L'ARCHITETTURA IN TORINO DURANTE LA PRIMA META DELL’OTTOCENTO
dano e dallo splendido scenario terminale formato
dalla collina su cui si profila la maestosa Gran Madre
di Dio che per l’ampiezza del luogo appare persino
un po’ piccola.
Il secondo ampliamento fu approvato da Carlo
Felice alli 24 febbraio 1823 per la fabbricazione di
due nuovi isolati che formano l’ingresso della via
Nuova (via Roma) sboccante nella piazza detta del Re
con aiuola (piazza Carlo Felice); il progetto era se
gnato dall 'ing. Lombardi; ma in seguito progettò
anche il Frizzi. La piazza fu poi ampliata e si formò
un tratto di via Nizza e tutta la parte compresa fra
la stazione ferroviaria ed il corso Umberto I con
case a facciate tutte eguali, a cui dovevano attenersi
i costruttori, secondo il disegno di Carlo Promis.
Verso mezzogiorno la piazza venne chiusa dalla sta
zione ferroviaria, l'imbarcadero di Porta Nuova, so
stituito nel 1867 dalla magnifica stazione attuale del-
l’ing. Alessandro Mazzucchetti, nobilitata per l’archi
tettura, dal genio di Carlo Ceppi. Dalla piazza del Re
partiva il viale del Re facente capo al Po, sul quale
nel 1840 venne gettato un ponte sospeso da cavi di
ferro, dell’ing. Paolo Laheitre di Chartres che i
vecchi torinesi ancora rimpiangono per la sua forma
leggera ed elegante che non turbava la prospettiva
del paesaggio padano, ma naturalmente non per la sua
stabilità inadeguata al traffico. Tra i fabbricati che fian
cheggiavano a levante il viale del Re ed i Ripari (aiuola
Balbo e piazza Cavour) si tracciò il Borgo Nuovo,
colla via ora Mazzini che, per via della Rocca, metteva
in comunicazione il detto viale e la piazza Vittorio
Veneto. Ed è qui che si realizzò specialmente l’archi
tettura neoclassica torinese; via della Rocca, via dei
Mille, piazza Maria Teresa e anche via Mazzini ci mo
strano il nuovo stile che conferisce alla zona tranquilla
un carattere tutto speciale che converrà rispettare.
Il terzo ampliamento fu deliberato con R. Biglietto
del 27 maggio 1826, su progetto dell’architetto For-
mento, col quale erano disegnati i fabbricati da
costruirsi in prolungamento e lateralmente alla piazza
che si voleva formare, chiamandola d’Italia; fino dal
1823 il re Carlo Felice aveva approvato il progetto
dell’ing. Carlo Mosca pel magnifico ponte sulla Dora,
terminato nel 1830.
Il quarto ampliamento fu decretato con Regie
Patenti del 12 settembre 1846 e R. Decreto 27 no
vembre 1852, su diségno di Carlo Promis, per la
fabbricazione dei quartieri adiacenti ai fabbricati di
piazza Vittorio Veneto verso levante e così la fab
bricazione da quella parte si estese ben presto sino
al viale S. Maurizio; anche in questa zona compaiono
saggi neoclassici. Quasi contemporaneamente e cioè
con R. Decreto II agosto 1851 si era approvato il
piano d'ingrandimento fuori Porta Susa e nella re
gione Valdocco, formato dal prof. Promis.
Via Della Rocca, via dei Mille, piazza Maria Teresa
formarono il quartiere aristocratico; via Mazzini con
altre vie, specialmente verso corso S. Maurizio, furono
fiancheggiate piuttosto da case da pigione, benché
non vi manchi qualche palazzo.
Ma quanto è differente il palazzo neoclassico da
quello barocco! Generalmente non più vasti vestiboli
ed atri ed in ogni caso ridotti; scomparsi gli scaloni
monumentali, sostituiti tutt’al più da una scala prin
cipale per l’accesso al piano nobile residenza del
proprietario e da altra scala più modesta per gli
inquilini dei piani superiori.
* • *
Decretati i quattro ampliamenti, nelle nuove isole
sorsero gradualmente notevoli edifizi pubblici e pri
vati, dei quali converrà discorrere, inquadrandoli
all'ingrosso cronologicamente nella vita dei loro
architetti.
Alla fine del Settecento i famosi architetti piemon
tesi del barocco erano quasi tutti scomparsi; rimane
vano il Dell'Ala di Beinasco che morì nel 1803 ed il
Rana nel 1804. Erano viventi Carlo Randoni e Ferdi
nando Bonsignore corifeo torinese dello stile neo
classico.
FERDINANDO BONSIGNORE nacque in Torino
nel 1760 da Domenico e Margherita Gallino; suo
padre, di Nervi, era confettiere del cardinale Roero
Arcivescovo di Torino e poi della Reai Corte. Fece i
suoi studi a Roma, sussidiato dal Governo piemon
tese e fu patentato architetto nel 1786 in quella
città; ritornato a Torino fu da Vittorio Amedeo III,
il 2 marzo 1794, nominato architetto di Corte.
Divenne in seguito professore di architettura civile
nella R. Università di Torino; dalla sua scuola fu
proclamato il verbo neoclassico da lui assimilato a
Roma, e dalla sua scuola uscirono architetti assai
valenti; fu membro del Consiglio degli Edili, della
R. Accademia di Belle Arti dal 1° aprile 1822, del-
l'Accademia di S. Luca di Roma, professore alla
Accademia Militare di Torino dal 17 febbraio 1816
al 1836. Morì in Torino il 7 giugno 1843 di circa
83 anni. L'opera sua capitale è la chiesa della Gran
Madre di Dio in Torino, da tutti conosciuta (figg. 3,4,
5,6). Fu decretata dalla Città di Torino nel 1814per ri
cordare il ritorno del re Vittorio Emanuele I; la prima
pietra fu collocata il 25 luglio 1818; non fu consacrata
che nel 1831. É una imitazione ridotta del Panteon;
magnifico monumento di arte classica, le cui dimen
sioni ridotte però pregiudicano all’effetto, tanto più
che le sta dinnanzi 'jn’amplissima piazza e su di essa
incombe lo scenario della collina che la deprime.
Molto miglior effetto produce a chi la contempla più
da vicino; allora si può apprezzare l'eccellenza delle
proporzioni del doppio pronao esastilo le cui colonne
corinzie sono ricavate in un sol pezzo di quel gneiss
di Malanaggio che disgraziatamente talvolta si sfalda.
L'interno è pure magnifico, colla sua pianta circolare
ingrandita da quattro esedre circolari, mascherata
ciascuna da due colonne; certamente il Bonsignore
bene aveva studiato ed assimilato l'architettura ro
mana. Nei disegni qui riprodotti (7) si vede che
l'autore aveva progettato una grande feda a basso