I ARCHITETTURA IN TORINO DURANTE LA PRIMA META DELL'OTTOCENTO
F'g. 2.
di
m i fo (Ing. Pertinchamp, circa
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IO)
del 1748; questi nel 1769 pubblicò:
Diverse maniere
di adornare i camini ed ogni altra parte degli edifizi,
e
nel 1778:
Vasi, Candelabri, Cippi, Sarcofagi, Tripodi,
Lucerne e monumenti antichi,
opere molto diffuse che
contribuirono a formare e diffondere il gusto neo
classico (3).
Tra i primi che accolsero il nuovo verbo in Lom
bardia e lo diffusero va ricordato l'architetto e deco
ratore Giocondo Albertolli. Nella così detta Galleria
degli Specchi del palazzo ducale di Mantova, quando
si resero necessari restauri fu, per la nuova decora
zione, chiamato l'Albertolli come direttore insieme
ai pittori Felice Campi e Andrea Mones con l’inta
gliatore in legno Pietro Carioli; questa decorazione
eseguita negli anni 1779-80 è in stile neoclassico.
Altra decorazione neoclassica si ammira sulle pareti
della sala dello Zodiaco (1775); nell'appartamento
degli arazzi la decorazione fu rifatta pure nel 1779
con ispirazione pompeiana; vi lavorarono parecchi
artisti fra cui l'Albertolli. Egli era nato nel 1742 a
Bedano in Lombardia e morì a Milano nel 1839;
studiò a Roma dove si formò al gusto classico. Lavorò
nel Palazzo Reale di Milano; la decorazione della
grande sala fu finita nel 1776 e rappresentò forse il
primo esempio neM'Italia settentrionale di una deco
razione in forme puramente antiche; questo lavoro
procurò grande successo all'artista a cui furono con
fidati molti lavori di architettura e di decorazione.
L ’influenza poi del suo stile si accrebbe perchè egli
esercitò pure l’insegnamento nella Accademia di
Belle Arti di Milano fondata da Maria Teresa nel 1775.
I suoi lavori ed i suoi allievi valsero a diffondere il
neoclassicismo anche in parte della Germania e in
Francia (4). In passato, il divenire dello stile neo
classico si faceva derivare essenzialmente dalla Francia
e dallo stile Luigi XVI, stile castigato
di
reazione
alle
meravigliose svergognatezze
del
rococò e del Luigi XV;
la Rivoluzione coi suoi ideali repubblicani irrigidì l’arte
francese nelle forme fredde ed austere dell’antico.
L ’Impero erede della Rivoluzione favorì l’evoluzione
neoclassica che dall'impero assunse il nome. Ma, come
si è detto, l’origine del movimento deve cercarsi in
Italia e specialmente in Roma, poiché nel nostro
barocco del Settecento, già prima del 1770, abbiamo
chiari saggi di ritorno alla romanità, conversione che,
in Piemonte, a rigore, si potrebbe stabilire sino dal
Juvarra; in Roma poi influirono, come si è visto,
Piranesi, Winckelmann ed altri; in Lombardia l’Alber-
tolli. Bisogna però ammettere che lo stile si diffuse
ampiamente in Francia dove si perfezionò, trovando
terreno favorevole, poiché l’architettura francese
del Sei e Settecento, esclusa la decorazione interna,
si era mantenuta generalmente corretta e classicheg
giante, amica degli ordini ed osservatrice dei canoni
Vitruviani; anche il clima politico fu favorevole allo
stile che si affermò poi splendidamente per opera del
pittore David (1748-1825); lo stile Impero ebbe in
seguito, per un processo di ritorno, riflessi in Italia
ed in altri paesi di Europa.
Il gusto neoclassico naturalmente informò tutte
le arti; per la scultura ricordo il nome grande di
Antonio Canova (1757-1822) di cui la prima statua
neoclassica è il Teseo
sul Minotauro
del 1781; di Ab
bondio Sangiorgio (1798-1879), del danese Alberto
Thorwaldsen (1770-1844); in Piemonte i nomi assai
minori di Giacomo Spalla. Vittorio Amedeo e Luigi
Bernero, Pelagio Palagi; nella scultura in legno e sti-
petteria eccelle il nostro G. M. Bonzanigo (1745-1820).
Per la pittura ricordo il milanese
Andrea Appiani
(1754-1817) inferiore al David. Non
parlo della ore
ficeria, nè del mobilio stile impero i
cui saggi più o
meno riusciti ingombrano i nostri
vecchi alloggi.
Nella nostra letteratura alla settecentesca Arcadia
succede il gusto classico con stile corretto; corifei
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