtuosissime,

e perfino di una Clotilde in odore di santità, che dava

a tutti un magnifico esempio di pietà verso la Conso­

lata. da tutti fervidamente seguito. Così, in grazia

della Consolata, tre orribili congiure, ordite contro la

vita dei Sovrani, fallivano miracolosamente; l’enciclo­

pedismo e il sozzo alito volteriano non lasciavano

grande solco in Piemonte, nè riuscivano a compro­

mettere, in quei lugubri tempi, il vincolo antico e

cordiale, phe stringeva il popolo alla Dinastia e porre

in forse la legittimità di un dominio consacrato da

tanti secoli e da tante tradizioni, e rinsaldato dalla

comune fede e dalle comuni invocazioni all’altare di

Maria. Questa fede e queste preghiere assicurano la

continuità di Casa Savoia nelle terre subalpine. Il

Direttorio francese cade e cede il posto al Consolato,

il Consolato all’impero, e finalmente l’impero napo­

leonico precipita, e Vittorio Emanuele I ritorna nel suo

natio Piemonte (1814). Egli entra solennemente in

Torino e, accompagnato dal popolo festante, si reca

tosto al Santuario, a ringraziare Colei che, neH’esilio,

aveva sempre confortata e sorretta la fede di tutta

la Reale Famiglia, ed ora la restituiva al suo avito

Stato, alla sua capitale e al suo degnissimo popolo.

La riconoscenza dei Sovrani e dei sudditi, per tali

favori, non trova più limiti, ed essa cerca di manife­

starsi con la maggiore intensità possibile, quando il

Vaticano stabilisce che la taumaturga effìgie della

Consolata venga solennemente incoronata. L’indi­

menticabile funzione ha luogo il 20 giugno 1829.

Il Re Carlo Felice e la Regina Maria Cristina dispon­

gono che, in memoria di tale faustissimo evento,

venga donata al Santuario una magnifica statua d’ar­

gento, fornita di auree corone. Trovandosi essi in

quel tempo in Napoli, si fanno rappresentare a quella

solenne glorificazione da Carlo Alberto, allora Prin­

cipe di Carignano. Questi vi interviene colla pia

sua Maria Teresa e coi due loro principini Vittorio

Emanuele e Ferdinando. Così a quella paradisiaca

funzione rimane in anticipo rappresentata, dai suoi

maggiori esponenti, tutta l'epopea del Risorgimento

Italiano.

Ed è in questo glorioso periodo che, in mezzo ai

più svariati avvenimenti, si avvicendarono tutti indi­

stintamente i Principi di Casa Savoia alla Consolata o

per supplicarla nelle pubbliche e private avversità, o

per offrirle il tributo delle loro riconoscenti preghiere

edei loro cospicui doni nei tempi di maggiori fortune.

Si videro così genuflessi a quell’altare il Re Magna­

nimo, il Galantuomo, il Buono, il Vittorioso; le piissime

Regine Maria Teresa, Maria Adelaide £ Margherita;

una seconda Clotilde non meno santa della prima;

tutti i Principi delle Case di Genova, d'Aosta e di

Carignano; ed ora continua la bella tradizione il Prin­

cipe Ereditario Umberto e la sua religiosissima sposa

Maria José. E l’Italia —dapprima per il valore di Casa

Savoia e del Piemonte, poscia per quello di tutti gli

Italiani — si è fatta, in questo fortunato periodo,

libera ed una. Nel Santuario quindi della Consolata

si ricongiunge la memoria di tutti gli eroici eventi

di quelle guerre redentrici, e la visione meravigliosa

della Patria rigenerata. Ed oggi, in conseguenza,

l’Italia esalta la Consolata come la Protettrice dei

suoi prodi soldati, e riconosce da Lei ogni uomo ed

ogni impresa che giovino a condurla ai suoi nuovi

e più alti destini.