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L'ARCHITETTURA IN TORINO DURANTE LA PRIMA META DELL’OTTOCENTO

feudali; in Francia il movimento fu in prevalenza

letterario, diretto a liberarsi dalle pastoie dell'Acca-

demia; in Italia si rievocò il passato glorioso dei

Comuni, incitamento e promessa per la fortuna del

risorgimento nazionale; si apprezzò l'arte medioevale,

vagheggiando castelli, castellane, cavalieri e paggi;

vennero in onore le ruine con visioni di fuochi fatui

e di spettri al chiaro di luna.

Sì, uno dei più emozionanti spettacoli offerti dalla

natura aH’uomo, il chiaro di luna, ora così stupida­

mente maltrattato, trionfa nei romanzi, nei quadri

e nella musica colle divine armonie del classico

Beethoven (1770-1827) e del romantico Schumann

(1810-1856).

Da noi, due grandi nomi si mantengono superiori

alla controversia classico-romantica; oltre il Foscolo

col suo

Carme,

il Leopardi coi suoi canti ed il Manzoni

col suo romanzo; il genio di questi trascendono le

scuole, alle cui formole si mostrano superiori e di

cui comprendono e fondono le dottrine; ma al nome

di quei sommi nessun nome si può accompagnare

nella storia dell’architettura ed in genere delle arti

figurative (6).

Il romanticismo portò gli architetti allo studio dei

monumenti medioevali, di cui si apprezzarono le bel­

lezze e si curò la conservazione; quindi passione di

restauri, ricerche sulla storia di chiese romaniche e

gotiche diligentemente rilevate ed illustrate; in Pie­

monte antesignano di questi studi fu il conte Edoardo

Mella. Giova confessare che in un primo tempo questi

restauri non furono sempre condotti con sani criteri;

sovente il desiderio di completare il mancante, con­

dusse ad invenzioni che nulla hanno a che fare con

lo stile medioevale della regione; alcune delle più

belle chiese gotiche piemontesi furono guaste da

decorazione pittorica di un sedicente gotico fiorito

che grida vendetta, qualificato per scherno gotico

Trovatore o chiaro di luna (questo chiaro di luna sì

che è abbominevole!). Il romanticismo medioevale

ebbe maggior sviluppo nella seconda metà dell'Otto­

cento, culminando neH’erezione, per parte di Alfredo

D’Andrade e collaboratori, del Castello e Borgo

Medioevale di Torino, nè si può dire che il medioeva-

lismo ancora oggi sia del tutto spento; esso sonnecchia

qua e là e si conserva nascosto almeno nella mentalità

dei vecchioni. Ma forse è vano voler distinguere con

precisione assoluta i classici dai romantici; in artisti

detti classici si mostrano spunti di romanticismo; nei

romantici talvolta affiora l'idea classica; le due forme

o atteggiamenti del pensiero sussistono contempora­

neamente nello spirito umano; il classicismo corri­

sponde all'attività deH'individuo che agisce estrin­

secando la sua volontà (epica); la nostalgica tendenza

romantica corrisponde al ripiegamento deH’individuo

su se stesso per scrutare le intime emozioni del­

l'animo (lirismo).

Altra tendenza architettonica che si manifesta

sullo scorcio della prima metà dell'Ottocento, svi­

luppandosi poi in seguito, è l ’adozione contempo­

ranea di forme degli stili italiani, con preferenza del

■ ■ ■

■ *

m

Fig. 4.

- Fondazioni dalla Gran Marfra di Die

(F. Bonsignore 1818)

Rinascimento; così si ripudia il canone esclusivo dello

stile classico, ma nello stessoedifizio compaiono forme,

più o meno bene fuse, di stile classico, Rinascimento

italiano e magari del gotico. Tipico architetto di

questa tendenza è Carlo Promis. Era il tempo in cui

si tesseva la trama degli avvenimenti politici che

portarono all'indipendenza; Torino rigurgitava di

emigrati; gli italiani ora viaggiavano e si conoscevano

meglio tra di loro; erano ammirate e studiate le

architetture così meravigliose e variate delle città

nostre; lo spirito di libertà che dominava in ogni

campo, spingeva gli architetti a liberarsi dai vincoli del

neoclassico, che ancora era trattato, ma liberamente,

senza rigorismi. Il risultato di questo ibridismo archi-

tettonico non è sempre soddisfacente; da esso derivò

poi l'ecclettismo della seconda metà dell‘Ottocento,

per cui si architettarono edifizi in tutti gli stili dal

romanico al barocco non esclusi gli stili

stranieri, e

si architettarono edifizi con

forme

promiscue

di pa­

recchi stili; avvenne allora quel curioso

fatto di

un’epoca priva di coscienza artistica

universale cioè

priva di

uno

stile; epoca di

marasma e

di

disorienta-